Titolo: Contemporaneo. Alessandro Manzoni e la parola in controluce
Autore: Matteo Bianchi
Editore: Oligo
Pagine: 88
Anno di pubblicazione: 2025
Prezzo copertina: 13,00 €
Nelle tante e infinite discussioni sui mali atavici della scuola italiana uno dei fili impossibili da sciogliere è quello riguardante la modalità dello studio dei classici. La domanda che angustia insegnanti ed educatori è sempre dirimente: come trasmettere alla generazioni più giovani, riottosamente refrattarie a tutto ciò che sa di biblioteca, l'urgenza dei capolavori della nostra florida letteratura? Tra i numi tutelari delle nostre belle lettere Alessandro Manzoni, in particolare, sconta spesso metodi di insegnamento troppo libreschi che impongono, ad esempio, la lettura settimanale dei 38 capitoli che formano il suo preclaro romanzo “I Promessi sposi”.
Matteo Bianchi (1987) vive a Ferrara, è libraio e giornalista. Scrive per “Il Sole 24 Ore”, “Left”, “Il Foglio” e Globalist.it; è redattore di Pordenoneleggepoesia.it e dirige il semestrale “Laboratori critici” (Samuele Editore). Ha pubblicato Il lascito lirico di Corrado Govoni (Mimesis, 2023), l’Annuario govoniano di critica e luoghi letterari (La Vita Felice, 2020) e collaborato alla Guida tascabile delle librerie italiane viventi (Clichy, 2019). Fa parte del comitato scientifico della Fondazione “Giorgio Bassani”.
Autore: Matteo Bianchi
Editore: Oligo
Pagine: 88
Anno di pubblicazione: 2025
Prezzo copertina: 13,00 €
Recensione a cura di Mario Turco
Un approccio che andrebbe sicuramente svecchiato e che potrebbe magari giovarsi dell'accompagnamento di un saggio come "Contemporaneo. Alessandro Manzoni e la parola in controluce", di Matteo Bianchi pubblicato da Oligo nella collana Piccola Biblioteca. Il libro vuole essere infatti un veloce "invito sentimentale" - appena 84 pagine nel solito formato tascabile - ma personale alla scoperta sì di un "modello di uomo di cultura che si assuma la responsabilità delle proprie parole" ma lontano dal vecchiume ideologico con cui lo scrittore milanese viene propinato. Prova ne è che la biografia del primo capitolo viene anticipata da una premessa aperta dal formidabile autoritratto che il sedicenne Manzoni scrisse in forma di sonetto: "Capel bruno, alta fronte, occhio loquace,/Naso non grande e non soverchio umìle,/Tonda la gota e di color vivace,/Stretto labbro e vermiglio, e bocca esìle;/Lingua or spedita, or tarda, e non mai vile,/Che il ver favella apertamente, o tace;/Giovin d’anni e di senno, non audace,/Duro di modi, ma di cor gentile./La gloria amo, e le selve, e il biondo Iddìo;/Spregio, non odio mai, m’attristo spesse;/Buono al buon, buono al tristo, a me sol rio./All’ira presto, e più presto al perdono,/Poco noto ad altrui, poco a me stesso,/Gli uomini e gli anni mi diran chi sono". Una forma di captatio benevolentiae in cui Bianchi, però, in maniera molto astuta riesce a infilare una ficcante analisi poetica che dà conto anche di alcuni spunti che verranno sviluppati più tardi.
Contemporaneo. Alessandro Manzoni e la parola in controluce, data l'esiguità del formato, preferisce infatti concentrarsi su alcuni "fatti" dell'opera manzoniana, come ad esempio il modo capzioso per cui I Promessi sposi, il romanzo italiano per antonomasia, sia finito per diventare il manifesto del cattolicesimo democratico italiano. Nel capitolo "La democrazia in virtù della giustizia" l'autore ricorda come in realtà "padre Cristoforo esprima serenamente un pragmatismo intrinseco da sfuggire a qualsiasi normativa dottrinale" e più tardi, nel capitolo "Buone lettere contro belle parole", chiude il discorso appoggiandosi al più famoso e sorprendente esegeta manzoniano: "Gadda replica alle ipotesi di realismo cattolico suscitate da Alberto Moravia difendendo l'armamentario fideistico di Manzoni che invidia, essendo in balia del suo stesso 'gnommero', il gomitolo di insensatezza esistenziale condiviso con Montale". Bianchi non ha la pretesa di fornire chiavi interpretative forzatamente originali e si appoggia spesso ad alcuni critici letterari, famosi e non, su temi su cui sceglie di focalizzare il suo sguardo. Ecco che nel capitolo “Il velo sdrucito di Gertrude”, la disamina sulla monaca di Monza e Lucia viene chiusa con la chiosa della docente Irene Lodi: “Eppure «sono entrambe vittima di violenza, una da parte dello stalker per antonomasia, don Rodrigo, l’altra abusata nella sua medesima casa, condannata alla monacazione forzata e sofferente per il ricatto emotivo in cui è cresciuta e da cui non è riuscita a emanciparsi»”. L’altro pregio di questo lavoro è fare un ottimo uso delle citazioni originali del testo, mai decontestualizzate e anch’esse funzionali alle ipotesi di lettura fornite dall’autore. In questo senso, il capitolo “Pronunciare una presunta libertà” propone un’ottima comparazione tra l'ampollosa disquisizione di Ferrer durante la sommossa di San Martino e il discorso più popolare tenuto da Renzo per farsi strada tra la stessa folla. Contemporaneo. Alessandro Manzoni e la parola in controluce è quindi un viatico compatto alla lettura di un capolavoro molto più moderno e piacevole di come viene proposto dai soloni che siedono dietro cattedre spesso giustamente invise a tanti studenti.
Matteo Bianchi (1987) vive a Ferrara, è libraio e giornalista. Scrive per “Il Sole 24 Ore”, “Left”, “Il Foglio” e Globalist.it; è redattore di Pordenoneleggepoesia.it e dirige il semestrale “Laboratori critici” (Samuele Editore). Ha pubblicato Il lascito lirico di Corrado Govoni (Mimesis, 2023), l’Annuario govoniano di critica e luoghi letterari (La Vita Felice, 2020) e collaborato alla Guida tascabile delle librerie italiane viventi (Clichy, 2019). Fa parte del comitato scientifico della Fondazione “Giorgio Bassani”.