Recensione: La donna venuta dai ghiacci, di Sally Magnusson

Titolo: La donna venuta dai ghiacci
Autore: Sally Magnusson
Editore: Neri Pozza
Pagine: 336
Anno di pubblicazione: 2020
Prezzo copertina: 18,00 €


Recensione a cura di Marika Bovenzi

La casa editrice Neri Pozza ritorna nelle librerie con una nuova e accattivante storia scritta da Sally Magnusson, e intitolata La donna venuta dai ghiacci. In questo nuovo romanzo, l’autrice parte da basi solide e da documenti storici reali che raccontano delle scorrerie turche del 1627, e in particolar modo in Islanda dove il pastore Olaf divenne il portavoce della sua popolazione per far sì che venisse liberata dalla schiavitù. A tal proposito, stando sempre alle fonti, il nostro ambasciatore aveva una moglie di nome Ásta su cui la scrittrice costruisce l’intero libro, e di cui ci racconterà le vicende divise in tre parti, come se fossero tre periodi diversi della sua esistenza che hanno come punto di partenza l’arrivo dei turchi. La narrazione si apre con un “prima”, in cui la donna, incinta, vive nelle isole Vestmann in Islanda insieme al marito Olaf e ai tre figli, e la sua vita è fatta di lotte quotidiane con i territori impervi e pance non sempre piene; la serenità viene sconvolta poi dal fatidico giorno in cui le navi turche appaiono all’orizzonte nel 1627, catturando quattrocento locali (tra cui Ásta e la sua famiglia) e stipandoli nelle stive per portarli nei regni lontani. 


L’autrice continua raccontandoci il “durante”, un periodo in cui la nostra protagonista scesa dalla nave, viene venduta al trafficante moro Cilleby ad Algeri e allontanata dai suoi figli per essere lasciata nell’harem. Mentre Olaf dal canto suo, viene inviato dal re di Danimarca come emissario per chiedere il riscatto della sua popolazione. Comincia così un lungo periodo, di circa dieci anni, in cui Ásta dapprima si oppone fermamente alle tradizioni e alla religione diversa di una popolazione che definirebbe quasi rozza e barbarica; poi comincia pian piano ad abituarsi ad una vita diversa, a tollerare tutto ciò che la circonda, e a rassegnarsi ad un mondo completamente differente dalla sua Islanda. Così, l’unico modo che le resta per sopravvivere, è quello di ricordare la sua terra ghiacciata attraverso fiabe, tradizioni e folkloristiche storie che racconta a Cilleby che, stranamente è affascinato da lei tanto da spiegarle le similitudini delle loro culture. E finalmente, arriva il tanto atteso “dopo”, quando Olaf fa ritorno dopo tantissimi anni, riuscendo a riscattare solo i restanti trenta islandesi dei quattrocento prigionieri partiti. Tra questi vi è Ásta che, in cuor suo non vuole più far ritorno in patria, lontana da suo figlio e da Cilleby, con cui aveva cominciato a costruire una nuova esistenza. Una volta in Islanda, guarderà per sempre con nostalgia l’orizzonte pensando alla sua alternativa vita lontana dal mondo che un tempo le era familiare.

Lo stile dell’autrice è particolare e diretto e caratterizza un linguaggio elegante e spesso accompagnato da termini tipici della cultura islandese e turca. Personalmente, penso che la particolarità del romanzo risieda nella protagonista principale che affronta un viaggio fisico, caratteriale e spirituale per riuscire a sopravvivere a due culture completamente opposte. Ásta ci viene presentata inizialmente come una donna semplice e tranquilla che affronta la vita giorno dopo giorno, preoccupandosi soltanto di crescere i figli e di avere un pasto a tavola; poi, durante la traversata in mare e l’arrivo ad Algeri, si trasforma in una donna caparbia e determinata a sopravvivere a quella sciagura, riuscendo persino a comprendere e ad accettare la diversità che tanto veniva additata all’epoca. Ed infine, dopo un lungo viaggio, la protagonista perde gran parte del suo fervore, per trasformarsi in una figura nostalgica e malinconica. Le tematiche poi, non mancano: dal pregiudizio verso culture differenti; al terrore della schiavitù e della prigionia; al dolore di una madre separata dai figli; alla rassegnazione; al convertirsi ad una nuova società; al ritornare in un posto chiamato casa senza più sentirne il calore.

In conclusione è un romanzo con solide fondamenta storiche che romanza i fatti laddove le cronache mancano di dati reali. Consigliatissimo!

L'AUTRICE
Sally Magnusson (Edimburgo, 1955) è una presentatrice televisiva e scrittrice scozzese.

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