La recensione di "Michelangelo - Infinito", al cinema dal 27 settembre al 3 ottobre

Recensione a cura di Mario Turco

Dopo il successo di “Caravaggio- L’anima e il sangue”, capace a febbraio di richiamare al cinema in soli tre giorni di programmazione 130 mila spettatori per un incasso di un milione e 200 mila euro, Sky Arte rilancia con ancor più ambizione il tentativo di creare un nuovo genere che si situa a metà tra il classico documentario artistico e la narrazione finzionale sul nostro affollatissimo Pantheon fatto con alcune spruzzate di biopic. Prendendo spunto dall’ambizione del protagonista del film ecco allora giungere nelle sale in ben 300 copie distribuite da Lucky Red per l’intera settimana che va dal 27 settembre al 3 ottobre (per poi terminare il suo percorso multimediale con il passaggio in tv) “Michelangelo Infinito”, diretto da Emanuele Imbucci con Enrico Lo Verso e Ivano Marescotti nei panni rispettivamente di Michelangelo e Giorgio Vasari, celebre storico dell’arte suo contemporaneo che per primo ne capì la grandezza celebrandola nel fondamentale libro “Le
vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori”. 

Impressionanti i numeri tecnici dell’opera: il film ha richiesto quasi 2 anni di lavoro, 8 mesi di pre-produzione, 2 mesi di riprese, 10 mesi di post produzione e 200 persone coinvolte per oltre 70 ore di girato. Anche la scenografia celebra il titanismo del Buonarroti ambientando quasi tutta la parte inerente gli autentici pensieri del genio fiorentino trascritti in Lettere e Rime recentemente ritrovati (e recitati da un Enrico Lo Verso fin troppo timido nell’approccio al personaggio) nell’attuale Calacata Borghini, la cava di Carrara dove era presente “il marmo più bello del mondo” dalle nivee pareti che “cambiavano colore assecondando la luce del sole”. Il limite di “Michelangelo Infinito”, già rintracciabile nel precedente film su Caravaggio ma che qui emerge con ancor più chiarezza per l’assenza di spunti originali in questa direzione, è proprio in questa travisata esigenza di spettacolarizzare l’altrimenti piatta sezione documentaristica. Eliminare del tutto l’intervento di storici e critici dell’arte per far sì che siano gli attori stessi a recitare le parti accademiche pone un velo di distanza che invece di avvicinarci all’autore del David ce ne allontana. Ivano Marescotti interpreta il ruolo del Vasari e rende inevitabilmente teatrali le reali considerazioni sul ruolo del suo contemporaneo nella storia del Rinascimento. Così come inutilmente enfatici risultano i gesti di Enrico Lo Verso, chiamato a restituire la malinconia del personaggio in poche battute forzatamente inserite a chiusura di ogni spezzone. L’ora e mezza di durata, spiace scriverlo, sembra il massimo che si possa concedere a questa sorta di “arte for dummies”. L’enorme produzione e la personalità di un genio inquieto come Michelangelo che fu davvero infinito nel cimento tipicamente rinascimentale di misurarsi in più campi, dalla scultura alla pittura al disegno (molto interessanti le riprese effettuate nel nascondiglio segreto al di sotto della Sagrestia Nuova nella Basilica di San Lorenzo che il Buonarroti coprì di schizzi preparatori e sfoghi col carboncino) avrebbe invece meritato un’attenzione più da studiosi che da storytellers. 

La “Pietà” ripresa in 4K senza l’ostacolo della terribile teca che ne limita la visione nella Basilica di San Pietro o la ricostruzione in digitale, impresa mai tentata prima e dall’esito molto suggestivo, della ri-decorazione di Michelangelo della Cappella Sistina sull’originale parete d’altare rifatta da Marco Romano che ha re-immaginato i dipinti del Perugino, o ancora l’esauriente trattazione del Giudizio Universale fatta con carrellate estasianti, sono i veri punti d’attrazione del film che vengono invece spesso sbeccati dal sopraccitato intento affabulatorio. Montaggio e musiche altisonanti sono infatti spesso orpelli che confermano la tesi di Leon Battista Alberti che disse essere il bello quella condizione cui nulla si può aggiungere e nulla togliere senza pregiudizio dell’opera. L’infinita meraviglia che Michelangelo suscita risiede già nella sua opera.

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