Recensione: L'attualità del bello, di Hans-Georg Gadamer. Edizione italiana a cura di Riccardo Dottori

Titolo:
L'attualità del bello
Autore: Hans-Georg Gadamer
Editore: Marietti 1820
Pagine: 242
Anno di pubblicazione: 2021
Prezzo copertina: 22,00 €

Recensione a cura di Mario Turco

Non vi è forse nulla di più urgente al mondo che la riflessione estetica. Lungi dal voler assecondare forme epigrammatiche di provocazione, buone oramai soltanto per gli infiniti thread da social network, ci serviamo di questo scivolo aforistico per presentare l'importanza del libro “L'attualità del bello”, di Hans-Georg Gadamer edito da Marietti1820 grazie alla cura del compianto Riccardo Dottori che ne ha anche curato la traduzione dal francese insieme a Livio Bottani. Il libro è strutturato in quattro parti ben distinte che raccolgono una serie di saggi che prima e dopo la ricerca ermeneutica di “Verità e metodo” aprono un altro specifico campo di interesse di Gadamer, forse meno famoso ma altrettanto prolifico dal punto di vista speculativo. 

Questa selezione operata da Dottori è quindi molto importante perché, caso unico in Europa (anche prima della natia Germania), riunisce la stragrande maggioranza degli interventi di uno dei filosofi più importanti della seconda metà del secolo proprio in campo estetico. “L'attualità del bello” si apre con la puntuale introduzione operata dallo stesso Dottori che riassume i temi portanti ed allo stesso tempo spiega l'importanza di un concetto apparentemente secondario per la riflessione filosofica: “Il problema dell'attualità del bello è quindi il problema della legittimazione dell'arte: della legittimazione dell'arte in un'epoca della « religione della cultura » che ha tolto all'arte il suo antico carattere di servizio divino”. L’asse portante del libro, e che occupa non a caso l'intera prima parte, è costituito dall’omonimo saggio “L’attualità del bello”, dedicato al problema della legittimazione dell'arte nel mondo contemporaneo compiuto attraverso i temi del gioco, del simbolo e della festa. Qui Gadamer spiega come per lui qualunque pretesa dell'opera d'arte, anche quella concettuale del Novecento che si dichiara aliena da riferimenti al “bello naturale” individuato da Kant, di possedere in sé un'autonomia puramente formale che possa trascendere in qualunque modo l'orizzonte della significazione e del tramandamento storico-culturale sia una pura e semplice illusione. 


Per il filosofo tedesco ogni opera d'arte, anche per esempio quella cubista di Picasso, si situa all'interno di un discorso intellettualmente articolato, dato che inevitabilmente risente del gusto e dei canoni artistici che di volta in volta lo plasmano e lo determinano; solo che, a differenza di altri campi della produzione culturale o scientifica di un’epoca, non si rivolge né ad un interlocutore astratto né ad uno storicamente determinato, ma “dice qualcosa a qualcuno come se fosse detto in modo particolare a lui , come qualcosa di presente e di contemporaneo”. Questo privilegiamento della significatività storica porta così Gadamer a ribadire ancora una volta lo schema idealistico hegeliano che attribuisce alla letteratura, e soprattutto alla poesia, una sorta di primato spirituale sulle altre arti. Ma il filosofo, sia in questo primo saggio che in quelli della seconda e terza sezione, è più che altro interessato ad irrobustire l'idea che all’affermarsi di un ideale scientifico della conoscenza modellato sul metodo delle scienze naturali, non corrisponda necessariamente nella coscienza europea una mentalità estetistica che tende a relegare l’arte in una zona dello spirito che non ha nulla a che fare con il vero e il falso, o il bene e il male, e che quindi non ha alcun rapporto con la realtà. In questo senso Gadamer dell'idealismo hegeliano salva il fatto che solo l’ascolto attivo di ciò che è insito nell’opera dell’altro può consentire una nuova e più autentica consapevolezza di sé. Il filosofo cerca di liberare quindi la sfera estetica da quella sorta di astoricità che da Kant in poi veniva riconosciuta all'arte e per far sì che venga portata alla luce l’esperienza di verità che le è propria. Molto interessante a questo proposito è il capitolo “Il ciclo di Kafka di W. Kramm” che, attraverso un apparato iconografico riprodotto a colori da quest'edizione Marietti1820, riesce a rendere in maniera sorprendentemente chiara il plus intellettivo fornito proprio dal celebre ciclo pittorico fatto dal pittore astrattista Kramm ad illustrazione de “Il processo” dello scrittore boemo. Anche i saggi della quarta ed ultima sezione confermano e completano da diverse angolazioni prospettiche le tesi gadameriane sull'imprescindibile utilità del bello (artistico) per qualunque opera, anche la più ardua, perché “quello che ci sta dinanzi nelle produzioni creative dell'arte non è la semplice libertà dell'arbitrio e del cieco eccesso della natura, essa può permeare tutte le strutture della nostra vita sociale, tutte le classi, razze e gradi di cultura”.

Sommario
Nota. Introduzione di Riccardo Dottori. PARTE PRIMA. L'attualità del bello. Arte come gioco, simbolo e festa. I. II. III. PARTE SECONDA. La problematicità della coscienza estetica. Estetica ed ermeneutica. Poetare ed interpretare. Arte e imitazione. La festività del teatro. PARTE TERZA. Gesto e pittura. Pittura concettuale. L'ammutolire del quadro. La lettura di edifici e dipinti. Il ciclo di Kafka di W. Kramm. PARTE QUARTA. Il contributo dell'arte poetica nella ricerca della verità. Poesia e mimesis. Il gioco dell'arte. Filosofia e poesia. La poesia lirica come paradigma dell'arte moderna.
Note sull'autore

Hans-Georg Gadamer (1900-2002), filosofo tedesco, allievo di Paul Natorp e Martin Heidegger e tra i maggiori esponenti dell'ermeneutica filosofica, è stato professore di Filosofia a Lipsia, Francoforte e Heidelberg.

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