Recensione: TUTTE LE STRADE PORTANO A NOI di Alcide Pierantozzi

Titolo: Tutte le strade portano a noi. A piedi da Milano a Bari
Autore:
Alcide Pierantozzi
Editore: Laterza
Pagine: 206
Anno di pubblicazione: 2015 

Prezzo copertina: 11,00 €


Recensione a cura di Eleonora Cocola

Lo scrittore trentenne Alcide Pierantozzi si è messo in testa di attraversare l’Italia a piedi percorrendo la via Francigena. Sarà stata l’esortazione della nonna abruzzese, sovente rievocata, che usava esclamare «Ma cammina!», sarà stata la convinzione che camminare aiuta a pensare (a che cosa non si sa bene), fatto sta che il 21 maggio 2014, dopo un’intensa preparazione che coinvolge tutta la sua famiglia, Alcide parte da Milano insieme a un gruppo selezionatissimo di compagni; la meta ultima del viaggio è Bari, nel mezzo si dispiegano tutta l’Italia e una serie di incontri insapettati e originalissimi, ingrediente fondamentale di ogni viaggio on the road che si rispetti.

Tutte le strade portano a noi non ha di certo nulla della guida turistica: non ci si trovano notazioni particolari sui territori attraversati o informazioni sui borghi visitati dai viaggiatori; non si tratta neanche di una dissertazione semi filosofica sul tema del viaggio e del pellegrinaggio, anche se il percorso vuole ricalcare proprio quello battuto dai pellegrini durante il Medioevo per recarsi alla tomba di san Pietro a Roma. Assolutamente niente rifessioni di stampo spirituale, anche se l’autore dice di voler camminare spinto dalla necessità di pensare (oltre che di evitare le strade trafficate).

Insomma, non si capisce bene quale sia l’intento dell’autore, a parte raccontare il suo viaggio, divagando, perdendosi, riflettendo e ricordando moltissimo. Lo fa in tono sempre leggero e forzatamente ironico, rivolgendosi direttamente al lettore. Questo tono, complice anche il disordine narrativo e i contenuti spesso poco interessanti, non riesce a nascondere la sua velleità di essere originale a tutti i costi, col solo risultato di diventare monotono e a tratti irritante. Come se l’autore dovesse ostentare di avere stile, di essere arguto e ironico: peccato che il libro sia, molto semplicemente, scritto male.

L’unico filone narrativo ordinato e sensato che si può ricavare è quello delle rievocazioni del passato di Pierantozzi e della sua famiglia: l’infanzia nel paesino sulla riva del Tronto, tra le Marche e il selvaggio, arcaico Abruzzo; la figura della bisnonna Peppina vestita di canapa e dei nonni. Ripercorrere l’Italia per Pierantozzi è un po’ come viaggiare indietro nel tempo e nello spazio alla ricerca delle radici. In aggiunta a questo, le considerazioni sparse sulla cultura italiana, sui costumi, sulla lingua, sulle usanze locali, sul lavoro, talvolta sulla politica, risultano banali e poco significative, incapaci di far riflettere e di farsi ricordare. A parte le sue opinioni personali sui veneti, tanto superflue quanto sopra le righe, forse volte a creare un nuovo inutilissimo stereotipo.

L'AUTORE
Alcide Pierantozzi ha esordito con il romanzo Uno in diviso (Hacca 2006), molto apprezzato da critica e pubblico, da cui è stata tratta la graphic novel omonima (Tunué 2013). Ha scritto per Rizzoli i romanzi L’uomo e il suo amore e Ivan il terribile. Nel 2012 ha partecipato all’antologia Le cose cambiano (Isbn-Corriere della Sera), progetto contro il bullismo e l’omofobia. Scrive sceneggiature per il cinema e suoi articoli sono apparsi su “Rolling Stone” e sul “Corriere della Sera”. 

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