La recensione di "X - A sexy horror story", di Ti West distribuito da Midnight Factory nelle sale dal 14 Luglio ma già disponibile on demand

Recensione a cura di Mario Turco

Dovremmo parlare della vecchiaia bastarda che quando sopraggiunge tutto fa deperire, anche l’amore; dovremmo discutere della fame di fama che tutte dissipa, anche le giovani ribelli in fuga dai propri padri leader religiosi; dovremmo disquisire su un Paese che vive ed allo stesso tempo si dissipa ai propri margini, in quelle terre selvagge che sono le province americane: ed invece scriveremo di “X – A sexy horror story”, di Ti West distribuito dalla benemerita Midnight Factory dal 14 Luglio. Lo faremo in maniera ironica perché nell’ultimo film del furbissimo regista statunitense dell’horror i temi sopraelencati sono contrassegnati in maniera così marchiana da fagocitare qualunque tentativo di critica proprio perché calati/imposti dall’alto. 


Come se fosse uscito dalla mente di un Paul Thomas Anderson in vena di exploitation, “X – A sexy horror story” è un film sicuramente molto elucubrato da parte del suo autore che sembra voler riscattare una carriera che dopo la folgorazione dell’esordio di “The house of devil” ed il notevole, seppur un po’ già ridimensionato, “The sacrament”, s’era arenata nella regia di singoli episodi di serie tv. Manifestando molta (troppa?) sicurezza nel suo stile e nelle tematiche già affrontate nei suoi lavori precedenti, Ti West torna anche in questo suo ultimo lungometraggio all’immaginario dei gloriosi ’70 unendo due dei generi più hardcore e fecondi del decennio: il porno e lo slasher. Siamo nel 1979 – e anche l’anno liminare indica da subito il senso della fine di un’era – ed una sgangherata troupe costituita da tre pornoattori (Maxine, Jackson e Bobby-Lynne), un produttore (Wayne), un regista (RJ) e la fidanzata del regista (Lorraine) è in viaggio per girare un nuovo film hard in una campagna sperduta del Texas (in realtà le riprese si sono svolte in Nuova Zelanda) per ovviamente abbattere i costi ed isolarsi dagli attacchi moralistici delle città. Arrivati nella fattoria del vecchio Howard, i sei si installano nel casolare distaccato dalla magione principale e cominciano a girare il film che, negli intenti dell’ambizioso, giovane e casto regista, dovrebbe rappresentare il punto di congiunzione tra arte e sesso esplicito. Ma ad essere stravolta da questa esuberanza ormonale e filmica in casa propria è soprattutto l’anziana moglie del contadino, la ballerina mancata Pearl (interpretata sotto tonnellate di trucco prostetico da Mia Goth, che recita anche nei panni dell’arrivista Maxine) che, una volta scoperta la segreta e focosa attività che si gira alle sue spalle, risveglia le sue mai sopite voglie cercando di adescare carnalmente i membri più giovani della troupe. 


Se il filone dei cosiddetti “vecchi demoniaci” è da qualche anno nuovamente sulla cresta dell’onda – si pensi al “The visit”, di M. Night Shyamalan -, qui si ha il definitivo sdoganamento autoriale grazie alla lambiccata produzione della pervasiva casa A24 e dei suoi “elevated horror” che sottomettono la componente gore ad un certo intellettualismo woke. In “X – A sexy horror story” la componente malsana del sostrato cinematografico di riferimento, da “Non aprite quella porta” a “Le colline hanno gli occhi”, di Wes Creven fino ad arrivare all’ “Hardcore”, di Paul Schrader, viene depotenziata da questa pretesa cerebrale di rifarsi a quelle coordinate spazio-temporali per riscriverle alla luce dell’oggi, sia in termini iconografici che politici. I corpi disfatti e putribondi dell’anziana coppia omicida che rivendicano la libertà di potersi accoppiare nonostante l’evidente decadenza sono il segno diegetico di questo tipo di cinema che non intende arrendersi di fronte alla sua presunta morte. Peccato che l’intera operazione sia condotta col solito calligrafismo metaforico di West – la “santarellina” Lorraine che aspetta solo di esplodere, l’adulto Wayne che vuole solo fare i soldi, i passi di danza macabra accennati da Pearl sul primo cadavere – e che la mattanza finale sia molto meno sanguinolenta di quanto l’analessi iniziale avesse lasciato intendere. In un film che vuole mostrarsi nudo e crudo come il porno e l’horror che intende omaggiare, a mancare sono proprio i seni e i culi nudi, gli arti mozzati ed il loro macabro congiungimento. Eros e Thanatos in “X – A sexy horror story” ci giungono più sgranati della fotografia citazionista del film.

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