Concorso letterario "Racconti di Natale": "Il profumo del mandarino", di Cristina Donatelli

"IL PROFUMO DEL MANDARINO" di Cristina Donatelli

Quest'anno non mi sento più la stessa donna c'è qualcosa di diverso nell'aria. Mi guardo allo specchio, riconosco i piccoli tratti gentili del mio viso, non sono cambiata, qualche ruga in più c'è ma tutto sommato è giusto così. Gli anni passano e si vede sopratutto nelle quattro nuove rughe su di una guancia che poi sono speculari alle altre nuove quattro rughe sull'altra. La meraviglia in me c'è quando osservo i miei occhi... Non sono nè scuri e nè chiari sono sempre stati di un colore molto comune a tanti, vanno dal marrone scuro al marrone chiaro nei giorni di sole. Adesso è inverno, fra qualche giorno sarà Natale, il sole non c'è ma nei miei occhi scuri è presente e si vede chiaramente il verde “cosa strana” mi ripeto. Oh ma so... Meraviglia di me... Meraviglia di lui. Un ricordo mi assale, ma non chiudo gli occhi, anzi si sbarrano davanti a me come quando capisci, come quando tutto ti diventa chiaro in testa. Così so dove andare e vado da lui, ormai però nella sua nuova dimora e mentre sono intenta a svolgere il lavoro di figlia ancora una volta, mi ritrovo ad essere perplessa sul valore e sulla necessità di festeggiare le prossime feste. Quest'anno non ho proprio voglia. Guardo la sua foto e nessuna emozione mi giunge, non sento più empatia eppure le foto racchiudono l'essenza della persona fotografata, riescono a evocare bellissimi ricordi invece a me niente più di tutto questo. Avevo passato giorni e giorni a guardare e a riguardare le foto, volevo scegliere la migliore quella che poteva trasmettere a chi guardava i maggiori ricordi e quando l'ho trovata ho avuto un sussulto di gioia. Felice l'ho incorniciata e l'ho messa dove è ora... Perchè adesso questa sensazione, non è giusto tutto questo, proprio ora che ne ho più bisogno, devo essere di esempio per i miei figli e non ricordo... Poi... Natale con mio padre... profumo di latte, tabacco e mandarini. Quando ero piccola la mia casa era impregnata di questo odore sia nei giorni precedenti la vigilia di Natale e sia dopo. L'attesa... Bellissimo aspettare insieme e insieme alla famiglia festeggiare: il papà che ci prende per mano e ci spiega non solo con le parole, ma anche con il comportamento il vero significato del Natale. La sera ci prendeva per mano e ci faceva sedere su di una poltrona, cioè lui si sedeva al centro, io da un lato su di un bracciolo, l'altra mia sorella sull'altro e la più piccola sulle sue ginocchia. Rimanevamo ore e ore ad ascoltare. Probabilmente avere avuto tre figlie femmine non era il suo desiderio più grande. Non lo ha mai detto ma si capiva, avrebbe voluto un figlio maschio per poter tramandare il suo cognome e per poter fare insieme a lui tutto quello che fanno due maschi. Invece no, tre femmine da sposare e da educare come principesse, un lavoro duro e per sempre. In effetti ci ha considerato tali ma un po' diverse, sempre sotto la sua ala protrettrice ci ha fatto fare oltre alle brave signorine anche tutto ciò che “ fanno i maschi”. Andavamo in campagna a raccogliere l'uva, le olive, al frantoio ad aspettare anche per tutta la notte il nostro olio speciale, a scuola, a caccia, a pesca, a cavallo, a sciare, al mare, in barca, insomma tutto quello che può essere divertente, faticoso e utile per delle bambine ben educate, perchè non solo osservavamo, ma dovevamo prendere parte per quel poco che potevamo fare al lavoro e dovevamo saper far tutto. Quando dovevamo fare qualcosa di “femminile” delegava a nostra madre la nostra educazione ed anche in quel caso non era semplice. Comunque ho un ricordo bellissimo della mia infanzia.Così mio padre, la sera prima di iniziare a raccontare sempre la solita storia ci faceva mangiare dei mandarini, le bucce dovevamo metterle su di un piccolo tavolo da tè su di un piattino natalizio e quelle, ripeteva, erano per le renne. Poi mettevamo altri mandarini su di una tazza, quelli erano invece per le fatiche di Babbo Natale. Dovevamo ricordarci di ringraziare sempre chi ci avrebbe regalato un dono e poi dovevamo contraccambiare sempre le gentilezze ricevute con altrettanti regali preziosi come erano per noi i mandarini. Iniziava con “C'era una volta” e noi iniziavamo a sognare un lieto fine perchè non esisteva un tempo, non avendo una collocazione temporale precisa potevamo far sempre nostro in qualsiasi storia il lieto fine e questo ci piaceva molto ma lui ci raccontava sempre quella, ogni sera fino alla vigilia di Natale. C'era una volta un bellissimo prato verde con grandi alberi e in quel prato vivano una cavalla nera, ma così nera che quando era buio si vedevano solo i suoi occhi chiari e con la luna piena la luce rifletteva sul suo manto cosicchè riusciva ad illuminare tutto il prato. Sembrava un posto incantato e gli animali del bosco vicino amavano trascorrere la maggior parte del loro tempo lì, insieme a quella splendida e buona cavalla dal manto lucente. Lei non era sola viveva con i suoi tre puledrini un po' agitati perchè amavano fare delle lunghe galoppate e dei salti aldilà dei fossi. Talvolta la mamma li accompagnava ma altre volte non poteva, doveva fare il suo lavoro in fattoria e i piccoli si intristivano e litigavano tra loro. Erano tutti e tre diversi ma due di loro erano neri come la mamma e avevano una pezza di color bianco sulla fronte e se ne vantavano uno invece era completamente bianco e soffriva di questo suo stupendo colore perchè non ricordava poi... Un giorno tutte gli parve chiaro... Il suo papà era così, un bellissimo e bianco stallone. Il cavallo bianco viveva in un luogo al di là della collina, in un maneggio per cavalli da corsa; era amato e stimato dal suo geloso padroncino con il quale divideva la voglia di correre. Raramente poteva andare in fattoria a trovarli perchè era sempre impegnato nelle lunghe ed estenuanti galoppate di allenamento, ma, il ventiquattro di Dicembre il suo giovane padroncino apriva il cancello del suo box e lui senza esitare iniziava la galoppata più bella della sua vita da cavallo da corsa e raggiungeva la fattoria. Con il muso riusciva ad aprire la stalla e via... Tutti insieme. Il cavallino bianco era triste perchè proprio non ricordava tutto questo era troppo piccolo per ricordare ciò che era accaduto l'anno prima e così pensava... Finchè non sentì il rumore degli zoccoli al galoppo avvicinarsi, non sapeva chi fosse, allora spaventato guardò i fratelli che iniziavano a scalpitare ma ancora non capiva... Quando poi il cavallo bianco aprì la porta dello piccola stalla capì perchè era diverso dai suoi fratelli era evidente a chi somigliasse. Lo stallone invitò tutti ad uscire e iniziarono la loro consueta e tradizionale galoppata per la collina, finchè non sentirono suonare le campane a festa dal paese vicino. Allora tutti si fermavano e vicini vicini ascoltavano quella dolce melodia. Poi il papà invitava tutti ad osservare le stelle che come luci brillavano nel cielo terso di una notte da favola. Tutti in silenzio prima ad ascoltare e poi a guardare la meraviglia della notte di Natale, l'antico racconto che giunge in ogni cuore, “Natalis Solis Invicti” la nascita del nuovo sole che... Si fermava un poco e poi riprendeva il racconto...Dopo la lunga notte riprenderà vigore, così terminava il suo racconto e noi lì a sognare la favola del Natale. Sento un suono di una campana, no è proprio uno scampanio a festa e questo mi risveglia dal torpore dei ricordi... Un raggio di sole sbatte contro la vetrata quasi mi acceca, alzo le mani per proteggermi gli occhi e così alzo lo sguardo, oddio... Che profumo di mandarino, sono io riflessa sul vetro... No è lui... I miei occhi sono... tutto è chiaro... è presente e si vede chiaramente il verde “cosa strana” mi ripeto. Oh ma so... Meraviglia di me...Meraviglia di lui. Benvenga... L'aspetto... Saprò rinnovare la Magia del Natale.    

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