Recensione: Carabattole. Il racconto delle cose nella letteratura italiana, di Epifanio Ajello

Titolo: Carabattole. Il racconto delle cose nella letteratura italiana
Autore: 
Epifanio Ajello
Editore: Marsilio
Pagine: 236
Anno di pubblicazione: 2019
Prezzo copertina: 14,00 €

Recensione a cura di Mario Turco

Per scrivere del libro “Carabattole” di Epifanio Ajello edito da Marsilio partiamo dalla definizione che la versione web dell'Enciclopedia Treccani dà dell'omonimo termine: “carabàttola s. f. [alteraz. del lat. grabāttus, dim. grabattŭlus «lettuccio» (dal gr. κράβατος o κράβαττος), diffuso attrav. la frase evangelica di Gesù al paralitico «Surge, tolle grabattum tuum, et ambula» (Marco 2,9), interpretata popolarmente come se la parola significasse «roba di poco valore»; [...] fam. – Oggetto di poco conto, masserizia di nessun pregio; spec. nella frase ha preso le sue c. (le sue robe) e se n’è andato, o altre simili. Fig., bazzecola, cosa da poco. Si usa per lo più al plurale”. Proseguiamo quindi con l'esplicativo sottotitolo che enuncia l'argomento dell'agile tomo a cui appartiene: “Il racconto delle cose nella letteratura italiana”. Riveliamo infine che Ajello è docente di Letteratura italiana contemporanea all'Università di Salerno e potremo capire come “Carabattole” sia un lavoro prettamente accademico rivolto ad un pubblico culturalmente competente.


L'indagine del professore salernitano è infatti un vertiginoso raffronto tra i vari critici che si sono dibattuti in passato sull'importanza letterale, simbolica, metaforica che le cose fisiche di modesto valore, lontane sia dall'oggetto speciale sia dalla serialità tecnologica, hanno avuto sui nostri grandi scrittori: “Queste cose respingono ogni funzione nostalgica, e non sono certo inconsuete e nemmeno enigmatiche, ma pratiche, semplici, da usarsi subito. […] Sorta di letterali paraventi dell'azione, capaci, alla bisogna, di camuffarsi in feticci erotici e perturbanti, dove il seduttivo vacilla, va via, abbandona il referente per addensare dintorno alle cose molteplici allegorie”. Di fronte ad una storia non solo letteraria ma anche critica di notevole peso che ha dibattuto spesso sull'argomento Ajello lascia che il suo punto di vista emerga proprio attraverso il confronto tra le varie fonti, debitamente citate nella raffinata bibliografia posta alla fine. “Carabattole” è una raccolta di 16 saggi che ha il singolare pregio di riuscire a delineare la propria tesi di studio volando velocemente su pochi divergenti autori. Nonostante la presenza di un evidente gusto personalistico (la predominanza di scrittori novecenteschi, la forte rilevanza data a Gozzano e Goldoni a cui Ajello in precedenza aveva dedicato studi monografici) o forse proprio per quello, il libro riesce a fornire una summa delle riflessioni che riguardano il rapporto tra l'uomo e le cose. Se ad esempio in Boccaccio le carabattole servono a delineare con precisione calligrafica il quadro socio-politico del tempo (anche se il vaso di basilico della novella “Lisabetta da Messina” è già oltre l'ingenuità puramente descrittiva trecentesca), in Foscolo e nel suo “Ultime lettere di Jacopo Ortis” gli oggetti diventano correlati della passione prima e della tragedia dopo dell'omonimo protagonista.

Ma è in particolare nel Novecento, il secolo delle avanguardie e della diffusione della psicologia, che le cose in alcuni casi schiacciano con la loro immortale indifferenza gli uomini che le usano. Il saggio “Un coccodrillo di caucciù. Pirandello e Dostoevskiji” pur essendo una specie di divertissement critico che traccia le analogie tra “Il coccodrillo” di Dostoevskiji e il successivo “La giara” di Pirandello (non avendo paura di tacciare quest'ultimo di aver copiato, e nemmeno per la prima ed ultima volta nella sua carriera!) è il preludio al racconto di questo capovolgimento filosofico. Ma è nella seconda metà del secolo scorso che questo radicale riposizionamento ideologico diventa esemplare. Ne “Sguardi- Gianni Celati e Robert Walser” l'interessante comparazione tra i due scrittori permette ad Ajello di esemplificare attraverso l'attenta analisi dei rispettivi “Verso la foce” e “La passeggiata” questa sopravvenuta resa dell'importanza antropocentrica dell'uomo/narratore di fronte perfino ai ninnoli di ogni giorno. Non siamo però di fronte ad una sconfitta, si tratta solo di saper leggere la realtà in un modo diverso per poter saper instaurare un proficuo dialogo con le cose. In “Un atelier- Luigi Ghirri e Giorgio Morandi” infatti le foto scattate da Luigi Ghirri nello studio di Morandi dopo la sua morte sanno al contempo raccontare il passato lavorativo del pittore ed allo stesso tempo ne svelano dimensioni segrete (la luce giallognola del palazzo di fronte tanto detestata da Morandi che invece Ghirri sceglie di ostentare nella sua crudezza) innervando con le sue contraddizioni il presente del fotografo e il futuro del lettore che ne leggerà i resoconti. “Carabattole” è allora un libro prezioso, sedimento di tanti piccoli ma importanti detriti critici che da un nuovo significato alla superficie delle cose che tutti tocchiamo con mano e che dovremmo imparare a far parlare come hanno fatto i grandi letterati della nostra tradizione.

L'AUTORE
Epifanio Ajello è docente di Letteratura italiana contemporanea all’Università di Salerno. Ha lavorato su Carlo Goldoni e Guido Gozzano con monografie ed edizioni critiche. Ha pubblicato testi di comparatisti (Graf, Zumbini, Linguiti) e saggi su autori contemporanei (Calvino, Campanile, Celati, D’Annunzio, Montale, Moravia, Gatto, Sanguineti). Inoltre si occupa del rapporto tra figure e testo, tra narrazione e fotografia (Il racconto delle immagini. La fotografia nella modernità letteraria italiana, 2009; Arcipelaghi. Calvino e altri. Personaggi, oggetti, libri, immagini, 2013). Da tempo insegue (per catturarlo) un personaggio sfuggente che abita alcuni testi della letteratura: lo strambo.

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