Un mondo sinistro (Vladimir Nabokov) e altre novità Adelphi in libreria da ottobre

Titolo: Felici i felici
Autore: Yasmina Reza
Editore: Adelphi
Pagine: 163
Anno di pubblicazione: 2013
Prezzo copertina: 18,00 €


"Felici gli amati e gli amanti e coloro che possono fare a meno dell'amore. Felici i felici»: le due ultime «beatitudini» di Borges, che Yasmina Reza inscrive sulla soglia di questo romanzo, ci indicano la via per penetrare nel fitto intreccio delle vite che lo popolano. Perché la felicità – nell'a­more o nell'assenza di a­more, all'inter­no di una coppia o al di fuori di ogni legame – è un talento: e di tutti i personaggi che a turno consegnano al lettore confessioni a volte patetiche, a volte grottesche, a volte atrocemente comiche, si direbbe che quasi nessuno lo possegga. In un sottile gioco di echi, di risonanze, di contrappunti – tra amori inaciditi e rancori mai sopiti, illusioni spezzate e fughe nel delirio –, le voci che si avvicendano, quasi incalzandosi, tessono un ordito i cui fili (tenui in alcuni casi, in altri pesanti come catene) collegano molteplici destini, tutti segnati dall'impervia difficol­tà del­l'incontro con l'altro.
Con una scrittura di chirurgica precisione, capace di muoversi tra i registri più vari, in un susseguirsi di scene in cui sempre lampeggia il genio della donna di teatro, Yasmina Reza è abilissima nel far affiorare, appena sotto la superficie smaltata delle apparenze, solitudine e violenza, disperazione e risentimento; e riesce a condurre la ronde dei suoi personaggi – mogli inquiete e mariti perplessi, amanti insoddisfatte e libertini mediocri, giovani in fuga dalla vita e vecchi abitati dalla morte – senza mai allontanarsi dalla lucidità intransigente di chi cerca di dire senza orpelli qualcosa che è.

Titolo: Un mondo sinistro
Autore: Vladimir Nabokov
Editore: Adelphi
Pagine: 259
Anno di pubblicazione: 2013
Prezzo copertina: 18,00 €


In un oscuro paese dell'Europa orientale – i cui abitanti parlano ora tedesco ora russo ora una lingua che non coincide con nessuna di quelle esistenti – un filosofo quarantenne, Adam Krug, siede annichilito nell'ospedale dove è appena spirata l'amatissima moglie Olga. Krug è una celebrità internazionale, l'unica che possa vantare il piccolo Stato retto dal regime poliziesco di Paduk, fondatore del Partito dell'Uomo Comune, che propugna una dottrina violenta fondata sul «pensiero u­nico». Per consolidare il suo carisma il dittatore vorrebbe l'appoggio di Krug, ma lo studioso oppone il più deciso rifiuto in nome della libertà di coscienza, esponendosi così alla più feroce delle rappresaglie. Concepito nel 1941 e portato a termine tra il 1945 e il 1946, in singolare ed evidente contrappunto con il 1984 di Orwell, Un mondo sinistro è, insieme a Invito a una decapitazione, il romanzo più politico di Nabokov, nutrito com'è dell'orrore che i regimi totalitari avevano scatenato negli anni precedenti. Per Krug, infatti, la coscienza è «l'unica cosa reale al mondo e il mistero più grande»: un prodigio, un arcano, una sfida incessante, e un paradosso, giacché è sinonimo di curiosità illimitata, di sentimenti illimitati all'interno (krug in russo significa «cerchio») di un'esistenza per sua natura finita. Ma, come sempre in Nabokov, questo romanzo è anche altro: una selva di virtuosismi stilistici, di suggestioni, di fantasmi, in mezzo ai quali la mente dello scrittore si aggira sovrana, intessendoli nella narrazione come segreti segnali.

Titolo: La rosa profonda
Autore: Jorge Luis Borges
Editore: Adelphi
Pagine: 154
Anno di pubblicazione: 2013
Prezzo copertina: 13,00 €


Nell'ottobre del 1973, per esprimere il suo dissenso nei confronti di Perón appena tornato al potere, Borges abbandona l'incarico di direttore della Biblioteca Nazionale di Buenos Aires; contemporaneamente le condizioni di salute di sua madre, Leonor, cominciano a declinare in maniera inesorabile: morirà nel 1975, dopo una lunga agonia. A questo arco temporale (1972-1975, tranne uno risalente al 1970) appartengono i trentasei testi poetici radunati in La rosa profonda, sui quali, non a caso, il senso della fatalità e di un destino «di brevi gioie e lunghe sofferenze» – strumento di un Altro imperscrutabile – sembra gettare un'ombra lunga: «Le pedine d'avorio sono estranee / all'astratta scacchiera, come la mano / che le muove». I sogni appaiono ormai incubi giunti da «un passato di mito e di caligine», gli specchi sono malefici che osano accrescere la somma delle cose che siamo – né offre scampo la cecità –, e l'oblio minaccia di trasformare il passato in una soffitta stipata di arnesi inutili. L'unica possibile memoria, memoria ubiqua, è la poesia, capace di restituire alle parole comuni la «magia che ebbero / quando Thor era nume e strepito, / tuono e preghiera», di serbare intatte le antiche battaglie di Gram, Durendal, Joyeuse, Excalibur, di creare la realtà, di dire meglio di noi stessi ciò che siamo. Durano nel tempo, del resto, «solo le cose / che non furono del tempo».

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