Cenone, di Mike Papa
«Ho incontrato
Giulio, al supermercato. Abbiamo parlato un po'» disse Achille posando le
quattro sporte piene.
Sua moglie
Enza lo guardò perplessa: «E…?»
«L’ho visto
molto giù. Più del solito, intendo.»
«Non dirmi
che...»
«Ebbene sì,
confesso: l’ho invitato per domani sera.»
Enza fece un
gesto di stizza: «Lo sapevo! Ma vaff… Lo sai che non li digerisco, quelli come
lui!»
«Credevo ti
fosse passata.»
«Invece per
niente!»
«Mi ha fatto
pena. La moglie l’ha lasciato, al lavoro non lo cagano di striscio… il solito
sfigato, insomma.»
«E hai pensato
bene di farlo venire qui per festeggiare l’ultimo dell’anno! Sai che allegria!
Tutti quei flussi negativi… rovinano tutto.»
«Ok, non mi va
di litigare. Mi ha lasciato il numero, adesso lo chiamo e invento qualcosa
per...»
Enza si
addolcì: «Ma no, dai… me lo farò piacere.» Poi ebbe un ripensamento: «Ma… gli
altri? Sei sicuro che piacerà anche agli altri? Non vorrei proprio rovinare il
primo Capodanno che organizziamo noi. Lo sai che ci tengo a fare bella figura. Gli
anni scorsi sono stata così bene…»
«Be', oddio,
quello da Claudio non è stato poi un granché. Te lo ricordi?»
Lei sbottò in
una risata: «Potrei mai scordarmelo? Quella poverina di Ester era così
imbarazzata! E quando Luca ha vomitato?»
«La cavne eva
cvuda e il vino vosso tvoppo fovte!» disse lui, esagerando la erre moscia del
loro amico. Questo fece ridere ancora con più gusto Enza. Lui si rincuorò:
«Allora procediamo?»
«Ma sì!
L’importante è cucinare a dovere e lo sai che in questo...»
«Nessuno ti
batte!» Le si avvicinò e la baciò, passandole una mano sul seno abbondante.
«Non c’è
niente dentro quelle sporte da mettere in frigo?» chiese lei già eccitata.
«Niente che
non possa aspettare» rispose lui prendendola in braccio e dirigendosi verso la
camera da letto.
~~~
Prima di
suonare il campanello Giulio si pulì gli occhiali, aggiustò il fiocco rosso
sulla confezione di Chivas e sistemò il nodo della cravatta. Erano le quattro
di pomeriggio, presto per il cenone, ma l’invito era per quell’ora e quindi
così sia. Magari ai padroni di casa serviva una mano in cucina o per imbandire
la tavola. E lui l’avrebbe data volentieri, grato com’era ad Achille per
avergli evitato di passare la notte dell’ultimo dell’anno da solo, chiuso in
casa con l’unica compagnia della bottiglia di whisky a cui, ne era sicuro,
avrebbe attinto avidamente. E non gli interessava se l’invito fosse giunto dopo
il suo frignare infantile, dopo aver scaricato su Achille la sua frustrazione e
la sua incapacità. Dopo, diciamola tutta, aver fatto pena al suo
interlocutore.
Quando
finalmente si decise a suonare gli venne ad aprire Enza in tenuta da cuoca, che
lo salutò con gioia e lo fece accomodare, lo ringraziò per il regalo e gli fece
togliere il cappotto. Lui si guardò intorno e non vedendo nessun’altro domandò:
«Sono il primo?»
«Già. Ma anche
il secondo, l’antipasto...» sentì dire alla sua sinistra prima che Achille lo
stordisse con un colpo di martello.
Portarlo nello
scantinato non fu uno scherzo, aveva messo su qualche chilo di troppo, ma una
volta sistemato sul tavolo operatorio tutto filò alla perfezione. Achille era
bravo in quel campo e sezionò i tagli
migliori con scioltezza, mentre Enza, su in cucina, preparava sughi e salse
varie, mettendoci tutta la sua passione.
Ci teneva a
fare bella figura con i suoi amici.