La recensione del film THE ASSASSIN, al cinema dal 29 settembre

Recensione a cura di Simona Salsano

“The Assassin” è un film di produzione cinese risalente al 2015. Presentato al Festival di Cannes nella sua 68esima edizione, ha vinto il premio come miglior regia, da attribuire al regista cinese naturalizzato taiwanese, Hou Hsiao-hsien. Il film riprende la storia dell’assassina Nie Yinniang, protagonista di un
racconto breve dello scrittore cinese Pei Xing, che visse direttamente l’epoca storica in cui le vicende della giovane “maestra di spada” si collocano, ossia il declino della dinastia Tang (VIII secolo). In una Cina così indebolita, la Corte imperiale tenta invano di controllare i propri territori, divisi ormai in province militarizzate che cominciano a reclamare la loro indipendenza dal potere dell’imperatore. Tra queste, Weibo è la più forte e quindi minacciosa per la Corte, con la quale il sottile equilibrio creatosi col tempo rischia più volte di dissolversi.

Protagonista indiscussa della storia è Nie Yinniang, una giovane assassina figlia del generale di Tian Ji'an, governatore militare al potere in Weibo, nonché suo cugino. Dopo una particolare vicenda familiare, Nie Yinniang viene allontanata nei boschi a soli dieci anni per essere cresciuta da una monaca taoista, la principessa Jiaxin, dalla quale apprende le arti marziali. Alla giovane viene affidato il compito di assassinare i funzionari corrotti, finchè la sua umanità le impedisce di adempiere alla missione datale dalla sua padrona. Per sopperire alla sua mancanza di freddezza e lucidità, Jiaxin pone la sua allieva dinanzi a una difficile prova, ossia uccidere il suo stesso cugino.

A fare da sfondo alle azioni dei personaggi ci sono ambientazioni mozzafiato che catturano una Cina selvaggia e incontaminata, le cui riprese si soffermano su ogni particolare, accompagnate da musiche quasi magiche. Nonostante la recitazione non colpisca particolarmente, i personaggi femminili vengono messi in risalto per la loro forza fisica e mentale. Yie Yinniang, fredda e letale assassina, mostra una brutalità senza paragoni quando compie il suo dovere; eppure si mostra forse come il personaggio più umano e carico di dolore per avvenimenti del passato che ancora la feriscono. La stessa Jiaxin è un personaggio interessante, freddo e riflessivo, convinto di muoversi nel giusto. La moglie del governatore, invece, si mostra come un essere subdolo e cattivo, privo di umanità ed effetto, al contrario della concubina dello stesso, affettuosa e compassionevole . Dolore, tradimento, amore e risentimento sono tematiche che si mescolano le une con le altre, ma che forse potevano essere maggiormente trattate. Il film inizia con un flashback in bianco e nero, che delinea interamente la trama, semplice e quindi fin da subito comprensibile. Nonostante le scene di combattimento, non ci sono molti colpi di scena e alcune riprese sono, a mio parere, forse un po’ troppo lunghe da disperdere l’attenzione di chi guarda. Un film senza troppe pretese a cui manca il livello e lo spessore di produzioni del genere come Ip man. Un film godibile per chi si approccia per la prima volta al mondo cinematografico della Parigi d’Oriente o ha voglia di godere di paesaggi e tradizioni straniere.

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