La recensione di “Spider-man: Across the Spider-Verse”, di Joaquim Dos Santos, Kemp Powers e Justin K. Thompson. Nelle sale italiane dal 1 Giugno grazie a Warner Bros. e Sony Pictures Entertainment Italia

Recensione a cura di Mario Turco

Quando finirà questo ostracismo nei confronti di personaggi disegnati ed animati? Quando ancora la recitazione fisica di persone che non esistono sarà considerata superiore a quella fatta tramite linee e fogli? Se persino il Piccolo America anche quest’anno nel fornire la programmazione delle tre arene estive continua nella deleteria pratica di lasciare senza paternità registica esclusivamente le opere d’animazione, come se a quel pubblico non interessasse sapere che “Looney Tunes: Back in action” è di Joe Dante, e se continuano a leggersi recensioni come quella fatta da Antonio D’Orrico sul Corriere della Sera sul manga di Demon Slayer, svilito per i suoi dialoghi elementari e l’impossibile comparazione con le opere di Milo Manara (come accostare la saga di John Wick a Andrej Tarkovskij o Dan Brown a José Saramago), sembra che l’arte del disegno sia ancora ben lontana dallo scontare questa sorta di presunta inferiorità rispetto alla verosimiglianza del reale. 


Il mondo dell’animazione, accompagnato da un successo di pubblico davvero insperabile fino a solo qualche decennio fa, ha assunto un potere industriale gigantesco ed è ad esso che gran parte dell’industria spesso si rivolge per rilanciare marchi e proprietà intellettuali che hanno bisogno di una rivitalizzata. Ecco allora che dopo la sfrenata corsa ai botteghini di “Super Mario Bros. - Il film”, oggi tocca al personaggio dei fumetti Marvel più famoso e remunerativo chiedere ad una delle sue controparti animate di mantenere sulle vette di gradimento sia l’amichevole spiderman di quartiere che l’idea del multiverso. “Spider-man: Across the Spider-Verse”, di Joaquim Dos Santos, Kemp Powers e Justin K. Thompson nelle sale italiane dal 1 Giugno grazie a Warner Bros. e Sony Pictures Entertainment Italia, ha da subito un compito immane: pur essendo un seguito deve infatti mantenere intatta la ventata di freschezza ed originalità del suo predecessore, l’acclamato “Spider-man: Un nuovo universo”, ed allo stesso tempo introdurre altre novità importanti della continuity Marvel transmediale come il possibile collasso del multiverso ed un personaggio amatissimo dal pubblico come Spider-man 2099. Come nelle seconde puntate dei racconti di formazioni più classici, ecco che Miles Morales, l’adolescente afroamericano morso da un ragno di un’altra dimensione che gli dona i superpoteri aracnoidi, in questo lungometraggio dovrà compiere una scelta che lo farà definitivamente maturare o addirittura morire. Diciamo subito che Spider-man: Across the Spider-Verse è appesantito da tonnellate di aspettative che ne inficiano inevitabilmente il risultato: il film fa continuamente spiegoni finto-divertiti per non lasciare indietro le nuove fasce di pubblico, ha una durata eccessiva che ne limita l’impatto e, probabilmente cercando l’apicalità del dittico sugli Avengers che chiuse la fase 3 del MCU, è suddiviso in due capitoli che ne diluiscono l’impatto drammatico lasciando con un cliffhunger non altrettanto memorabile. Perché qui non c’è il sensazionale snap di Thanos e la morte degli eroi a far fremere gli spettatori per la prossima ventura rivincita ma un’agnizione interdimensionale ampiamente preventivabile e probabilmente nemmeno così decisiva ai fini della chiusura della trilogia. 


Più che l’epitome del cinema glitch – a noi l’iper-consapevolezza con cui un prodotto si vende puzza sempre di social media manager: tra ralenti, immagini freezate ed appunto, anomalie di sistema sembra che questo Spider-man: Across the Spider-Verse per lunghi tratti sia scritto da accademici del cinema - questa avventura di Miles Morales non riesce a rendere memorabile il conflitto, stessa pecca del fumetto, che vive questo ragazzino oberato soltanto da genitori che sono più irritabili sia per loro medietà di classe (“Noi non siamo poveri”, ribadisce il tenete Jefferson durante il colloquio scolastico) in quel della gentrificata Brooklyn che per i pallosissimi crucci da sorveglianti domestici (la stantia gag sui mesi di punizione, i sospiri per ogni spider-incomprensione, la necessità di spiegare le ali). In tutte le recensioni leggerete peana verbali sulle meraviglie tecniche del film e qui decuplichiamo quegli osanna – non sembra ancora vero di poter assistere a qualcosa che nelle scene d’azione sembra il potenziamento statunitense di tante opere dello Studio Trigger ma con personaggi fottutamente cool come lo Spider-Man 2099 – ma ci sembra che pur ragionando di rottura dei canoni e bug non previsti questo Spider-man: Across the Spider-Verse in realtà sia compresso nello stesso dilemma del giovane Miles: non si può salvare sia l’industria dei cinecomis che la propria indipendenza artistica. Spider-man: Across the Spider-Verse ha scelto ed il fatto che la risposta sia in un terzo episodio cinematografico la dice lunga su… La fine del ragionamento sulla prossima recensione!

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