Titolo: La valle delle bambole
Autore: Jacqueline Susann
Editore: Sonzogno
Pagine: 528
Anno di pubblicazione: 2016
Prezzo copertina: 19,00 €
Recensione a cura di Eleonora Cocola
New York, 1945. Tre giovanissime donne si trovano coinvolte in un destino comune, che le porta a trasferirsi nella Grande Mela dalla provincia Americana e a fare carriera nel mondo dello spettacolo negli anni che seguirono la Seconda Guerra Mondiale. Anne, che non vede l’ora di scappare dal paesino del New England in cui è nata e cresciuta per rendersi indipendente, si ritrova a lavorare in un’agenzia che si occupa delle stelle dello spettacolo; la talentuosa Neely vuole diventare una stella dei
musical; Jennifer, abituata ad utilizzare la sua bellezza strepitosa per ottenere ciò che vuole, in fondo desidera solo trovare l’amore e mettere su famiglia. Ciò che le accomuna non è soltanto l’ambizione, ma anche una certa vena autodistruttiva, un po’ indotta da uno star system spietato e un po’ insita nella loro natura: tutte e tre finiscono in un modo o nell’altro per rendersi schiave delle cosiddette “bambole” citate nel titolo, le pasticche multicolori che aiutano a dormire, a riprendersi, a tornare in forma prima di una messa in scena, o, all’occorrenza, a non pensare e a tirare avanti.
Questo romanzo fu pubblicato per la prima volta nel 1966 e fece subito scalpore: per la prima volta temi come il sesso, l’emancipazione femminile, l’aborto, l’omosessualità, l’adulterio, il mondo delle droghe e così via venivano trattati liberamente, senza peli sulla lingua, mettendo letteralmente sotto i riflettori i meccanismi più malati e distruttivi dello star-system. Seguendo le vicende di Anne, Neely e Jennifer nell’arco di vent’anni, non possono non venire in mente figure a loro coetanee come Marylin Monroe (o, per stare in tempi più recenti, Amy Winehouse), in cui bellezza e talento si accompagnarono a una inesorabile vena autodistruttiva.
Al giorno d’oggi questi non sono certo dei tabù, ma fra i temi trattati ne La valle delle bambole ci sono dei sempreverdi che lo slegano dalle circostanze spazio-temporali in cui è ambientato e lo rendono una lettura godibile e interessante anche oggi: l’ossessione per la bellezza e la giovinezza, l’ansia di contrastare il tempo che fugge, la ricerca dell’autorealizzazione attraverso il successo sul lavoro, l'amicizia tra donne, i sentimenti. Invece è proprio quando l’autrice si concentra troppo sulle circostanze particolari, ad esempio perdendosi in tecnicismi e lungaggini sul mondo dello spettacolo e sulle questioni legali e burocratiche che regolavano i contratti degli attori, che il ritmo della narrazione rallenta e la lettura si appesantisce. Per il resto, la scorrevolezza resta il punto forte del romanzo, la cui trama prosegue in maniera incalzante modalità serie tv – non per niente ne furono tratti un film e una miniserie per la televisione.
Non è così immediata l’empatia con le tre protagoniste, forse perché sono un po’ troppo distanti dalla normalità e fortemente complessate, forse perché l’autrice si è concentrata maggiormente sulla trama e meno sul “far vivere” i personaggi. Forse sotto questo punto di vista la più interessante è Jennifer, che nutre il forte desiderio di trovare qualcuno che sappia vedere oltre il suo corpo splendido e innamorarsi della sua anima.
L'AUTRICE
Jacqueline Susann (1918-1974) era originaria di Philadelphia. A diciott'anni si trasferì a New York, dove lavorò come attrice e, per ben quattro volte, fu premiata come la "Donna più elegante della televisione". Ma fu il successo dei suoi tre romanzi, tutti bestseller mondiali - La valle delle bambole (1966), La macchina dell'amore (1969) e Una volta non basta (1973) -, a trasformarla nella leggenda che ancora oggi si ricorda. Sposò il produttore Irving Mansfield. Da La valle delle bambole, il suo libro più famoso, ristampato diverse volte anche in Italia, sono stati tratti un film e una serie televisiva.
PUOI ACQUISTARE IL LIBRO QUI
Autore: Jacqueline Susann
Editore: Sonzogno
Pagine: 528
Anno di pubblicazione: 2016
Prezzo copertina: 19,00 €
Recensione a cura di Eleonora Cocola
New York, 1945. Tre giovanissime donne si trovano coinvolte in un destino comune, che le porta a trasferirsi nella Grande Mela dalla provincia Americana e a fare carriera nel mondo dello spettacolo negli anni che seguirono la Seconda Guerra Mondiale. Anne, che non vede l’ora di scappare dal paesino del New England in cui è nata e cresciuta per rendersi indipendente, si ritrova a lavorare in un’agenzia che si occupa delle stelle dello spettacolo; la talentuosa Neely vuole diventare una stella dei
musical; Jennifer, abituata ad utilizzare la sua bellezza strepitosa per ottenere ciò che vuole, in fondo desidera solo trovare l’amore e mettere su famiglia. Ciò che le accomuna non è soltanto l’ambizione, ma anche una certa vena autodistruttiva, un po’ indotta da uno star system spietato e un po’ insita nella loro natura: tutte e tre finiscono in un modo o nell’altro per rendersi schiave delle cosiddette “bambole” citate nel titolo, le pasticche multicolori che aiutano a dormire, a riprendersi, a tornare in forma prima di una messa in scena, o, all’occorrenza, a non pensare e a tirare avanti.
Questo romanzo fu pubblicato per la prima volta nel 1966 e fece subito scalpore: per la prima volta temi come il sesso, l’emancipazione femminile, l’aborto, l’omosessualità, l’adulterio, il mondo delle droghe e così via venivano trattati liberamente, senza peli sulla lingua, mettendo letteralmente sotto i riflettori i meccanismi più malati e distruttivi dello star-system. Seguendo le vicende di Anne, Neely e Jennifer nell’arco di vent’anni, non possono non venire in mente figure a loro coetanee come Marylin Monroe (o, per stare in tempi più recenti, Amy Winehouse), in cui bellezza e talento si accompagnarono a una inesorabile vena autodistruttiva.
Al giorno d’oggi questi non sono certo dei tabù, ma fra i temi trattati ne La valle delle bambole ci sono dei sempreverdi che lo slegano dalle circostanze spazio-temporali in cui è ambientato e lo rendono una lettura godibile e interessante anche oggi: l’ossessione per la bellezza e la giovinezza, l’ansia di contrastare il tempo che fugge, la ricerca dell’autorealizzazione attraverso il successo sul lavoro, l'amicizia tra donne, i sentimenti. Invece è proprio quando l’autrice si concentra troppo sulle circostanze particolari, ad esempio perdendosi in tecnicismi e lungaggini sul mondo dello spettacolo e sulle questioni legali e burocratiche che regolavano i contratti degli attori, che il ritmo della narrazione rallenta e la lettura si appesantisce. Per il resto, la scorrevolezza resta il punto forte del romanzo, la cui trama prosegue in maniera incalzante modalità serie tv – non per niente ne furono tratti un film e una miniserie per la televisione.
Non è così immediata l’empatia con le tre protagoniste, forse perché sono un po’ troppo distanti dalla normalità e fortemente complessate, forse perché l’autrice si è concentrata maggiormente sulla trama e meno sul “far vivere” i personaggi. Forse sotto questo punto di vista la più interessante è Jennifer, che nutre il forte desiderio di trovare qualcuno che sappia vedere oltre il suo corpo splendido e innamorarsi della sua anima.
L'AUTRICE
Jacqueline Susann (1918-1974) era originaria di Philadelphia. A diciott'anni si trasferì a New York, dove lavorò come attrice e, per ben quattro volte, fu premiata come la "Donna più elegante della televisione". Ma fu il successo dei suoi tre romanzi, tutti bestseller mondiali - La valle delle bambole (1966), La macchina dell'amore (1969) e Una volta non basta (1973) -, a trasformarla nella leggenda che ancora oggi si ricorda. Sposò il produttore Irving Mansfield. Da La valle delle bambole, il suo libro più famoso, ristampato diverse volte anche in Italia, sono stati tratti un film e una serie televisiva.
Dal libro l'omonimo film del 1967 diretto da Mark Robson
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