Recensione: Volevamo solo vedere il mare, di Fabio Bartolomei

Titolo:
Volevamo solo vedere il mare
Autore: Fabio Bartolomei
Editore: Mondadori
Pagine: 192
Anno di pubblicazione: 2025
Prezzo copertina: 15,00 €

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Recensione a cura di Luigi Pizzi

Tre sedicenni, addestrati all’ideologia nazista, emergono da una trincea nella Normandia del 1944 con i volti sporchi di paura e incertezze. Florian, Valentin e Lothar sono soldati — ma anche ragazzi. Camminano in fila verso il fronte, ma Florian sente salire un pensiero che lo distrae dall’ordine militare: l’odore del mare. Quel profumo lo sorprende, lo inquieta, come se fosse l’ultima traccia di umanità rimasta in un mondo in fiamme. Poi arriva il caos definitivo: un bombardamento separa i tre dalla colonna tedesca. Li trova un comandante ferito, che li salva con un inganno: li conduce, a bordo di un carro armato, non verso le linee nemiche, ma verso una spiaggia isolata, raggiunta attraverso sentieri infradiciati di erba e silenzio. Lì, dove il cielo si fonde con l’acqua, comincia una tregua inconsueta: lezioni di nuoto rubate alla guerra, complicità fra sussurri e risate, i primi amori. In questa parentesi sospesa, Florian, Valentin e Lothar si permettono di tornare umani. Georgette, donna francese che apre loro la sua casa nonostante la morte del marito per mano del nemico, dopo una promessa strappata dal comandante morente, diventa custode della loro fragilità. Ma fino a quando riuscirà a tenerli lontano dalla guerra? E i ragazzi scopriranno il segreto di Georgette?


Volevamo solo vedere il mare è una storia che parla di guerra e di acqua, di odio insegnato e di affetto ritrovato. Un momento rubato al conflitto, un istante di innocenza che resiste. Bartolomei costruisce una riflessione senza enfasi: la pace è un odore, un tuffo, il battito tranquillo di un cuore che ha detto basta alla violenza. E per quei tre ragazzi, vedere il mare non è un sogno, ma un atto di resistenza. L’autore trova la sua forza nello sguardo dei giovani: racconta la guerra evitando il moralismo, smascherando propaganda e ideologia attraverso occhi ancora vergini e corpi inesperti. Nell’acqua salata, nei balzi disordinati dei ragazzi, nell’abbraccio fragile di Georgette, si affaccia una possibilità di restare ragazzi, non più soldati. Bartolomei non oscilla mai tra tragedia e speranza: il testo ha la misura del silenzio, del respiro trattenuto, di quello sguardo che si allunga sul mare e si domanda chi siamo davvero. Non cede alla spettacolarizzazione: le emozioni emergono dai gesti quotidiani e dal desiderio, quasi adolescenziale, di un sogno di libertà cancellato dal fumo dei cannoni. Le pagine scorrono leggere, ma la loro eco resta addosso. È un libro pensato per lettori dai 10-12 anni, ma adatto anche agli adulti che vogliono ricordare quanto fragili fossero quei volti dietro le uniformi.

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Fabio Bartolomei è nato nel 1967 a Roma, dove vive e insegna scrittura creativa. Scrittore poliedrico, è un affermato pubblicitario e autore di sceneggiature. Nel 2004 ha vinto il Globo d'Oro con il cortometraggio "Interno 9". Nel 2011 si è fatto conoscere dal pubblico dei lettori con il suo romanzo "Giulia 1300 e altri miracoli". Dal suo romanzo "L'ultima volta che siamo stati bambini" è stato tratto l'omonimo film, realizzato da Claudio Bisio.

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