Recensioni: In Trance (2013); Starbuck - 533 figli e non saperlo (2012); Royal Affair (2012); Una canzone per Marion (2012)
Simon (James McAvoy) lavora come curatore presso una casa d'aste. Quando viene venduto un famoso quadro di Goya, l'uomo decide di organizzare un colpo insieme ad una banda di rapinatori. Tuttavia durante la rapina, per simulare una resistenza, Simon viene colpito alla testa e perde la memoria. Quando Franck (Vincent Cassell), il capo della banda, scopre che Simon ha provato a fregarli nascondendo il quadro, decide di farlo torturare, senza sortire effetti. Per questo si rivolge ad un'ipnoterapista, Elizabeth (Rosario Dawson), per esaminare i recessi più intimi della sua psiche. E mentre la donna scava nell'inconscio di Simon, i confini tra realtà e suggestioni ipnotiche diventano sempre più labili, fino a sparire del tutto.
In trance è un thriller molto interessante che gioca con la psiche e i suoi complessi meccanismi, tra realtà e subconscio.
Danny Boyle, regista di Trainspotting, The Beach, 28 giorni dopo, 127 ore, torna alle origini con un thriller psicologico imprevedibile e denso di colpi di scena che a livello tematico, oltre alle alterazioni degli stati mentali, propone un "riscatto al femminile"; la parabola di una donna che da vittima si trasforma in carnefice. E proprio quest'ultimo aspetto sembra quello più riuscito, grazie all'ottima prova della bellissima Rosario Dawson, che ammalia e confonde le menti dei due protagonisti. Al contrario l'ipnosi è fin troppo semplicistica per risultare reale, credibile. Boyle tuttavia riesce a creare la giusta tensione e tiene incollato lo spettatore fino all'epilogo. Inoltre la buona prova del cast contribuisce a rendere la visione piacevole. Un film consigliato principalmente agli appassionati del genere!
All'età di 42 anni, David Wozniak (Patrick Huard) vive come un adolescente incapace di assumersi delle responsabilità. Dopo essersi messo nei guai per non riuscire a far fronte ad un debito e aver scoperto che Valerie (Julie LeBreton), la ragazza con la quale intrattiene una relazione complicata, è incinta, David diventa protagonista di una vicenda grottesca: scopre infatti di essere il padre di 533 figli, a causa delle numerose donazioni di sperma fatte in gioventù con lo pseudonimo di Starbuck. Per questo è costretto a intraprendere una causa per mantenere il proprio anonimato, affidata all'amico di sempre (Antoine Bertrand). Ma nel frattempo, non resistendo alla curiosità di vedere i propri figli, David decide di pedinare e aiutare alcuni di loro. Sarà l'inizio di un profondo cambiamento...
Starbuck è una commedia leggera e divertente che, tuttavia, riesce anche a far riflettere. La parabola di David è quella di un eterno Peter Pan che con la paternità scopre il gusto di prendersi cura degli altri, di diventare "l'angelo custode" dei propri figli. Ed è proprio nel passaggio dall'egoismo, tipico dell'adolescenza, all'altruismo che si nasconde la chiave della maturità, come scoprirà lo stesso David, incapace di continuare a mentire agli altri e a se stesso. Un film basato principalmente sull'ottima interpretazione di Patrick Huard, giusto sia nei momenti comici (soprattutto nei duetti con Antoine Bertrand), che in quelli più drammatici e sentimentali. Una commedia in grado di far ridere e riflettere. Consigliata per passare una serata piacevole.
Danimarca 1766. Carolina Matilde (Alicia Vikander), figlia del Principe del Galles, viene mandata in sposa all'età di quindici anni al re Cristiano VII di Danimarca (Mikkel Boe Følsgaard), affetto da disturbi psichici. Quest'ultimo, puttaniere incallito, preferisce la compagnia delle cortigiane a quella della moglie Carolina, sempre più infelice. Tutto questo fino a quando a palazzo non arriva il medico tedesco Johann Friedrich Struensee (Mads Mikkelsen), che prima riesce a conquistare la fiducia del re e poi si innamora, ricambiato, della regina. Intellettuale e illuminista convinto, Struensee riuscirà ad ottenere le redini del governo e, insieme con la regina Carolina, proverà a cambiare e modernizzare la Danimarca. Tuttavia dopo la nascita di Luisa Augusta, la figlia del peccato, Struensee sarà arrestato e decapitato, mentre la regina verrà mandata in esilio.
Royal Affair, meritatamente candidato agli Oscar 2012 come miglior film straniero, racconta un pagina storica importante della vita politica e sociale della Danimarca, che tutti noi oggi ammiriamo come Paese moderno e all'avanguardia. In tal senso Struensee e Carolina Matilde possono essere considerati dei pionieri di questa modernità, riconoscendo ad essi il merito di aver concretamente introdotto gli ideali illuministi in una realtà retrogada e medievale come la Danimarca del XVIII secolo. Nel film l'eleganza registica di Nikolaj Arcel si sposa con la straordinaria interpretazione dei tre attori protagonisti, che danno vita a personaggi indimenticabili. Un film che convince sotto tutti i punti di vista, assolutamente da non perdere!
Arthur (Terence Stamp) e Marion (Vanessa Redgrave) sono una coppia felice, nonostante i caratteri diversi; Marion è positiva e socievole, mentre Arthur è burbero e solitario. Un carattere che lo porta spesso a scontrarsi con il figlio James (Christopher Eccleston), con il quale non è mai riuscito ad instaurare un legame. Marion, malata terminale di cancro, ama cantare nel coro degli anziani, guidato dalla giovane Elizabeth (Gemma Arterton), ma Arthur, arrabbiato con il mondo intero, non sembra comprendere l'entusiasmo della moglie. Quando Marion muore, tuttavia, Arthur finisce per ritrovarsi solo e piano piano, grazie all'aiuto di Elizabeth, riscopre la passione per il canto...
Una canzone per Marion è un film prevedibile che tuttavia, grazie all'intensa prova di Terence Stamp e Vanessa Redgrave, riesce ad emozionare lo spettatore. Il film è uno spaccato credibile della vita di una coppia della terza età e dei suoi relativi problemi (la malattia; i figli poco presenti; le attività ricreative; ecc). In questo scenario si inserisce il canto che diventa il mezzo attraverso cui esprimere le proprie emozioni. La passione, quindi, che permette di sentirsi ancora vivi e felici, nonostante tutto. Ma il film rappresenta anche la metamorfosi di un uomo che scopre, forse troppo tardi, il bisogno di socialità, costretto a fare i conti con la vera solitudine. Un film non adatto a tutti, consigliato principalmente a chi sa apprezzare le storie sulla terza età.
In trance è un thriller molto interessante che gioca con la psiche e i suoi complessi meccanismi, tra realtà e subconscio.
Danny Boyle, regista di Trainspotting, The Beach, 28 giorni dopo, 127 ore, torna alle origini con un thriller psicologico imprevedibile e denso di colpi di scena che a livello tematico, oltre alle alterazioni degli stati mentali, propone un "riscatto al femminile"; la parabola di una donna che da vittima si trasforma in carnefice. E proprio quest'ultimo aspetto sembra quello più riuscito, grazie all'ottima prova della bellissima Rosario Dawson, che ammalia e confonde le menti dei due protagonisti. Al contrario l'ipnosi è fin troppo semplicistica per risultare reale, credibile. Boyle tuttavia riesce a creare la giusta tensione e tiene incollato lo spettatore fino all'epilogo. Inoltre la buona prova del cast contribuisce a rendere la visione piacevole. Un film consigliato principalmente agli appassionati del genere!
All'età di 42 anni, David Wozniak (Patrick Huard) vive come un adolescente incapace di assumersi delle responsabilità. Dopo essersi messo nei guai per non riuscire a far fronte ad un debito e aver scoperto che Valerie (Julie LeBreton), la ragazza con la quale intrattiene una relazione complicata, è incinta, David diventa protagonista di una vicenda grottesca: scopre infatti di essere il padre di 533 figli, a causa delle numerose donazioni di sperma fatte in gioventù con lo pseudonimo di Starbuck. Per questo è costretto a intraprendere una causa per mantenere il proprio anonimato, affidata all'amico di sempre (Antoine Bertrand). Ma nel frattempo, non resistendo alla curiosità di vedere i propri figli, David decide di pedinare e aiutare alcuni di loro. Sarà l'inizio di un profondo cambiamento...
Starbuck è una commedia leggera e divertente che, tuttavia, riesce anche a far riflettere. La parabola di David è quella di un eterno Peter Pan che con la paternità scopre il gusto di prendersi cura degli altri, di diventare "l'angelo custode" dei propri figli. Ed è proprio nel passaggio dall'egoismo, tipico dell'adolescenza, all'altruismo che si nasconde la chiave della maturità, come scoprirà lo stesso David, incapace di continuare a mentire agli altri e a se stesso. Un film basato principalmente sull'ottima interpretazione di Patrick Huard, giusto sia nei momenti comici (soprattutto nei duetti con Antoine Bertrand), che in quelli più drammatici e sentimentali. Una commedia in grado di far ridere e riflettere. Consigliata per passare una serata piacevole.
Danimarca 1766. Carolina Matilde (Alicia Vikander), figlia del Principe del Galles, viene mandata in sposa all'età di quindici anni al re Cristiano VII di Danimarca (Mikkel Boe Følsgaard), affetto da disturbi psichici. Quest'ultimo, puttaniere incallito, preferisce la compagnia delle cortigiane a quella della moglie Carolina, sempre più infelice. Tutto questo fino a quando a palazzo non arriva il medico tedesco Johann Friedrich Struensee (Mads Mikkelsen), che prima riesce a conquistare la fiducia del re e poi si innamora, ricambiato, della regina. Intellettuale e illuminista convinto, Struensee riuscirà ad ottenere le redini del governo e, insieme con la regina Carolina, proverà a cambiare e modernizzare la Danimarca. Tuttavia dopo la nascita di Luisa Augusta, la figlia del peccato, Struensee sarà arrestato e decapitato, mentre la regina verrà mandata in esilio.
Royal Affair, meritatamente candidato agli Oscar 2012 come miglior film straniero, racconta un pagina storica importante della vita politica e sociale della Danimarca, che tutti noi oggi ammiriamo come Paese moderno e all'avanguardia. In tal senso Struensee e Carolina Matilde possono essere considerati dei pionieri di questa modernità, riconoscendo ad essi il merito di aver concretamente introdotto gli ideali illuministi in una realtà retrogada e medievale come la Danimarca del XVIII secolo. Nel film l'eleganza registica di Nikolaj Arcel si sposa con la straordinaria interpretazione dei tre attori protagonisti, che danno vita a personaggi indimenticabili. Un film che convince sotto tutti i punti di vista, assolutamente da non perdere!
Arthur (Terence Stamp) e Marion (Vanessa Redgrave) sono una coppia felice, nonostante i caratteri diversi; Marion è positiva e socievole, mentre Arthur è burbero e solitario. Un carattere che lo porta spesso a scontrarsi con il figlio James (Christopher Eccleston), con il quale non è mai riuscito ad instaurare un legame. Marion, malata terminale di cancro, ama cantare nel coro degli anziani, guidato dalla giovane Elizabeth (Gemma Arterton), ma Arthur, arrabbiato con il mondo intero, non sembra comprendere l'entusiasmo della moglie. Quando Marion muore, tuttavia, Arthur finisce per ritrovarsi solo e piano piano, grazie all'aiuto di Elizabeth, riscopre la passione per il canto...
Una canzone per Marion è un film prevedibile che tuttavia, grazie all'intensa prova di Terence Stamp e Vanessa Redgrave, riesce ad emozionare lo spettatore. Il film è uno spaccato credibile della vita di una coppia della terza età e dei suoi relativi problemi (la malattia; i figli poco presenti; le attività ricreative; ecc). In questo scenario si inserisce il canto che diventa il mezzo attraverso cui esprimere le proprie emozioni. La passione, quindi, che permette di sentirsi ancora vivi e felici, nonostante tutto. Ma il film rappresenta anche la metamorfosi di un uomo che scopre, forse troppo tardi, il bisogno di socialità, costretto a fare i conti con la vera solitudine. Un film non adatto a tutti, consigliato principalmente a chi sa apprezzare le storie sulla terza età.