"Tabù" di Nicola Manzari, con Carlo Valli e Natalìa Pina, regia di Gianluigi Fogacci, al Teatro Cometa Off dal 3 all'8 ottobre
Note di Regia
Scritto alla fine degli anni settanta questo testo a due soli personaggi, rappresenta un unicum nella letteratura di Nicola Manzari, drammaturgo, sceneggiatore, autore radiofonico, saggista e regista nato a Bari all’inizio del secolo scorso e che ha conosciuto un certo successo nel secondo dopoguerra. Apprezzato per le sceneggiature per i film di genere che spaziavano dai drammi neorealisti, alle commedie (ebbe un sodalizio con Peppino De Filippo), ai polizieschi degli anni settanta, i suoi testi teatrali erano molto ambiti dalle compagnie primattoriali come quelle di Emma Grammatica, Marisa Merlini, Tino Buazzelli, ma come si dice in Tabù, Manzari compie un vero salto di qualità e partorisce un testo, che per i suoi contenuti e il suo linguaggio non stento a definire perturbante. Un magistrato, un uomo in età matura, molto dedito al suo lavoro, dai comportamenti e dallo stile di vita conformi al carico di responsabilità che la sua professione richiede, viene avvicinato per non dire adescato da una giovanissima e avvenente donna, che lo trascina in un misterioso e manipolatorio gioco di identità, fino ad investirlo di una paternità di elezione per sostituire il proprio padre naturale scomparso anni prima e idealizzato ai limiti della patologia. L’uomo viene risucchiato in questo gioco fino a mettere in discussione tutte le sue certezze e a cambiare radicalmente vita, rinchiudendosi con lei in ménage fatto di tenerezza, tormenti e sensi di colpa, ma scoprendo sentimenti fino ad allora sconosciuti.
In scena dal 3 all’8 ottobre alle ore 21:00 dal martedì al sabato, alle ore 18:00 la domenica.
Scritto alla fine degli anni settanta questo testo a due soli personaggi, rappresenta un unicum nella letteratura di Nicola Manzari, drammaturgo, sceneggiatore, autore radiofonico, saggista e regista nato a Bari all’inizio del secolo scorso e che ha conosciuto un certo successo nel secondo dopoguerra. Apprezzato per le sceneggiature per i film di genere che spaziavano dai drammi neorealisti, alle commedie (ebbe un sodalizio con Peppino De Filippo), ai polizieschi degli anni settanta, i suoi testi teatrali erano molto ambiti dalle compagnie primattoriali come quelle di Emma Grammatica, Marisa Merlini, Tino Buazzelli, ma come si dice in Tabù, Manzari compie un vero salto di qualità e partorisce un testo, che per i suoi contenuti e il suo linguaggio non stento a definire perturbante. Un magistrato, un uomo in età matura, molto dedito al suo lavoro, dai comportamenti e dallo stile di vita conformi al carico di responsabilità che la sua professione richiede, viene avvicinato per non dire adescato da una giovanissima e avvenente donna, che lo trascina in un misterioso e manipolatorio gioco di identità, fino ad investirlo di una paternità di elezione per sostituire il proprio padre naturale scomparso anni prima e idealizzato ai limiti della patologia. L’uomo viene risucchiato in questo gioco fino a mettere in discussione tutte le sue certezze e a cambiare radicalmente vita, rinchiudendosi con lei in ménage fatto di tenerezza, tormenti e sensi di colpa, ma scoprendo sentimenti fino ad allora sconosciuti.
L’epilogo sarà tragico e romantico allo stesso tempo, portando lo spettatore in un gioco di identificazione molto profondo e inquietante. Manzari, che prima di dedicarsi alla scrittura aveva intrapreso una brillante carriera di avvocato, sviscera la natura umana e mira a scardinare le convenzioni sociali in cui spesso siamo intrappolati, avvalendosi delle sue competenze giuridiche, ma lo fa da filosofo del diritto e da fine indagatore dell’animo umano. Questa commedia fu portata in scena dal grande Enrico Maria Salerno nel 1982, ne curò regia e interpretazione insieme alla figlia Chiara e fu un grande successo, ma ritengo che oggi non abbia affatto perso smalto e attualità, anzi, oggi forse più che allora, certi temi sono più che mai tabù ( tanto per rifarsi al titolo), viviamo infatti un epoca in cui gli esseri umani faticano a dare parole ai sentimenti e spesso ne vengono travolti fino alle estreme conseguenze e come sempre il teatro ci invita, o ci costringe a riflettere e a nominare ciò che di più oscuro e inesplorato si agita in noi.