Titolo: Black Fears Matter! - Viaggio nel black horror contemporaneo
Autore: Dikotomiko
Editore: Les Flâneurs Edizioni
Dikotomiko è un micro-collettivo composto da Massimiliano Martiradonna e Mirco Moretti, più di cent’anni in due, mai stati giovani, nati e vissuti come reduci. Dikotomiko, uno e bino, nasce come blog antagonista web e social. Dicotomico (il bene e il male, noi e loro), ma con la k, come nelle vecchie occupazioni universitarie; uno pseudonimo per restare anonimi, in direzione contraria rispetto all’universale bramosia di micropopolarità. Dikotomiko Cineblog ha come motto «O con noi o contro di noi». Lo stile è una scelta politica. Dikotomiko annovera collaborazioni prestigiose con riviste – su tutte, quella fissa con Nocturno, la rivista di culto del cinema di genere, italiano e non – e case editrici di settore. Nel 2019 ha pubblicato il saggio Lo specchio nero. I sovranismi sullo schermo dal 2001 a oggi (DOTS Edizioni).
Autore: Dikotomiko
Editore: Les Flâneurs Edizioni
Pagine: 442
Anno di pubblicazione: 2023
Prezzo copertina: 20,00 €
"Tergiversare pallido e assorto. C’è una ragione forte, per questo tergiversare mio. Ho problemi di messa a fuoco, non riesco a definire i contorni di quanto ho visto, credendo di osservare. Sto parlando della famiglia; lui, lei, i due figli. Borghesi certo, ma in quale maniera? Upper Class? Lower Class? Middle class? No, sono fuori strada. Guardo meglio, e credo di scorgere la Lanthimos class, un nucleo familiare costruito in laboratorio, portatore insano di tragedia e disperazione. Hereditary, di Ari Aster”. Cominciava così uno dei pezzi più belli del blog Dikotomiko.wordpress.com, nostro personale punto di riferimento nella galassia del web in merito a quella materia oscura che è la critica cinematografica internettiana.
Anno di pubblicazione: 2023
Prezzo copertina: 20,00 €
Recensione a cura di Mario Turco
Dopo il successo del loro spazio nei primi anni ‘10 il micro-collettivo (loro questa definizione) formato da Mirco Moretti e Massimiliano Martiradonna ha lasciato sfiorire quel piccolo grande spazio virtuale per allargarsi nei settori che contano e si contano, dalla presenza fissa su Nocturno e riviste del genere, fino alla partecipazioni in giuria in vari festival nostrani. Ecco allora che tornare a leggerli in maniera massiccia nel loro ultimo “Black fears horror – Viaggio nel black horror contemporaneo”, edito da Les Flâneurs Edizioni, era un’allettante occasione che prometteva sicuramente di rinverdire i vecchi fasti e magari scoprirne di altri più selvaggi. Nato in maniera viscerale dopo l’esplosione di Black Lives Matter, il saggio fa una selezione specifica all’interno dell’ultima grande corrente vissuta nell’ultima decade all’interno/esterno di Hollywood, il black cinema, provando quindi a tracciare una mappa (s)ragionata di temi, luoghi, situazioni ed ideologie che formano l’altissimo edificio dei film che vedono al centro la scena afro-americana. Il claim del retro-copertina è in questo senso un messaggio che intende subito non fare prigionieri (astenersi teppaglia razzista): “I tempi sono maturi per smettere di chiederci: Chi ha paura dell’uomo nero? La domanda giusta è piuttosto: Di chi ha paura l’uomo nero?”. Come ricordano da subito gli autori e riprendendolo giustamente a più riprese, lo slogan “black history is black horror” è la chiave di volta del lavoro svolto da questo tipo di cinema popolare adesso che è finalmente in mano ad una minoranza oppressa da secoli.
“Black Fears Matter” si muove quindi volutamente ramengo per suggestioni, tracce mnemoniche – l’eccessivo risalto a Ghosts di Stan Winston con Michael Jackson, un prodotto meno epocale di quello che avrebbe voluto essere visti i nomi coinvolti – e interessanti ritagli di letteratura anticoloniale, come l’afropessimismo di Frank B. Wilderson III ed il noto carattere del “sacrificial negro”, ovvero la morte, accidentale o voluta, di un personaggio afroamericano per la sopravvivenza di uno bianco. Cercando ad ogni passo di non scadere nell’approccio “enciclopedistico” – la lunghezza dei capitoli varia a seconda dello spazio che i due autori danno al film cui sono dedicati -, il saggio di Dikotomiko però rimane a metà strada tra il personalismo, qui purtroppo molto annacquato, di anacoluti, interiezioni, invocazioni, improvvidi ma illuminanti accostamenti e la consapevolezza di dover dare spessore intellettuale ad un filone di ricerca così dichiaratamente politico. Proprio qui s’avverte fin troppo l’eco dello stile Wu Ming, a partire dalla sempre più esibita radicalità di uno sguardo che lo era anche prima ma senza bisogno di sovraimporre padri e padrini ad ogni pagina. Anche la postfazione di Roberto Silvestri, storico critico cinematografico de il manifesto, benché sia naturalmente un sigillo irrinunciabile, chiude il libro facendo una dinamica del black horror ripetendo quasi le stesse figure e gli stessi accadimenti temporali. Così del viaggio compiuto da “Black Fears Matter!” nel black horror contemporaneo rimane la poco rassicurante sensazione che anche il cinema nero è stato già cooptato dal white gaze. E che non c’è niente di dicotomico in questo.