Recensione: L'occhio del testimone. Il cinema di Lucio Fulci, di Michele Romagnoli

Titolo: L'occhio del testimone. Il cinema di Lucio Fulci
Autore: Michele Romagnoli
Editore: Kappalab
Pagine: 174 ill.
Anno di pubblicazione: 2015
Prezzo copertina: 15,00 €


Recensione a cura di Mario Turco

Lucio Fulci continua ad essere un regista il cui culto schizza fuori nelle maniere più impensate come capitava al sangue delle frequenti vittime dei suoi truculenti horror. Perfino l'ultima edizione della Mostra di Venezia ha visto transitare nella sezione Documentari classici “Fulci For Fake”, di Simone Scafidi, biopic che sin dal titolo wellesiano provava a mettere un po' di ordine fattuale nella mitologia sempre più grossolana che si è sviluppata intorno al “terrorista dei generi”. Per far sì che il revival giovanilistico degli appassionati horror dell'ultima generazione (che in sé non ha nulla di male ma ha il difetto di odorare di revanscismo cinematografico) smetta di deificare il regista romano giova la ri-edizione del fondamentale “L'occhio del testimone- Il cinema di Lucio Fulci”, di Michele Romagnoli per Kappalab Srl in una versione leggermente aggiornata e migliorata.


Il libro di Romagnoli è infatti il resoconto puntuale di una lunga intervista, protrattasi per anni tra mille difficoltà (la malattia senile di Fulci) che pur essendo stato scritto da un fan dichiarato del suo cinema riesce a renderne con obiettività le forze e i limiti. Limiti e difetti riconosciuti dagli stessi addetti ai lavori che Catriona MacColl, attrice britannica protagonista della Trilogia della Morte fulciana, ben esemplifica con questo gustoso aneddoto raccontato nella prefazione che apre questa nuova edizione: “Perché accettai? In breve, perché credevo davvero che Paura nella città dei morti viventi non sarebbe mai stato proiettato fuori dall'Italia, come mi aveva assicurato il mio agente inglese”. L'occhio del testimone verte naturalmente per quasi tutte le 174 pagine di cui è composto sulla produzione horror e thriller del regista. Romagnoli spesso apre i capitoli analizzando una scena famosa dei film più celebri della seconda parte della carriera e poi chiede a Fulci di commentarla attraverso qualche ricordo o giudizio. Il flusso libero di coscienza non s'arresta però mai alla fredda analisi fattuale e apre squarci sul passato o sul commento, spesso feroce, riguardo colleghi e soprattutto produttori che scappavano senza pagare la troupe. Gli esordi come sceneggiatore di Steno sono interessanti per via dell'affetto filiale che Fulci ha conservato verso il suo primo grande maestro e che ci tiene più volte a ribadire nel corso delle diverse fasi dell'intervista. E la venerazione per l'arte di Luchino Visconti, così lontana da tutta la sua produzione, svela una delicatezza di gusto difficile anche solo da immaginare. Il rapporto con i primi musicarelli con protagonista Adriano Celentano e soprattutto la regia del fondamentale “Urlatori alla sbarra” del 1960, scritto insieme a quell'altro geniaccio di Piero Vivarelli, è invece di un certo distacco, come se lo stesso autore abbia preferito conservare in memoria solo la natura alimentare del progetto dimenticando egli stesso l'eccezionale funzione di epitome audiovisiva di un movimento che rivoluzionò la nostra musica leggera. 


Il capitolo “Degli attori e delle attrici”, pur nella sua stringatezza, svela i difficili rapporti che il regista ebbe con gli interpreti dei suoi film, spesso tacciati d'incompetenza e arroganza come il Franco Nero del più suo grande successo commerciale, “Zanna Bianca”. Il rapporto con l'altro nume tutelare dell'horror, Dario Argento, è sviscerato nei capitoli finali del libro secondo naturalmente l'ottica fulciana. Romagnoli riporta dapprima le accuse di plagio che il primo fece al secondo riguardo a Zombi 2 e la conseguente lettera di risposta di Fulci che si limitava a riportare tutti i film sui morti viventi usciti prima di Dawn of the dead (film di George A. Romero ma di cui Argento era stato produttore e distributore). Infine si rammarica per il mancato lieto fine che “Maschera di cera” del 1996, prodotto da Argento e girato da Fulci, avrebbe sancito. In quell'anno infatti Lucio Fulci, malato da tempo, moriva lasciando un vuoto incolmabile nella produzione di genere che una nuova leva di autori italiani negli ultimi anni sta provando a riportare nei radar delle sale italiane.


L'AUTORE
Michele Romagnoli (Cento, 1968) saggista, musicista e regista, ultimo allievo e biografo personale di Lucio Fulci, ha collaborato stabilmente con le riviste “Fangoria”, “Gorezone” e “Young”, e numerosi suoi interventi sono apparsi su “Horror FX”, “Kappa Magazine”, “Nova Express”, “Man-ga” e “Nocturno”. Ha organizzato festival cinematografici come il Fangoria Film Festival e lo Strange Film Festival. Ha inciso la compilation musicale Stereotype ed è autore dei libri L’Occhio del Testimone – Il Cinema di Lucio Fulci (Granata Press, 1992) e Godzilla contro Gamera – Storie dall’Isola dei Mostri (Punto Zero, 1998).

LIBRI & CULTURA CONSIGLIA...