In occasione della Giornata della Memoria, la recensione di "Volontario ad Auschwitz"

Titolo:
Dimmi che non hai rimpianti
Autore: Jack Fairweather
Editore: Newton Compton
Pagine: 416
Anno di pubblicazione: 2020
Prezzo copertina: 9,90 €

Recensione a cura di Daniela

Il libro è una testimonianza di Auschwitz che viene raccontata attraverso gli occhi di un nazionalista polacco, perché Witold Pilecki si considerava prima di tutto un patriota polacco che, durante l'invasione nazista della Polonia, si unì alla clandestinità combattendo per la libertà della sua patria. Nel 1940, quando i tedeschi stabilirono un campo di concentramento ad Auschwitz, su proposta dei suoi superiori, Pilecki partì come volontario per essere internato con il nome fittizio di Tomasz Serafinski per proteggere la sua famiglia. In qualità di infiltrato, il suo compito era quello di indagare sulle condizioni di vita dei prigionieri, valutando la possibilità di organizzare una rivolta armata, al fine di liberare i detenuti e distruggere il campo, ma la situazione all'interno si rivelò estremamente drammatica, fino al punto in cui, da semplice prigione, divenne un campo di sterminio per l'eliminazione degli ebrei polacchi e del resto d'Europa.

Nonostante le innumerevoli difficoltà, Pilecki si adoperò nella creazione di una rete di resistenza, raccogliendo consensi e quante più informazioni possibili da utilizzare poi, come prove da consegnare ai collaboratori esterni, incaricati di trasmettere rapporti dettagliati agli alleati con la speranza di convincerli a bombardare Auschwitz. Sebbene il mancato intervento di Churchill o Stalin, gettò Pilecki nello sconforto più totale, la sua determinazione ebbe sempre la meglio, spronandolo a cambiare continuamente strategia. Pilecki comprese che il primo passo verso la rivolta era quello di puntare alla creazione di rapporti umani fondati sull'altruismo, al fine di garantire la sopravvivenza della collettività, con lo scopo contrastare la scellerata politica nazista, che al contrario promuoveva invece la tattica dell'odio reciproco, scaturito in primo luogo dalla lotta alla sopravvivenza, in un contesto dove un pezzo di pane rappresentava la moneta di scambio più ambita. Il coraggio e la fermezza d'animo garantirono a Pilecki la sopravvivenza all'interno del campo, infatti egli scampò all'epidemia di tifo, alle esecuzioni punitive o semplicemente alle fatiche lavorative. Grazie al suo ingegno e alla collaborazione dei membri della resistenza, Pilecki aiutò la fuga di alcuni compagni di prigionia, così da garantire la divulgazione dei rapporti e delle prove, al fine di informare l'opinione pubblica degli orrori che si consumavano all'interno del lager nazista. Tuttavia, nonostante gli Alleati fossero ben consapevoli delle atrocità di Auschwitz, non considerarono la liberazione del campo strategica per sconfiggere i tedeschi, e di conseguenza i rapporti clandestini che arrivavano a Londra via Varsavia, furono sostanzialmente ignorati.

Il racconto si colloca nel contesto della Polonia in tempo di guerra e dei primi giorni di Auschwitz prima che diventasse il famigerato campo di sterminio degli ebrei, vivendo dall'interno proprio la trasformazione da campo militare per prigionieri di guerra, in campo di sterminio per civili, fino ad arrivare alla sua chiusura, quando l'attenzione si spostò sulla Polonia sovietica del dopoguerra. Nella stesura del libro, Jack Fairweather attinge non solo dalle fonti ufficiali e dalle testimonianze dei sopravvissuti, ma anche da documenti, mappe, fotografie e disegni di ex detenuti in possesso della famiglia Pilecki e non, di cui il libro è riccamente fornito. Inoltrandosi nella lettura, oltre ad assistere alle numerose atrocità descritte dal protagonista, si delinea la personalità di un uomo spinto per principio al sacrificio della vita familiare per resistere all'occupazione, prima dei nazisti e poi dei sovietici, trasmettendo in modo bruciante la traiettoria di un'epoca dolorosa, ponendo l'attenzione anche sulle complesse sfumature che caratterizzavano i rapporti polacco-cristiano, polacco-ebraico, fornendo non solo una preziosa cronaca della vita all'interno del campo di lavoro nazista, ma anche come si è successivamente arrivati alla conversione del campo nel genocidio nazista e la bruciante risposta degli alleati, che in qualche modo si dimostrarono indifferenti al problema. 


"Ho ascoltato molte confessioni dei miei amici prima della loro morte... hanno reagito tutti nello stesso modo inaspettato: si sono pentiti di non aver dato abbastanza ad altre persone, dei loro cuori, della verità... l'unica cosa che è rimasta dopo di loro sulla Terra, l'unica cosa positiva e che aveva un valore duraturo era ciò che potevano dare di sé agli altri" Questa forse è l'affermazione più forte di Pilecki, che racchiude il grido d'aiuto che non è mai stato raccolto da coloro avevano il potere e soprattutto il diritto di intervenire.

L'AUTORE
Jack Fairweather ha lavorato a lungo come reporter di guerra, prima in Iraq, come inviato del «Daily Telegraph», e poi in Afghanistan per il «Washington Post». Per la sua attività giornalistica è stato insignito del prestigioso British Press Award. Con Volontario ad Auschwitz ha vinto il Costa Award per la miglior biografia.

LIBRI & CULTURA CONSIGLIA...