Recensione: La babysitter e altri racconti, di Robert Coover

Titolo: La babysitter e altri racconti
Autore: Robert Coover
Editore: NNE
Pagine: 410
Anno di pubblicazione: 2019
Prezzo copertina: 20,00 €

Recensione a cura di Mario Turco

Non vogliamo mica cominciare scrivendo che Robert Coover è un genio ma Robert Coover è davvero un genio. E quasi altrettanto bravi sono gli editori di Enne Enne che dopo il successo riscontrato per l'aver portato in Italia l'opera di Kent Haruf portano a segno un altro grande colpo. La raccolta di racconti "La babysitter e altre storie" [Going for a Beer] di Robert Coover fa sì che anche da noi "il quinto moschettiere del postmoderno" (definizione di Luca Pantarotto, curatore insieme a Serena Daniele) possa finalmente trovare la giusta ricezione di critica e pubblico. Perché, che sia chiaro da subito, i trenta racconti ospitati in questa raccolta rappresentano una delle punte massime della scrittura statunitense degli ultimi decenni. Condividiamo ancora una volte le parole della prefazione di Luca Pantarotto: "Se in passato la letteratura ha creato l'ordine apparente che regola il mondo, mascherandone l'inafferrabilità dietro una facciata posticcia di linearità, coerenza e significato, oggi ancora una volta spetta agli scrittori disgregarsi e scoprire il caos complesso e multiforme di cui si compone il reale. A questo compito Coover consacra tutta la propria attività letteraria".


La raccolta è un florilegio della lunga carriera dello scrittore e raccoglie il meglio della sua ricca produzione edito a partire dal 1962 del primo racconto "Il fratello" fino all'ultimo del 2016 "L'invasione dei Marziani". Coover parte dal canone occidentale, innanzitutto, per distruggerlo e ricrearlo da capo. Nella seconda metà del Novecento non è più possibile creare qualcosa di originale e allora bisogna ripartire dalla tradizione, smontarne per pezzo la superficie evidente e quella nascosta, per poi abbatterla e cercare di creare qualcosa con i frammenti di quel che resta. La scrittura di Coover compie questo continuo ed incessante lavoro di destrutturazione con una solerzia che mischia l’intellettualismo dell’operazione concettuale alla furia iconoclasta del puro eversore, del vandalo che prova piacere nel smitizzare la sacralità dei testi. Ne “Il fratello”, redatto come fosse un lungo flusso di coscienza, solo a metà il lettore avverte con sorpresa di essere all’interno di una versione alternativa del Diluvio Universale raccontato nella Bibbia. Lo straniamento diventa massimo proprio per via di questa violenta consapevolezza: la follia del fratello protagonista del racconto diventa la nostra perché facendoci fuorviare dalla modernissima scrittura dell’autore non ci siamo accorti che eravamo dentro la Storia senza avere la possibilità di uscirne. In altri parti della raccolta la rilettura invece colpisce, come un Propp in vena di scherzi, i topoi della fiaba antica. “La foresta di Esopo” parla di un vecchio leone che non accetta la fine del suo regno, di una volpe traditrice ma anche dell’eponimo favolista che si trova a contatto col fatto che le metafore da lui create e soprattutto quelle da lui non pensate siano veicoli per messaggi morali che sfociano allo stesso tempo nell’etica e nel nulla. 


Altra vertigine di scrittura assoluta è rappresentata da “Variazioni su Riccioli d’oro” dove prendendo a prestito le dinamiche della scrittura combinatoria elettronica (senza per fortuna scadere nel meccanicismo matematico dei computer) Coover si diverte ad inventare una lunga serie di varianti della famosa favola. Varianti mai innocenti e spesso erotiche come in un altro dei racconti presenti “You must remember this” che questa volta gioca con profonda conoscenza con il mezzo cinematografico. Qui partendo da una famosa scena del film “Casablanca” dove la telecamera con una doppia dissolvenza sul faro lasciava inevaso il probabile rapporto sessuale tra Rick Blaine e Ilsa Lund, Coover compie un’operazione di segno esattamente opposto lasciandosi andare alla descrizione di un amplesso dalle proporzioni gigantesche, iperrealistiche, che esplicita fino all’eccesso il sottotesto emozionale tra i due protagonisti. Anche il cinema diventa quindi materia narrativa con cui slabbrare lo spazio-tempo della carta, in un tentativo sempre sorprendente di trasmutare il conosciuto nel conoscibile. Preso atto dell’assoluta incapacità creativa del secolo il Demiurgo Coover inventa questa nuova letteratura che scarta ad ogni aspettativa consapevolmente evocata. Nel racconto più famoso che da pure il titolo a questa raccolta, “La babysitter”, la potenzialità di un semplice racconto viene allargato fino a comprendere derive brutali o grottesche. È come se l’autore predisponesse su un un tavolo tutte le portate possibili e immaginabili chiedendo all’affamato lettore di nutrirsi da sé. Ma è proprio l’intera raccolta a portare a compimento questa ultima esagerazione narrativa perché di fronte al silenzio dovuto a saturazione non resta che provare a morire con la più grande e sardonica abbuffata che si possa provare.

L'AUTORE
Robert Coover (1932) è autore di romanzi e raccolte di racconti, ed è considerato uno dei padri del postmoderno americano. Ha insegnato per più di trent’anni alla Brown University, dove ha fondato l’International Writers Project, un programma rivolto a scrittori internazionali perseguitati per le loro idee e i loro scritti. Con il suo primo romanzo, The Origin of the Brunists, ha ricevuto il William Faulkner Foundation First Novel Award, e con The Public Burning (1977) è stato finalista al National Book Award. NNE pubblicherà anche il suo romanzo Huck Out West.

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