Recensione: Pandemie. Dalla Spagnola al Covid-19, un secolo di terrore e ignoranza, di Mark Honigsbaum
Titolo: Pandemie. Dalla Spagnola al Covid-19, un secolo di terrore e ignoranza
Nel 2018 in fondo alla lista stilata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità sui patogeni ritenuti più probabili causare una pandemia c'era un agente infettivo più spaventoso di tutti i suoi contemporanei: la malattia X. Essa rappresentava la minaccia di malattie infettive mai viste prima, malattie magari già circolanti tra animali esotici ma che non avevano ancora compiuto il temutissimo spillover, ovvero il salto di specie verso noi bipedi raziocinanti. Nel libro “Pandemie - Dalla Spagnola al Covid-19, un secolo di terrore e ignoranza”, ideato e scritto nel 2019 ma riaggiornato ai tempi del Covid-19, lo storico della medicina e giornalista inglese Mark Honigsbaum racconta di come gli sforzi scientifici e politici compiuti negli ultimi cento anni per fronteggiare questi eventi non siano riusciti ad impedire che quella terribile profezia si avverasse. In fondo, come dice l'autore stesso: “Le pandemie possono essere imprevedibili, ma dovremmo aspettarci che si ripetano”.
Autore: Mark Honigsbaum
Editore: Ponte alle Grazie
Pagine: 544
Anno di pubblicazione: 2020
Prezzo copertina: 22,00 €
Editore: Ponte alle Grazie
Pagine: 544
Anno di pubblicazione: 2020
Prezzo copertina: 22,00 €
Recensione a cura di Mario Turco
Il volume, in libreria dal 3 settembre per Ponte alle Grazie, è così arricchito da un capitolo finale e una postfazione all’edizione italiana scritti durante l’attuale emergenza che illustrano in maniera ancora più diretta i legami col presente di mascherine e distanziamento sociale. Dalla devastante epidemia di Influenza Spagnola a Covid-19 è trascorso poco più di un secolo: cento anni in cui virus e batteri hanno provocato pandemie capaci di diffondersi su vasta scala e stravolgere le vite a livello globale. Mark Honigsbaum, già capo redattore dell’Observer (il più antico giornale domenicale della Gran Bretagna), storico della scienza nonché docente alla City University of London, in “Pandemie” si concentra sulla storia di alcune di queste. L'autore utilizza 9 preclari esempi di malattie virali sparse globalmente per riflettere insieme al lettore su luci ed ombre della risposta umana al problema ecologico/sanitario forse più urgente dei nostri giorni e che potrebbe portare presto ad una ancora più letale malattia zoonotica. Questa sorta di indagine archeologica è portata avanti facendo riferimento ad una ricchissima bibliografia scientifica che va da articoli pubblicati su riviste, dichiarazioni di esponenti OMS e interviste personali agli addetti sanitari coinvolti nei casi più recenti. Il linguaggio usato è quindi specialistico ma Honigsbaum riesce ad alleggerirlo ricorrendo ad una narrazione sagace che fornisce con gran senso del ritmo il contesto socio-politco dei singoli focolai. Ne è un esempio il capitolo dedicato alla peste che nei primi anni del Novecento tornò incredibilmente ad infestare una nazione evoluta come gli Stati Uniti d'America. Nel 1924, la peste polmonare fece infatti ritorno a Los Angeles, in California, scoppiando in una comunità messicana che aveva ricostruito la città moderna e lavorato duramente per il suo sviluppo urbanistico. Il timore di danni politici ed economici portò dapprima il Commissario alla Salute a negare le prove e solo successivamente ad arrendersi dell'evidenza che quella malattia creduta a torto debellata nei paesi occidentali era stata trasmessa da animali teneri come gli scoiattoli.
Ma tutte le pandemie sono sempre storie di errori: si veda ancora una volta il caso della più mortale tra essa, e cioè l'influenza Spagnola che a cavallo della fine della prima guerra mondiale fece più di 50 milioni di vittime. Nonostante alcuni accidentati proclami che il Novecento possa essere considerato il primo secolo dove la lotta epidemiologica sia oramai a nostro appannaggio non bisogna dimenticare che in questo campo le conoscenze sono relativamente recenti: le vaccinazioni furono introdotte in Occidente solo nel 1796 dal medico inglese Edward Jenner e ulteriormente migliorate da Louis Pasteur nel 1800, e la batteriologia fu istituita come campo di ricerca negli anni 1880. Nonostante ciò quando i soldati iniziarono a morire di influenza nel primo conflitto mondiale, i medici erano certi che la malattia fosse causata da una specie di batterio chiamato Bacillus influenzae scoperto nel 1892 da Richard Pfeiffer, ora noto come Haemophilus influenzae. Solo successivamente essi appresero che l' Haemophilus Influenzae si trova occasionalmente in persone con influenza ma non era la causa della pandemia dato che esso è solo un batterio opportunista che a volte infetta i polmoni indeboliti già da un virus, molto più piccolo del batterio e che i limiti tecnologici del tempo non consentivano di scovare. E come se non bastassero i limiti cognitivi dell'uomo, negli ultimi cinquant'anni ad essere cambiate sono soprattutto “le regole del traffico virale”, secondo l'efficace definizione del virologo Stephen Morse. La teoria dei germi della malattia e altri progressi scientifici nel secolo scorso hanno promosso un senso di dominio sul mondo microbico. Ma gli agenti patogeni hanno continuato a infrangere la barriera della nostra specie nonostante questi progressi: l'HIV degli scimpanzé, l'influenza dei pappagalli argentini importata negli Stati Uniti, lo Zika delle zanzare tropicali, per citarne solo tre descritte con dovizia d'enfasi da “Pandemie”. In effetti, il modo in cui il mondo ha migliorato il proprio tenore di vita ci ha talvolta portato a contatto con malattie che altrimenti non avremmo mai potuto affrontare: la perdita di habitat e il cambiamento climatico stanno modificando il nostro rapporto con la flora e la fauna in modi che garantiscono nuove interazioni con la malattia zoonotica. A causa della globalizzazione e del modo in cui il mondo sta diventando sempre più interconnesso, ci saranno inevitabilmente altre pandemie che emergeranno da serbatoi animali e nicchie ecologiche in precedenza molto lontane dalle popolazioni umane. Il messaggio finale di Honigsbaum è giustamente preoccupato: se il coronavirus fino al 2020 (e nonostante il pericolo scampato della SARS, come illustrato nel capitolo 8) era stato di scarso interesse per gli scienziati perché considerato come la "Cenerentola del mondo microbico", cosa dobbiamo aspettarci da virus che magari avranno una mortalità ancora più alta? La risposta non può stare in DPCM allarmistici e in piani pandemici non aggiornati.
L'AUTORE
Mark Honigsbaum (Londra, 1960), giornalista e storico della scienza e della medicina, insegna alla City University of London. Ha dedicato numerosi saggi alle grandi epidemie del passato, in particolare alla Spagnola e alle successive epidemie influenzali.