Recensione a cura di Eleonora Cocola
Mauro Magazzino ha 33 anni e due lauree, una in economia e una in filosofia. Vive in un paesino siciliano dove per lui sembra non esserci futuro, ma non se ne vuole andare a nessun costo: neanche se a spingerlo è la sua fidanzata Laura, che ha un’interessante opportunità di lavoro a Padova. Mauro insiste nel tentativo di guadagnarsi un posto di ricercatore all’università; un posto che puntualmente vede assegnato al raccomandato di turno, e non si rassegna ai lavori modesti che procura suo padre. Finisce per passare le sue giornate a dare ripetizioni di economia a studenti beoti e a infastidire la donna delle pulizie, mentre i suoi genitori, più insofferenti che preoccupati, pregano perché si trovi un lavoro e si tolga dai piedi.
Il personaggio interpretato da Carlo Ferreri è un esilarante mix tra un bamboccione e un moderno Don Chisciotte: la caratteristica che contraddistingue Mauro (ce lo doce lui stesso, con orgoglio) è l’ironia intesa nel senso etimologico del termine, come osservazione esterna e distaccata della realtà. E in quella realtà, di cui vede tutte le storture e le ingiustizie, Mauro sembra fare proprio fatica a integrarsi: preferisce combatterla, incitando alla ribellione i lavoratori del mercato ortofrutticolo; facendo fastidiosamente notare alla colf Assunta la polvere che ha tralasciato; denunciando le mancanze del sindaco del paese, troppo impegnato a bere caffè e aperitivi al bar per affrontare l’emergenza rifiuti; vendicando goffamente la famiglia che vive di fronte a lui contro la banca che le ha negato il mutuo. Ma, proprio come Don Chisciotte, Mauro combatte contro i mulini a vento, in una lotta vana che lo porta solo a estraniarsi dalla realtà, tanto da agire come un folle, con risultati che sfiorano l’esilarante ma che allo stesso tempo fanno riflettere. Un po' come il Cetto La Qualunque di Albanese, Mauro è la parodizzazione portata all’estremo di un fenomeno tipicamente italiano, quello del moderno bamboccione, molto istruito, ma anche molto choosy, inguaiato nella sua stessa intelligenza: fa ridere, talvolta a crepapelle, ma il pensiero della realtà a cui è ispirato appesantisce quella risata con una dose di amarezza. Nonostante la leggerezza e la comicità spesso demenziale del film, non mancano i risvolti profondi, ad esempio nel rapporto tra Mauro e i genitori, segnato da una mancanza completa di comprensione reciproca.
Ne risulta un film godibile, che riesce a coniugare denuncia sociale e comicità demenziale mantenendo un tono nel complesso sempre piuttosto leggero e disincantato, anche se a volte lo sconfinamento nell’assurdo rende il personaggio di Mauro così sopra le righe da risultare improbabile e parecchio macchiettisico. Vari dettagli intervengono a fare la differenza in questo film e renderlo una commedia completamente diversa dalle altre che vale la pena di vedere: il mix intelligente di serietà dei temi trattati, comicità demenziale e ironia talvolta tagliente; la totale sicilianità (che per una volta non fa rima con mafia); una colonna sonora perfetta, firmata dal bravissimo Fabio Abate; la bravura di Carlo Ferreri; infine, il finale inaspettato, degna e assurda conclusione di una pellicola fuori dagli schemi.
Mauro Magazzino ha 33 anni e due lauree, una in economia e una in filosofia. Vive in un paesino siciliano dove per lui sembra non esserci futuro, ma non se ne vuole andare a nessun costo: neanche se a spingerlo è la sua fidanzata Laura, che ha un’interessante opportunità di lavoro a Padova. Mauro insiste nel tentativo di guadagnarsi un posto di ricercatore all’università; un posto che puntualmente vede assegnato al raccomandato di turno, e non si rassegna ai lavori modesti che procura suo padre. Finisce per passare le sue giornate a dare ripetizioni di economia a studenti beoti e a infastidire la donna delle pulizie, mentre i suoi genitori, più insofferenti che preoccupati, pregano perché si trovi un lavoro e si tolga dai piedi.
Il personaggio interpretato da Carlo Ferreri è un esilarante mix tra un bamboccione e un moderno Don Chisciotte: la caratteristica che contraddistingue Mauro (ce lo doce lui stesso, con orgoglio) è l’ironia intesa nel senso etimologico del termine, come osservazione esterna e distaccata della realtà. E in quella realtà, di cui vede tutte le storture e le ingiustizie, Mauro sembra fare proprio fatica a integrarsi: preferisce combatterla, incitando alla ribellione i lavoratori del mercato ortofrutticolo; facendo fastidiosamente notare alla colf Assunta la polvere che ha tralasciato; denunciando le mancanze del sindaco del paese, troppo impegnato a bere caffè e aperitivi al bar per affrontare l’emergenza rifiuti; vendicando goffamente la famiglia che vive di fronte a lui contro la banca che le ha negato il mutuo. Ma, proprio come Don Chisciotte, Mauro combatte contro i mulini a vento, in una lotta vana che lo porta solo a estraniarsi dalla realtà, tanto da agire come un folle, con risultati che sfiorano l’esilarante ma che allo stesso tempo fanno riflettere. Un po' come il Cetto La Qualunque di Albanese, Mauro è la parodizzazione portata all’estremo di un fenomeno tipicamente italiano, quello del moderno bamboccione, molto istruito, ma anche molto choosy, inguaiato nella sua stessa intelligenza: fa ridere, talvolta a crepapelle, ma il pensiero della realtà a cui è ispirato appesantisce quella risata con una dose di amarezza. Nonostante la leggerezza e la comicità spesso demenziale del film, non mancano i risvolti profondi, ad esempio nel rapporto tra Mauro e i genitori, segnato da una mancanza completa di comprensione reciproca.
Ne risulta un film godibile, che riesce a coniugare denuncia sociale e comicità demenziale mantenendo un tono nel complesso sempre piuttosto leggero e disincantato, anche se a volte lo sconfinamento nell’assurdo rende il personaggio di Mauro così sopra le righe da risultare improbabile e parecchio macchiettisico. Vari dettagli intervengono a fare la differenza in questo film e renderlo una commedia completamente diversa dalle altre che vale la pena di vedere: il mix intelligente di serietà dei temi trattati, comicità demenziale e ironia talvolta tagliente; la totale sicilianità (che per una volta non fa rima con mafia); una colonna sonora perfetta, firmata dal bravissimo Fabio Abate; la bravura di Carlo Ferreri; infine, il finale inaspettato, degna e assurda conclusione di una pellicola fuori dagli schemi.