Titolo: Sbirritudine. Un poliziotto dentro la mafia più feroce. Una storia vera
Autore: Giorgio Glaviano
Editore: Rizzoli
Pagine: 450
Anno di pubblicazione: 2015
Prezzo copertina: 18,00
Recensione a cura di Eleonora Cocola
Sul paesino siciliano di Bonifacio sta calando la notte, ma un uomo non riesce a dormire. Si tratta di un poliziotto tormentato dai pensieri, dai ricordi della sua lotta contro la mafia. Già un poliziotto siciliano che lavora in Sicilia è un controsenso, ma c’è di più: questo è uno che contro la mafia ha lottato davvero, non si è mai arreso, a costo di combattere non solo la criminalità ma anche lo Stato, che davanti alla mafia non sa fare altro che rimanere immobile.
Il poliziotto prende la macchina e ripercorre i luoghi che sono stati il teatro delle sue battaglie: Bonifacio, Cefalù, Messina, Prezia, dove per anni ha tentato di sradicare il clan del boss Fifi Bellingeri mettendo insieme una squadra investigativa formata da persone motivate come lui. E intanto che guida ricorda e riflette, e le sue parole risuonano forti come un urlo nel silenzio, dando al lettore un ritratto crudo del mondo della mafia.
La sbirritudine è il sesto senso che alcuni poliziotti possiedono nei confronti della mafia; il protagonista di questo romanzo ne è provvisto all’ennesima potenza. Ed è questo, insieme alla sua instacabile determinazione e alla totale devozione nei confronti del suo lavoro, a renderlo solo. Non fa parte del mondo dei poliziotti, spesso indifferenti se non collusi, e neanche di quello dei mafiosi, di cui conosce le regole e impara a comprendere i meccanismi. Eppure il suo lavoro lo ha portato più di una volta a sentirsi simile a uno di quei latitanti a cui da la caccia. Ha incontrato poliziotti collusi, dirigenti che hanno fatto di tutto per ostacolarlo, carabinieri disonesti quanto i boss, e ha capito che Stato e mafia si somigliano non poco: entrambi sono fatti di membra provenienti da corpi diversi, come le famiglie di Cosa Nostra sempre in lotta fra loro e gli organi frammentati delle forze dell’ordine, incapaci di lavorare insieme per un unico scopo.
Lo stile con cui l’autore racconta tutto questo è svelto, secco, uno specchio del carattere deciso del protagonista; le continue incursioni nel dialetto siciliano, oltre che essere spesso non facili da capire, fanno fatica a integrarsi col testo: se il loro scopo è quello di veicolare la sicilianità del contesto facendo entrare il lettore nel mondo del protagonista, falliscono perché risultano un po’ forzate, e l’impressione è che siano state inserite come prova tangibile delle origini del personaggio.
Sbirritudine è un libro da leggere sicuramente per la rilevanza dei fatti narrati (veri, tra l’altro), per non perdere mai la consapevolezza, per non abbassare la guardia. Tuttavia a emergere più di tutto e a costituire la cifra del romanzo è l’inquietudine del protagonista, la sua solitudine, la sua amarezza. Le sue vicende si seguono con preoccupazione e partecipazione, ma è difficile entrare in contatto con il suo lato umano, forse perché il suo ruolo e la sua sbirritudine sono così prevalenti da fagocitare da sole tutta la sua personalità e diventarne l’unica essenza. Probabilmente questo contribuisce anche a rendere la narrazione un po’ monocorde, e la lettura ne risulta poco scorrevole e a tratti faticosa.
L'AUTORE
GIORGIO GLAVIANO (1975), siciliano, vive e lavora a Roma come sceneggiatore.
Autore: Giorgio Glaviano
Editore: Rizzoli
Pagine: 450
Anno di pubblicazione: 2015
Prezzo copertina: 18,00
Recensione a cura di Eleonora Cocola
Sul paesino siciliano di Bonifacio sta calando la notte, ma un uomo non riesce a dormire. Si tratta di un poliziotto tormentato dai pensieri, dai ricordi della sua lotta contro la mafia. Già un poliziotto siciliano che lavora in Sicilia è un controsenso, ma c’è di più: questo è uno che contro la mafia ha lottato davvero, non si è mai arreso, a costo di combattere non solo la criminalità ma anche lo Stato, che davanti alla mafia non sa fare altro che rimanere immobile.
Il poliziotto prende la macchina e ripercorre i luoghi che sono stati il teatro delle sue battaglie: Bonifacio, Cefalù, Messina, Prezia, dove per anni ha tentato di sradicare il clan del boss Fifi Bellingeri mettendo insieme una squadra investigativa formata da persone motivate come lui. E intanto che guida ricorda e riflette, e le sue parole risuonano forti come un urlo nel silenzio, dando al lettore un ritratto crudo del mondo della mafia.
La sbirritudine è il sesto senso che alcuni poliziotti possiedono nei confronti della mafia; il protagonista di questo romanzo ne è provvisto all’ennesima potenza. Ed è questo, insieme alla sua instacabile determinazione e alla totale devozione nei confronti del suo lavoro, a renderlo solo. Non fa parte del mondo dei poliziotti, spesso indifferenti se non collusi, e neanche di quello dei mafiosi, di cui conosce le regole e impara a comprendere i meccanismi. Eppure il suo lavoro lo ha portato più di una volta a sentirsi simile a uno di quei latitanti a cui da la caccia. Ha incontrato poliziotti collusi, dirigenti che hanno fatto di tutto per ostacolarlo, carabinieri disonesti quanto i boss, e ha capito che Stato e mafia si somigliano non poco: entrambi sono fatti di membra provenienti da corpi diversi, come le famiglie di Cosa Nostra sempre in lotta fra loro e gli organi frammentati delle forze dell’ordine, incapaci di lavorare insieme per un unico scopo.
Lo stile con cui l’autore racconta tutto questo è svelto, secco, uno specchio del carattere deciso del protagonista; le continue incursioni nel dialetto siciliano, oltre che essere spesso non facili da capire, fanno fatica a integrarsi col testo: se il loro scopo è quello di veicolare la sicilianità del contesto facendo entrare il lettore nel mondo del protagonista, falliscono perché risultano un po’ forzate, e l’impressione è che siano state inserite come prova tangibile delle origini del personaggio.
Sbirritudine è un libro da leggere sicuramente per la rilevanza dei fatti narrati (veri, tra l’altro), per non perdere mai la consapevolezza, per non abbassare la guardia. Tuttavia a emergere più di tutto e a costituire la cifra del romanzo è l’inquietudine del protagonista, la sua solitudine, la sua amarezza. Le sue vicende si seguono con preoccupazione e partecipazione, ma è difficile entrare in contatto con il suo lato umano, forse perché il suo ruolo e la sua sbirritudine sono così prevalenti da fagocitare da sole tutta la sua personalità e diventarne l’unica essenza. Probabilmente questo contribuisce anche a rendere la narrazione un po’ monocorde, e la lettura ne risulta poco scorrevole e a tratti faticosa.
L'AUTORE
GIORGIO GLAVIANO (1975), siciliano, vive e lavora a Roma come sceneggiatore.
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