Concorso letterario "Racconti di Natale": "Via Lungo Canale Est", di Carlo Banchieri

"VIA LUNGO CANALE EST" di Carlo Banchieri

Il Natale, bambini, non è una data. E’ uno stato d’animo. 
(Mary Ellen Chase) 

Quando ero bambino, sapevo che il Natale portava con sé qualcosa di magico. 
Era l'aria che respiravo in quel periodo che me lo faceva pensare. Il sorriso fanciullesco stampato sul volto del mio fratellino, la gioia dell'attesa in famiglia durante la Vigilia, il sapere che, una volta ogni tanto, i bambini buoni potevano ricevere dalla vita un giusto premio. 
Il Natale passava oltre lasciandomi nel cuore il rumore chiassoso della carta regalo appallottolata, i colori accesi delle luci e i sorrisi di gioia sincera sui volti di tanta gente. 
Anche se è trascorso molto tempo da quei giorni, credo ancora in quell'atmosfera fiabesca ma, nel mondo dei grandi, dove tutto corre in maniera così veloce, ho rischiato troppo spesso di dimenticare quale sia il suo reale significato. 
Quella volta, mentre mia moglie Francesca si stava preparando per uscire, mi sono improvvisamente ricordato che cosa rappresenti davvero per me. 
Sfogliando le pagine di un libro di racconti che mi era stato regalato, per il Natale del '98, dai miei nonni materni, mi sono reso conto che quel dono era legato, in maniera sottile ed invisibile, a qualcosa che Francesca aveva ricevuto proprio in occasione dello stesso Natale. 
In un lontano ventidue dicembre, in una Viareggio completamente imbiancata da neve fresca, le fu dato qualcosa che avrebbe portato per sempre con sé nel suo cuore. 
Mentre si alternava tra l'armadio ed il letto sul quale io ero comodamente disteso, mi raccontò del regalo più bello che avesse mai ricevuto da bambina. 
Nostra figlia Benedetta, intanto, dormiva serena nella culla ed una buffa macchinetta rosa a forma di topolino faceva da sottofondo alla sua storia suonando una ninna nanna dietro l'altra. “A Natale, quell'anno, faceva davvero un gran freddo...” iniziò. 
La cosa più particolare è che, ogni volta che si apre con me riguardo alla sua infanzia, lo fa con la voce vivace e cristallina di chi vuol descriverti un bel sogno dal quale non si è ancora svegliato ma il suo sguardo si fa, a tratti, timido e malinconico. 
Sono sempre troppo distratto da tutto e mi rendo conto proprio adesso di non ascoltarla mai con sufficiente attenzione ma, se devo dirla tutta, tra le tante storie che mi ha raccontato, ce ne sono alcune nelle quali mi sono immedesimato così tanto da essermi lasciato trasportare dalla sua stessa, bruciante nostalgia. 
Mi è sembrato di essere lì con lei, quella volta, in via Lungo Canale Est, sul marciapiede innevato che conduceva a casa sua. 
Era il suo ultimo giorno di scuola prima delle vacanze. 
Come sempre, nel pomeriggio, nonno Amerigo andò a prenderla all'uscita per riaccompagnarla fino a casa. 
A differenza del solito, non avrebbe aspettato con lei che tornasse sua madre perché quel giorno l'auto di mamma era rimasta bloccata dalla neve proprio lì vicino e sarebbe dovuto andare a toglierla dai pasticci. 
Tentò di rincuorare la nipotina spiegandole che, di lì a poco, entrambi avrebbero fatto ritorno. “Non preoccuparti, amore... - le disse carezzandole le guance screpolate dal freddo - tra poco io e la mamma verremo da te!” 
Quelle parole, tuttavia, non bastarono a rasserenare la bambina che si impaurì e si bloccò davanti al portone puntando i piedi con forza.
Francesca si ritrovò a salire da sola le scale, piangendo ad ogni gradino, colta da un profondo senso di smarrimento mentre le lenti dei grossi occhiali si appannavano per le lacrime versate. 
Le sue guance, in pochi istanti, si erano fatte calde e arrossate, del colore delle foglie autunnali. Neanche i modi gentili ed affettuosi del vecchio Amerigo avevano saputo darle conforto. 
La paura che sua madre sarebbe potuta non ritornare l'aveva trascinata nella tristezza più totale. 
Credeva che la mamma fosse finita chissà dove, in qualche luogo lontano e malvagio. 
Una volta in casa, si precipitò alla finestra del salotto per osservare fuori, nella direzione in cui di solito lei e il nonno la vedevano spuntare. 
Come sempre, Francesca montò sullo sgabello, lanciando lo sguardo oltre la strada, pronta a contare i passi della mamma dal momento in cui l'avrebbe scorta finché lei non fosse giunta sotto casa. 
All'improvviso, quando ormai stava perdendo le speranze e il suo viso si faceva sempre più sciupato dalle lacrime, finalmente eccoli imboccare la strada di casa! 
Lei e il nonno si tenevano a braccetto, stretti stretti, per ripararsi dal vento freddo e pungente. 
La cosa curiosa fu che mentre facevano capolino da dietro l'angolo di un palazzo, le luci natalizie con cui erano adornate le strade iniziarono ad accendersi ed illuminare festosamente la via. Francesca aveva ricevuto il regalo di Natale più bello che potesse mai desiderare! 

Quando mia moglie terminò la sua storia aveva gli occhi lucidi di una bimba, teneri e sognanti. 
La sua voce sfumò in un sorriso e, nel frattempo, la luce della sera si era fatta rossastra oltre i vetri della finestra. I suoi occhi brillarono luminosi, colti dallo scintillio dell'ultimo raggio di sole.
Benedetta si destò mentre il topolino meccanico continuava a suonarci una delle sue dolci ninne nanne. 
In quella straordinaria sincronia, mi resi conto che anche io avevo appena ricevuto la cosa più bella che potessi mai chiedere per Natale e, in qualche modo, era tornata a rivivere la magia di quel giorno lontano, in via Lungo Canale Est.

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