La recensione di "La bocca dell'anima", di Giuseppe Carleo in uscita nelle sale dal 26 Settembre grazie a Artex Film

Recensione a cura di Mario Turco

Anche nell'epoca della streaming culture e di un cinema italiano "condannato" all'uscita in sala, esistono ancora tanti lungometraggi che non cedono a queste logiche mercantiliste riuscendo a ritagliarsi uno spazio autonomo di riflessione, sia intellettuale che formale. Uno dei casi che quest'anno ci ha affascinato di più è, in maniera prevedibile e sorprendente allo stesso tempo trattandosi di un esordio, "La bocca dell'anima" di Giuseppe Carleo, presentato al 70° Taormina Film Festival nella sezione Officina Sicilia nell’ambito della collaborazione con Efebo d’Oro Film Festival ed in uscita nelle sale dal 26 Settembre grazie alla distribuzione di Artex Film. 


Siamo nel 1949 e Giovanni Velasques (l'inquieto e bravissimo Maziar Firouzi) ritorna nel suo paese natale, la fittizia Pietrasanta, un piccolo villaggio arroccato sulle Madonie. Barba incolta e sporca, il giovane uomo durante una mattina innevata crolla sulla piazza principale per la debolezza. Un misterioso trauma risalente alla guerra che è stato costretto a combattere gli divora infatti, come fosse una bocca, l'anima facendolo regredire al mutismo e al mancato reintegro nella raccolta comunità del borgo. Per liberarsi da questa sofferenza Giovanni si affida alla la vecchia maara Mariannina (Serena Barone) che gli rivela che a stazionare famelico nel suo stomaco è lo spirito di un uomo morto. Si tratta di Enrico Marchesi, compagno di guerra con cui Giovanni ha intrattenuto una relazione piena di non-detti, che è tornato in forma fantasmatica per consentirgli di esercitare, dopo un apprendistato magico, funzioni taumaturgiche sugli inizialmente scettici compaesani. Ma il potere di Giovanni sembra davvero salvifico, tanto da costringerlo ben presto a scontrarsi con le due istituzioni del paese: la chiesa (il mellifluo Padre Pino) e la mafia (Don Minicu e le confraternite, di stampo naturalmente massonico come la celebre organizzazione criminale siciliana). A complicare le cose, una crisi personale che causerà il definitivo allontanamento dalla famiglia nell’avita proprietà di campagna, in cui l’abbrutimento appare l’unico destino possibile per il suo tormento. 


La bocca dell'anima è uno straordinario racconto di profumo squisitamente letterario che riesce a dare corpo audiovisivo alla lunga e ancora presente tradizione magica di tanto entroterra siciliano. Basato sui testi “La magia in Sicilia” e “Il corpo è fatto di sillabe” dell'antropologa Elsa Guggino, il regista palermitano parte da questa base scientifica per arrivare ad un solidissimo lungometraggio che riesce a dar conto anche empaticamente della condizione umana del dannato/santone protagonista. La regia di Carleo è misuratissima, sempre attenta e pittorica ma senza eccedere nel bozzettismo o, peggio, in qualche deriva arty: ne sono prova i bellissimi scenari di Petralia Soprana, funzionali alle esigenze narrative e non lasciati liberi di prevaricare esteticamente sulla trama, come ci si potrebbe aspettare da un esordiente. L’attenzione per i rituali magici compiuti dai guaritori Giovanni e Mariannina è encomiabile: il peculiare impasto di costumi sacri e contadini (il sacrificio degli animali domestici, i paioli e i setacci usati per causare gravidanze o fare malocchi) risalta ancor di più grazie alla scelta di girare dentro vecchie case in pietra (che non si fanno però mai set posticcio) e brulli appezzamenti. Inoltre La bocca dell'anima è girato interamente nell’aspro palermitano originale che necessita di sottotitoli in italiano e che nulla concede al folclore di quell’inesistente siciliano cinematografico che tanta fortuna continua ad avere in tv e nelle sale. Il debutto di Carleo è allora un felice connubio di umiltà autoriale e arditezza artistica che crediamo avrà una lunga vita festivaliera e dovrebbe diventare un instant-cult del mondo universitario perché dimostra che si può essere autorevoli scientificamente senza perdere la tenerezza cinematografica.

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