In scena
diversamente insieme
progetto a cura del Teatro Quirino e della Fondazione Roma Arte-Musei
in
collaborazione con la Ribalta-Centro Studi EnricoMariaSalerno
III
edizione -2012
28 settembre 2012 ore 20.45 (ingresso libero fino ad esaurimento posti)
Exodus
ideazione e regia Laura
Andreini Salerno e Valentina Esposito
drammaturgia Valentina
Esposito
con i detenuti attori della Compagnia della
Sezione G8 del C.C. di Rebibbia N.C.
Fabio Albanesi Paolo Artipoli Giuseppe
Borzacchiello Piero Proietti Caterinozzi Christian Cavorso Marco Dell’Unto
Vincenzo Di Letizia Giovanni D’Ursi
Roberto Fiorini Roberto Fois Emanuele
Gemito Giacomo Gesù Toma Iovanovic Tommaso Marsella Michele Minicozzi Romolo Napolitano Emiliano
Piergallini Giancarlo Porcacchia
e con
la partecipazione di Fabio Rizzuto
costumi Paola Pischedda
luci
Raffaelle Vitiello
laboratorio scenotecnico Enzo Grossi
grafica
Alessandro De Nino
foto Livia
Cannella
organizzazione Fabio Cavalli
La collaborazione con il Teatro Quirino prosegue
dopo due anni di successi di pubblico e critica che hanno accompagnato il
debutto dello spettacolo Viaggio
all’isola di Sakhalin, nel maggio 2010, e di La leggenda di Fitzcarraldo,
nel settembre 2011, entrambi per la drammaturgia e regia di Laura Andreini
Salerno e Valentina Esposito. Gli eventi sono straordinari, in quanto prevedono
la presenza sul prestigioso palcoscenico di trenta attori di lunga pena che
recitano per la prima volta in un teatro “libero” fuori dalle mura del carcere, alla presenza di migliaia di spettatori. Il
successo conseguito è frutto della perfetta collaborazione fra diverse
Istituzioni pubbliche e private. Occorre senza dubbio citare il Dipartimento
dell’Amministrazione Penitenziaria, la Direzione di Rebibbia N.C., il Comando
della Polizia Penitenziaria e la Magistratura di Sorveglianza che presiedono
alla delicatissima organizzazione logistica degli eventi.
Il 28 settembre 2012 il Centro Studi Enrico Maria
Salerno debutterà con il nuovo spettacolo che coinvolgerà la stessa compagnia
di detenuti-attori.
Exodus è la vicenda fantastica di un popolo in cammino,
la storia dell’eterno peregrinare dell’uomo alla ricerca del senso della
propria vita. La metafora usata è quella del Circo, sempre in movimento e pure
prigioniero di eterni cliché, ruoli, maschere. Centrale è il tema della
nostalgia per un passato in oblio e, quindi, il tema della memoria.
Gli
artisti che animano questo Circo smarrito, nel loro girovagare hanno perduto
anche il loro “libro sacro”, quel libro che raccoglieva la descrizione dei
numeri di bravura, i segreti delle tecniche per incantare, illudere,
affascinare, emozionare e far ridere il pubblico. La chiave del successo è
stata dimenticata. Ed ecco dunque questa compagine di saltimbanchi alla
tragicomica ricerca della propria identità perduta.
Lo
smarrimento delle maschere è dunque lo smarrimento degli uomini detenuti il cui
lungo viaggio all’interno del “circuito penitenziario” (recinto/gabbia –
tenda/abito a strisce) è necessitato
dalla speranza di libertà. Una storia sull’evoluzione e la memoria delle
origini, l’esistenza “prima della caduta”, la possibilità di una vita da
ritrovare.
Teatro e Carcere
A REBIBBIA N.C. – ROMA
Il
penitenziario romano di Rebibbia Nuovo Complesso è considerato uno degli esempi
di come l’Istituzione carceraria possa concretamente intraprendere la via della
rieducazione e reinserimento sociale e lavorativo dei cittadini reclusi.
Rebibbia N.C. è davvero in grado di
offrire a chi voglia cogliere la propria “seconda opportunità”, percorsi di
studio, formazione, lavoro ed esperienza dell’arte.
La punta di diamante della proposta di
reinserimento per i reclusi è costituita dall’arte teatrale: dal 2002 il Centro
Studi Enrico Maria Salerno, in accordo con la Direzione del penitenziario ed il
Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, ha assunto la responsabilità
delle attività teatrali e formative presso il carcere. I detenuti-attori
coinvolti nei Laboratori sono oltre 100. Sono stati prodotti 8 spettacoli (Shakespeare,
Dante, Cechov, Giordano Bruno, Eduardo…) con oltre 50 repliche per un totale di
22.000 spettatori. La sala, regolarmente
aperta al pubblico della città, è dotata di una platea di quattrocento posti e
di un palcoscenico ampio e perfettamente attrezzato.
Condividono la direzione delle attività Laura
Andreini Salerno, Fabio Cavalli e Valentina Esposito.
Il successo del progetto è stato pienamente
coronato nella scorsa primavera, con l’ingresso della troupe dei Fratelli Paolo
e Vittorio Taviani che hanno narrato per il cinema – attraverso mesi di riprese
nelle celle e nei corridoi delle Sezioni, l’avventura di portare il Giulio Cesare di Shakespeare, con un
cast di soli detenuti-attori, al debutto sul palcoscenico del carcere, sotto la
guida di Fabio Cavalli. “Cesare deve morire” ha vinto l’Orso D’Oro al Festival
Internazionale del Cinema di Berlino – 62° Edizione ed è stato premiato con 5
David di Donatello, tra i quali il Premio come Miglior Film dell’anno. Di
questi giorni è il riconoscimento Nastro d’Argento dell’anno 2012.
PERCHE’ IL TEATRO IN CARCERE
Esiste un’ampia pubblicistica sulla funzione del
teatro all’interno del mondo carcerario. Non se ne ripercorrerà qui la storia
(che parte dall’impegno di Sara Bernhardt a S. Quintino nel 1912, passando per
Beckett fra il ’50 e il ‘60, Eduardo, Enrico Maria Salerno, Pasolini… per
arrivare alle esperienze contemporanee di Volterra, Milano, Saluzzo, Palermo…).
Ci limiteremo a puntualizzare il tema centrale dell’esperienza artistica come
fulcro della riflessione e ripensamento sulle proprie scelte da parte dei
cittadini detenuti. Il Teatro offre ai detenuti l’opportunità di incontrare sul
piano emotivo, intellettuale, spirituale un ampio ventaglio di possibili
sguardi sul mondo. Il Teatro concorre a fornire strumenti nuovi nell’interpretazione
della propria esperienza di vita. Ciò grazie ad una pratica artistica che
attinge alle parole altissime dei poeti per trasferirne il senso nella concreta
vita di palcoscenico. Poesia incarnata. Ecco allora che tramite le prove dei
tragici greci, di Dante, Shakespeare, Molière, Leopardi, Eduardo, Beckett … il
senso del nostro essere nel mondo, delle relazioni con gli altri e con la
Comunità, si può trasfigurare. Il linguaggio si arricchisce fino a rinominare
le cose e le loro relazioni. Così si dischiude un mondo nuovo, o, almeno, una
sua nuova opportunità.