Recensione: Georges Simenon - La letteratura al cinema, a cura di Denis Brotto e Attilio Motta

Titolo:
Georges Simenon - La letteratura al cinema
Autore: Denis Brotto, Attilio Motta
Editore: Marsilio
Pagine: 160
Anno di pubblicazione: 2020
Prezzo copertina: 16,00 €

Recensione a cura di Mario Turco

Il giallo è una commedia umana e Georges Simenon ne è stato il suo balzachiano interprete. Impossibile anche solo tentare di processare una prolificità che di umano aveva solo gli antecedenti – Balzach, appunto, ma asciugato della sua programmatica sistematicità ed immerso invero nel relativismo novecentesco – e partire come al solito dal flusso dei big data della sua sterminata produzione letteraria. Georges Simenon, nato a Liegi nel 1903 e morto a Losanna nel 1989, ha lasciato centonovantatré romanzi pubblicati sotto il suo nome e un numero imprecisato di romanzi e racconti pubblicati sotto pseudonimi, oltre a volumi di viaggi e memorie. Il commissario Maigret è protagonista di 76 romanzi e 26 racconti, tutti pubblicati fra il 1931 e il 1972. Di fronte a un tale “monstrum” narrativo, contaminatosi altresì con l'altrettanto fondante fonte del nostro immaginario, il cinema ovviamente, tocca procedere necessariamente per parcellizzazione semiotica nella consapevolezza di potervisi avvicinare solo in questo modo. 


“Georges Simenon – La letteratura al cinema”, a cura di Denis Brotto e Attilio Motta, e pubblicato da Marsilio nella collana Ricerche ad Ottobre 2020, vuole allora essere uno dei tanti piccoli passi necessari a questo scopo. Come recita la quarta di copertina: “Georges Simenon è stato definito «il miglior regista francese» per la forza dei dialoghi e delle strutture narrative dei suoi romanzi. Questo volume vuole essere l’occasione per osservare, accanto alla fondamentale propensione letteraria dell’autore, le sue evidenti affinità e contaminazioni con l’ambito cinematografico”. Per farlo occorre ricordare che “l'infinita serie di adattamenti delle sue opere rappresenta la prova maggiormente tangibile di questo interesse, con un numero di fatto non definibile di trasposizioni, film e serie televisive dedicati ai romanzi di Simenon. Ma questo è solo l'aspetto più conclamato di una vicinanza che trova radici molteplici e per molti versi inattese”. E difatti il testo collettaneo curato dai due professori universitari raccoglie in forma scritta l'annuale convegno sui rapporti tra cinema e letteratura che nel 2016 il Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari dell’Università di Padova aveva dedicato alla figura del creatore del commissario Maigret. Così, pur privo di una direzione unitaria il testo si serve della frammentarietà dei suoi documentati interventi per illuminare con più forza intellettuale alcuni peculiari aspetti e/o riduzioni filmiche. Nell'Introduzione Denis Brotto ricorda che “sintomatico è il fatto che l'interesse rivolto a Simenon abbia registrato una provenienza ad ampio spettro, che ha messo d'accordo alcuni tra i più importanti registi francesi, a volte distanti fra loro per visione estetica o coordinate stilistiche: Julien Duvivier, Pierre Granier-Dreferre, Gilles Grangier, ma anche Claude Autant-Lara, Henri-Georges Clouzot, Marcel Carné […] Ma un crescente interesse attorno a Simenon si è registrato anche da parte di quel cinema d'autore che negli ultimi decenni ha portato agli adattamenti di Jean-Pierre Melville, Bertrand Tavernier, Claude Chabrol, Serge Gainsbourg, Patrice Leconte, sino ai recenti lavori di Cédric Kahn, Béla Tarr e Mathieu Almaric”. Il primo saggio, redatto da Giovanna Angeli, esplora con un esaustivo apparato iconografico la prima e ancora adesso una delle più celebri trasposizioni cinematografiche dei romanzi di Simenon: “La notte dell'incrocio”, di Jean Renoir nel 1932. Avvalendosi di frammenti d'interviste, dichiarazioni dei due artisti ed analisi di singole sequenze e temi – tra tutte la splendida invenzione cubista di Renoir di presentare i protagonisti della storia sempre incorniciati da finestre, vetri rotti e sagome – la studiosa rende evidente il segreto di una fedele riconversione audiovisiva di un soggetto letterario: l'infedeltà, attuata attraverso le peculiarità dei differenti mezzi. Anche Roberto Chiesi nel suo lavoro “Da Simenon a Duvivier, una poetica della misantropia” sottolinea come la sottile vena asociale dello scrittore diventi nel regista francese una dichiarata distanza dal consesso umano ne “I delitti della villa” e soprattutto in “Panico”. 


Ma il libro-film più nichilista in questo senso resta “Le chat – L'implacabile uomo di Saint-German”, di Pierre Granier-Deferre in cui, come nota acutamente Adone Brandalise, ai due splendidi protagonisti interpretati dagli invecchiati Jean Gabin e Simone Signoret, un tempo due delle stelle più fulgide della cinematografia francese che qui sono invece marito e moglie incartapecoriti in domestiche vendette, non resta “niente, assolutamente niente. Nessuna redenzione. Nessun seppur implicito o dissimulato lieto fine. Nessun appuntamento in cielo, romanticamente, nessuna finale scoperta di un senso della vita. Nessuna riconciliazione: casomai una più esplicita evidenza di una desertificazione del senso dell'esistenza”. Il libro non si concentra soltanto sui rifacimenti simenoniani attuati durante l'epoca d'oro del cinema transalpino ma con i lavori rispettivamente di Andrea Rabbito e Denis Brotto spazia anche su “L'uomo di Londra”, di Béla Tarr e Agnes Hranitzky e “La camera azzurra”, di Mathieu Almaric, contemporanei riflessi della sempiterna influenza dello scrittore anche ai giorni nostri in filmmaker agli antipodi come l'ungherese ed il francese. Impossibile, in mezzo a così sincroniche riflessioni, non citare la famosissima serie de “Il commissario Maigret” interpretato dall'iconico Gino Cervi tra il 1964 e il 1972, compito che si assume Giovanni Borriero nel saggio più doverosamente aneddotico ed illustrato (tra i reperti del tempo persino un fotoromanzo e il francobollo dedicato al poliziotto di Quai des Orfèvres). “Georges Simenon – La letteratura al cinema ” termina con la fitta filmografia curata da Gianni Pigato, ad uso e consumo dei completisti che volessero sobbarcarsi nell'improbo compito di visionare le innumerevoli opere tratta dalle centinaia del “Proust del giallo”.

GLI AUTORI
Denis Brotto (Padova 1979) è professore associato presso l’Università di Padova nell’ambito degli studi sul cinema e sui rapporti tra linguaggio cinematografico e nuove tecnologie. Le sue ricerche si sono sviluppate anche nell’ambito dell’estetica del cinema e hanno dato vita a pubblicazioni quali Osservare l’incanto (2010), prima monografia italiana sul cinema di Aleksandr Sokurov, Trame digitali. Cinema e nuove tecnologie (2012) e Jean Vigo (2018), sul milieu culturale francese degli anni venti e trenta del Novecento. È inoltre autore di saggi dedicati all’opera di Marco Bellocchio, Michael Haneke, Agnès Varda, Nuri Bilge Ceylan, John Berger e ai rapporti tra cinema e letteratura.

Attilio Motta (Lecce 1971) è professore associato di letteratura italiana all’Università di Padova. Si è occupato di poesia popolare del Trecento (edizione critica dei Cantari della Reina d’Oriente di Antonio Pucci, con William Robins, 2007), di romanzo italiano del Settecento e di Ippolito Nievo, di cui ha pubblicato per l’Edizione nazionale Marsilio gli Scritti politici e d’attualità (2015). Al Novecento ha dedicato la sua prima monografia, sul ripiegamento memorialistico degli intellettuali contemporanei (L’intellettuale autobiografico, 2003), e numerosi saggi, su narratori quali Cesare Pavese e Italo Calvino e sui rapporti tra letteratura e cinema (Clint Eastwood, Paolo Sorrentino e Gianni Amelio, François Truffaut, cinema e romanzo, registi-scrittori).

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