Recensione: Soldati di Salamina, di Javier Cercas e José Pablo García

Titolo:
Soldati di Salamina
Autore: Javier Cercas, José Pablo García
Editore: Guanda
Pagine: 160
Anno di pubblicazione: 2020
Prezzo copertina: 20,00 €

Recensione a cura di Mario Turco

“E cos'è un eroe?”. Una delle domande più dirimenti della narrazione e della Storia intera viene ad un certo punto posta dal protagonista Javier Cercas allo scrittore Roberto Bolano. Siamo dentro il momento forse più importante del fumetto “Soldati di Salamina” nella traduzione di Pino Cacucci, disegnato e sceneggiato da José Pablo Garcìa e pubblicato da Guanda Editore nella superba collana Graphic, ed il conseguente colpo di scena darà la svolta definitiva alla ricerca sostenuta dall'autore. Basato sull'omonimo romanzo incentrato su un episodio della guerra civile spagnola dello stesso scrittore iberico Javier Cercas dato alle stampe nel 2001 e tradotto in Italia l'anno seguente da Ugo Guanda Editore, questa trasposizione grafica snellisce ma mantiene intatta l'originale mistura tra fatti storici e finzione romanzesca. 


Così la riflessione sulle caratteristiche morali dell'eroe trova anche in queste pagine, disegnate con gran senso del racconto da Garcìa, una sua precipua esplicazione: “l'eroe non è quello che uccide, bensì colui che non uccide o si lascia uccidere […] Si può essere decenti per tutta la vita, ma non si può essere sublimi senza sosta. Per questo si è eroi solo in un momento di follia o di ispirazione”. “Soldati di Salamina” indaga proprio su un singolo episodio risalente alla Guerra Civile spagnola che ebbe luogo tra il 1936 e il 1939 e che vide un soldato risparmiare la vita ad un fuggiasco. La storia che il fumetto racconta comincia quando Cercas, abbandonate le ambizioni letterarie e tornato a fare il giornalista, viene incaricato dal periodico per cui lavora di intervistare lo scrittore e saggista Rafael Sánchez Ferlosio. Dopo aver divagato, l'intellettuale accenna alla storia della fucilazione del padre, Rafael Sánchez Mazas. scrittore anch'egli ma soprattutto ideologo della Falange, movimento politico d'ispirazione fascista che ebbe un ruolo fondamentale durante il franchismo. Durante la guerra civile con i repubblicani egli fu imprigionato per poi infine il 30 gennaio del 1939 essere fucilato insieme ad altri cinquanta detenuti in un bosco vicino il santuario del Collell nei pressi di Gerona. In realtà il politico, approfittando del maltempo, riuscì a fuggire ma a causa della sua miopia non riuscì a fare molti passi. Così un soldato presto lo raggiunse ed ecco che quando si trattava di sparargli il militare non lo fece, fingendo coi suoi superiori di non averlo trovato. 


Cercas si appassiona subito a questo aneddoto e comincia a scartabellare tra documenti, storiografie ed interviste per cercare di comprendere la valenza di questo fatto per un personaggio contraddittorio come Rafael Sánchez Mazas. La prima delle tre parti in cui è suddiviso “Soldati di Salamina” è infatti un formidabile ritratto psicologico di un uomo che agli occhi moderni sarebbe tacciato senza remore di essere un cattivo maestro, responsabile di aver creato la pericolosa ideologia fascista che mandò a morte migliaia di giovani entusiasti per un confuso disegno politico. Ma come non esistono definizioni certe per qualificare un eroe così anche cercare di tracciare linee di purezza sarebbe alquanto aleatorio. Soprattutto perché Cercas e Garcìa si fanno avvincere dalla romantica ambiguità di Sánchez Mazas lasciando solo per pochi pungenti frammenti (le intemperanze macchiettistiche della fidanzata Conchi) che il giudizio sul suo operato emerga dalle tavole. A proposito della fitta narrazione un plauso va fatto ancora una volta al disegnatore/sceneggiatore Garcià che riesce a mantenere intatto il nucleo del romanzo riuscendo ad alleggerirlo con una suddivisione compatta che rinuncia agli estetismi – nessuna tavola grande ed un tratto semplicissimo - e bada con accortezza che solo alcune scelte di colore facciano capire la diversa suddivisione temporale delle vicende. Saltando senza fatica tra ricostruzione storica e romanzamento di eventi, tra geolocalizzazione di ferite nazionali ancora aperte e crisi personale, “Soldati di Salamina” riesce attraverso toni leggeri a rendere partecipe anche il lettore non addentro la politica spagnola della necessità del perdono. L'anziano Miralles a fine romanzo rifiuterà testardamente di chiarire perché il soldato non abbia ammazzato un uomo che ha portato tanto dolore nella vita di tanti altri suoi amici. Un atto di clemenza che ha avuto ripercussioni dolorose ma che andava necessariamente fatto: non si uccide nessuno, nemmeno il cattivo. Forse l'eroe è proprio colui che non combatte mai.

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