Titolo: Belisario
Autore: Robert Graves
Editore: Longanesi
Pagine: 492
Anno di pubblicazione: 2017
Prezzo copertina: 22,00 €
Recensione a cura di Marika Bovenzi
“Belisario aveva sette anni quando la madre, vedova, gli disse che era giunto per lui il momento di lasciarla per qualche tempo, di separarsi dai domestici di casa e dalla tenuta di Tchermen in Tracia. Doveva frequentare la scuola di Adrianopoli, una città a qualche miglio di distanza dove sarebbe stato affidato alle cure del fratello di lei, il nobile Modesto […]” . Si apre così il romanzo storico di Robert Graves, acclamato autore novecentesco, noto per l’accuratezza dei suoi scritti e la minuzia con cui
riporta usi, costumi e ideologie culturali.
In Belisario, l’autore non si limita a riportarci vita, morte e miracoli di uno dei più grandi generali della storia, al contrario ci delinea con maestria il quadro storico di tutto il VI secolo d. C. (costellato da numerose guerre di conquista e di espansione); dello splendore e della ricchezza fiorente del regno di Giustiniano; delle arti suntuose che accompagnarono l’intera età dell’oro; del passaggio dalla cultura classica romana ad una vera e propria identità bizantina rafforzata dalla nascita di maestranze locali; ed infine, di un'imponente e sempre più famosa Costantinopoli.
Voce narrante delle vicende raccontate nel libro è Eugenio l’Eunuco, servo fedele di Antonina, danzatrice, amante e infine sposa di Belisario. Il narratore comincia dagli albori, dalla giovinezza di Belisario, in cui si dimostra sin da subito un bambino devoto e dalle straordinarie capacità. A dodici anni circa, lascia la madre e la sua casa per dirigersi verso Adrianopoli, dove per lui si aprirà una magnificente carriera; ben presto entra nella milizia bizantina giurando fedeltà all’imperatore Anastasio. Il culmine del suo patriottismo e della sua ascesa ai vertici alti della società bizantina si ha sotto l’imperatore Giustiniano, quando per lui si ritroverà a sedare la rivolta di Nika, in cui le fazioni degli Azzurri e dei Verdi, contendendosi il primato nell’Ippodromo, diventano motivo di violenti faide; placare scontri religiosi in seno all’ortodossia cristiana; perseguire senza sosta politiche espansionistiche contro i Persiani; navigare verso il Nord Africa, divenuto dominio dei Vandali; marciare a capo dell’esercito bizantino nelle terre italiche contro i Goti e il loro nuovo re, Vitige.
Grandi furono gli onori e i lauti compensi ottenuti da Belisario, come grande fu la sua fama di condottiero duro e dall’animo nobile. Della sua vita privata invece, l’autore si concentra da un lato sul rapporto e sull’amore profondo e viscerale che Belisario prova per Antonina, attrice e danzatrice che conquista sin da subito il cuore del generale; dall’altro, sul dolore e sulla delusione scaturiti dal tradimento della moglie con il suo amante Teodosio. Nel capitolo finale, intitolato L’ultima ingratitudine, l'autore si concentra sulla fase conclusiva delle gesta di Belisario, sul rapporto spezzato con un imperatore ormai succube della moglie, e sulle sue false ingiurie subite, dettate dalla paura di morire e non sopravvivere all’uomo che aveva conquistato il potere e l’affetto del suo regno.
Lo stile è poetico ed elegante; il linguaggio fluente e armonioso. Robert Graves offre al lettore un romanzo in perfetto equilibrio tra storia e finzione: laddove i resoconti storici utilizzati -provenienti da Procopio di Cesarea ed Agatia- sono frammentari, l’autore integra le lacune con fantasia e invenzione, creando una realtà storica verosimile. In tal senso, avendo studiato la figura di Belisario (tutte le vicende in cui è coinvolto, il contesto storico e sociale, la corte in cui si ritrova a vivere), non posso che elogiare il lavoro di Graves, che grazie alla precisione e all’utilizzo di fonti storiche antiche restituisce al lettore una vera e propria cronaca bizantina, tipica degli autori dell’epoca. Un ulteriore plauso va alla casa editrice Longanesi per la scela di una copertina particolarmente evocativa, rappresentante il mosaico della lotta tra aquila e serpente conservato al Museo del mosaico di Istanbul.
Un piccolo capolavoro che vanta l'accuratezza della biografia e la scorrevolezza tipica del romanzo storico. Da non perdere per gli appassionati del genere!
L'AUTORE
ROBERT GRAVES nacque a Londra nel 1895, figlio dello scrittore irlandese Alfred Perceval Graves e di madre tedesca. Dopo gli studi compiuti a Oxford, combatté in Francia durante la prima guerra mondiale; esperienza, questa, rievocata nelle prime raccolte di versi. Finita la guerra, insegnò letteratura inglese a Oxford e, per breve tempo, in Egitto. Nel 1927 si trasferì a Maiorca, dove, salvo una breve parentesi, rimase sino alla morte, avvenuta nel 1985. Scrittore molto prolifico, pubblicò una quindicina di raccolte poetiche, numerosi romanzi e una mole notevole di saggi. La sua fama è legata soprattutto a importanti studi sulla mitologia: La dea bianca (1947), I miti greci (1955) e, in collaborazione con Raphael Patai, I miti ebraici (1963); e a una serie di romanzi storici dedicati alla classicità: Io, Claudio (1934), Il divo Claudio (1934), Belisario (1938), Io, Gesù (1946) e La figlia di Omero (1955).
Autore: Robert Graves
Editore: Longanesi
Pagine: 492
Anno di pubblicazione: 2017
Prezzo copertina: 22,00 €
Recensione a cura di Marika Bovenzi
“Belisario aveva sette anni quando la madre, vedova, gli disse che era giunto per lui il momento di lasciarla per qualche tempo, di separarsi dai domestici di casa e dalla tenuta di Tchermen in Tracia. Doveva frequentare la scuola di Adrianopoli, una città a qualche miglio di distanza dove sarebbe stato affidato alle cure del fratello di lei, il nobile Modesto […]” . Si apre così il romanzo storico di Robert Graves, acclamato autore novecentesco, noto per l’accuratezza dei suoi scritti e la minuzia con cui
riporta usi, costumi e ideologie culturali.
In Belisario, l’autore non si limita a riportarci vita, morte e miracoli di uno dei più grandi generali della storia, al contrario ci delinea con maestria il quadro storico di tutto il VI secolo d. C. (costellato da numerose guerre di conquista e di espansione); dello splendore e della ricchezza fiorente del regno di Giustiniano; delle arti suntuose che accompagnarono l’intera età dell’oro; del passaggio dalla cultura classica romana ad una vera e propria identità bizantina rafforzata dalla nascita di maestranze locali; ed infine, di un'imponente e sempre più famosa Costantinopoli.
Voce narrante delle vicende raccontate nel libro è Eugenio l’Eunuco, servo fedele di Antonina, danzatrice, amante e infine sposa di Belisario. Il narratore comincia dagli albori, dalla giovinezza di Belisario, in cui si dimostra sin da subito un bambino devoto e dalle straordinarie capacità. A dodici anni circa, lascia la madre e la sua casa per dirigersi verso Adrianopoli, dove per lui si aprirà una magnificente carriera; ben presto entra nella milizia bizantina giurando fedeltà all’imperatore Anastasio. Il culmine del suo patriottismo e della sua ascesa ai vertici alti della società bizantina si ha sotto l’imperatore Giustiniano, quando per lui si ritroverà a sedare la rivolta di Nika, in cui le fazioni degli Azzurri e dei Verdi, contendendosi il primato nell’Ippodromo, diventano motivo di violenti faide; placare scontri religiosi in seno all’ortodossia cristiana; perseguire senza sosta politiche espansionistiche contro i Persiani; navigare verso il Nord Africa, divenuto dominio dei Vandali; marciare a capo dell’esercito bizantino nelle terre italiche contro i Goti e il loro nuovo re, Vitige.
Grandi furono gli onori e i lauti compensi ottenuti da Belisario, come grande fu la sua fama di condottiero duro e dall’animo nobile. Della sua vita privata invece, l’autore si concentra da un lato sul rapporto e sull’amore profondo e viscerale che Belisario prova per Antonina, attrice e danzatrice che conquista sin da subito il cuore del generale; dall’altro, sul dolore e sulla delusione scaturiti dal tradimento della moglie con il suo amante Teodosio. Nel capitolo finale, intitolato L’ultima ingratitudine, l'autore si concentra sulla fase conclusiva delle gesta di Belisario, sul rapporto spezzato con un imperatore ormai succube della moglie, e sulle sue false ingiurie subite, dettate dalla paura di morire e non sopravvivere all’uomo che aveva conquistato il potere e l’affetto del suo regno.
Lo stile è poetico ed elegante; il linguaggio fluente e armonioso. Robert Graves offre al lettore un romanzo in perfetto equilibrio tra storia e finzione: laddove i resoconti storici utilizzati -provenienti da Procopio di Cesarea ed Agatia- sono frammentari, l’autore integra le lacune con fantasia e invenzione, creando una realtà storica verosimile. In tal senso, avendo studiato la figura di Belisario (tutte le vicende in cui è coinvolto, il contesto storico e sociale, la corte in cui si ritrova a vivere), non posso che elogiare il lavoro di Graves, che grazie alla precisione e all’utilizzo di fonti storiche antiche restituisce al lettore una vera e propria cronaca bizantina, tipica degli autori dell’epoca. Un ulteriore plauso va alla casa editrice Longanesi per la scela di una copertina particolarmente evocativa, rappresentante il mosaico della lotta tra aquila e serpente conservato al Museo del mosaico di Istanbul.
Un piccolo capolavoro che vanta l'accuratezza della biografia e la scorrevolezza tipica del romanzo storico. Da non perdere per gli appassionati del genere!
L'AUTORE
ROBERT GRAVES nacque a Londra nel 1895, figlio dello scrittore irlandese Alfred Perceval Graves e di madre tedesca. Dopo gli studi compiuti a Oxford, combatté in Francia durante la prima guerra mondiale; esperienza, questa, rievocata nelle prime raccolte di versi. Finita la guerra, insegnò letteratura inglese a Oxford e, per breve tempo, in Egitto. Nel 1927 si trasferì a Maiorca, dove, salvo una breve parentesi, rimase sino alla morte, avvenuta nel 1985. Scrittore molto prolifico, pubblicò una quindicina di raccolte poetiche, numerosi romanzi e una mole notevole di saggi. La sua fama è legata soprattutto a importanti studi sulla mitologia: La dea bianca (1947), I miti greci (1955) e, in collaborazione con Raphael Patai, I miti ebraici (1963); e a una serie di romanzi storici dedicati alla classicità: Io, Claudio (1934), Il divo Claudio (1934), Belisario (1938), Io, Gesù (1946) e La figlia di Omero (1955).
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