La recensione del film "Amare Amaro", di Julien Paolini in uscita su Amazon Prime Video il 14 Febbraio

Recensione a cura di Mario Turco

Percorrere l'antica strada che ha portato dal mito alla filosofia per poi svoltare nella nuova che collega il genere all'attualità è un tragitto arrischiato per qualunque operatore culturale. E durante questo viaggio farsi inoltre avvincere dal poeticismo con un titolo dalla forte assonanza lirico/musicale in grado di appagare sia i selezionatori di festival che i catalogatori delle piattaforme industriali di streaming è impresa degna di nota. Se poi aggiungiamo che il regista dell'opera in questione è un esordiente franco-italiano potremmo essere tentati dal descriverlo come il più classico – o archetipico, per non perdere la concezione mitologica! – dei piccoli miracoli cinematografici. “Amare Amaro”, diretto da Julien Paolini nel 2018, esce infatti su Amazon Prime Video il 14 febbraio, distribuito da 102 Distribution dopo un paio d'anni di silenzioso ma valente giro per il mondo: dalla partecipazione al Taormina FilmFest 2019 alla vittoria del Grand Prix come miglior film poliziesco al Festival Polar de Cognac l'anno prima. 


Il film, sceneggiato dallo stesso regista con Samy Barroun, è una libera interpretazione del mito di Antigone immerso nell'attualità che si serve della forza primigenia della nota tragedia di Sofocle per raccontare l'altrettanto doloroso dramma del suo protagonista, il fornaio Gaetano. Già, perché “Amare amaro” parte proprio da questo détournement di genere: la figlia di Edipo nel film diventa un giovane italo-francese dato che il regista Julien Paolini porta la sua stessa dualità nella storia per parlare di dolorosa contemporaneità: "Definirei il mio film come un western moderno, una sorta di confine politico dall'esito tragico pieno di richiami all'attualità, che cerca di porre interrogativi sui temi della migrazione e sulla mancanza di azione da parte di chi dovrebbe invece agire e confrontarsi con la diversità" – ha infatti dichiarato in un'intervista ad un quotidiano nazionale. Anche il correlato di Creonte cambia sesso ed assume le fattezze della sindaca Enza (Celeste Casciaro), amministratrice di un piccolo paese siciliano molto distante dalla potente Tebe di Sofocle. Proprio tra le brume dell'alba, riprese tra Belmonte Mezzagno, Balestrate, Terrasini, Cinisi e Carini parte il film, con la corsa del piccolo ragazzino che come un novello annunciatore, sguizza tra le case per annunciare al maresciallo dei carabinieri (Tony Sperandeo) la morte di Padre Orlando, investito da una macchina mentre si trovava al bar. Alla luttuosa fatalità ne segue un'altra, foriera di una possibile vendetta che minaccia di minare ulteriormente il già turbato equilibrio degli abitanti: il gestore dell'attività ha infatti ucciso a sua volta lo scapestrato Giosuè, reo di essere ubriaco alla guida dell'automobile e soprattutto di essere uno straniero in terra di Sicilia. 


“Amare Amaro” sviluppa proprio questo assunto: la sepoltura del defunto ad opera del laconico fratello Gaetano, protagonista del film, che vorrebbe tumularlo nel cimitero locale viene negata con cieca ostinazione. Creonte s'è fatto donna e democratica ma continua ad esercitare le funzioni dell'istituzione pubblica: non esiste pietà per chi viene rifiutato dalla comunità perché diverso. Gaetano assume una valenza quasi cristologica nello scontare sulla sua pelle il peccato originale di essere un forestiero. Molto azzeccata a questo proposito la scelta di far interpretare il protagonista fornaio all'attore franco-iraniano Syrus Shahidi. Come ben riassume il regista: “Syrus è nato da padre iraniano e madre di origini italiane e rumene. Se io sono un rappresentante invisibile della differenza e della multiculturalità, Syrus ha rapidamente assunto questo ruolo nei miei film. È lo straniero universale diviso tra più culture ed identità, che fa fatica a sentirsi incluso. Una lotta che porta dentro di sé per tutta la vita”. Una lotta che porterà Gaetano a rubare per due volte il corpo dell'odiato/amato fratello per cercare di dargli una sepoltura nel territorio che continua ad ostracizzarlo anche da morto. “Amare Amaro” ha il grande pregio di non sconfinare mai nel didascalismo e nel politicamente corretto dato che come nel caso di Sofocle mantiene intatta la natura crudele del defunto e allo stesso tempo volutamente ambigua la condotta di Gaetano, irruento fino a lambire la violenza. D'altronde ciò che contraddistingue le società basate sull'ordinamento giuridico moderno è la capacità di garantire i principali diritti umani anche al criminale: in questo senso Antigone e Gaetano purtroppo falliscono entrambi.

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