In occasione della Giornata della Memoria la recensione del libro "Il sole splende ancora", di Michael Gruenbaum e Todd Hasak-Lowy

Titolo:
Il sole splende ancora. Un ragazzo a Terezin
Autore: Michael Gruenbaum e Todd Hasak-Lowy
Editore: Lapis
Pagine: 368
Anno di pubblicazione: 2022
Prezzo copertina: 14,50 €

Recensione a cura di Daniela

Misha ha solo nove anni quando il mondo che ha sempre conosciuto inizia a sgretolarsi sotto i suoi occhi. Il 15 marzo del 1939 l’esercito tedesco occupa la Cecoslovacchia e per Misha e la sua famiglia, inizia un calvario lento ed inesorabile che li porterà alla deportazione nel campo di concentramento di Theresienstadt o Terezín. Con l'ingenuità che contraddistingue la sua età, il bambino subisce inerme i cambiamenti che avvengono attorno a lui, anche quando le vessazioni e i divieti iniziano a riguardarlo in prima persona non si perde d'animo e sgomento tenta nel suo piccolo di ribellarsi ad un incompreso e sconosciuto nemico che resta quasi invisibile, finché una notte non arriva a casa sua per portare via suo padre, il quale non farà mai più ritorno a casa. 


Se l'inizio dell'occupazione nazista portò divieti e discriminazione, il successivo trasferimento degli ebrei nel ghetto di Praga, è l'inizio di una vita fatta di segregazione, soprusi e violenza, al punto che la deportazione nei campi di lavoro fu inizialmente vista come la speranza di una vita migliore. Nel campo di Terezín, Misha viene separato dal resto della famiglia e sistemato nell'affollata stanza 7 dell'edificio L417, insieme ad altri coetanei, dove sotto la guida illuminante di Franta, un giovane ventenne, impara il significato dello spirito di squadra, a prendersi cura di sé stesso e degli ambienti comuni per il bene della collettività. Come Franta insegna ai suoi Nesharim (termine ceco che significa aquile), solo l'unione può sconfiggere la paura e la solitudine delle ingiustizie che subiscono ogni giorno, collaborando ad aiutandosi a vicenda, il duro lavoro, la fame e il freddo, diventano più sopportabili. Quando Misha pensa di aver trovato una parvenza di equilibrio, l'incubo delle nuove deportazioni verso i terribili campi di concentramento di Birkenau, aleggia come una scure sulle loro misere esistenze, generando una nuova ondata di terrore, rotta soltanto dalla disperazione delle innumerevoli separazioni.


La storia della famiglia Gruenbaum, è una testimonianza cruda e violenta delle ingiustizie vissute dagli ebrei cechi durante la seconda guerra mondiale nel campo di concentramento di Terezín, una città della Repubblica Ceca a circa 60 Km dalla città di Praga. La narrazione avviene secondo un linguaggio regolare e ben ponderato, dove il ritmo è dettato dall'incessante crescendo di miseria, sgomento, terrore e denutrizione a cui i prigionieri sono esposti. La descrizione degli ambienti e dei personaggi del romanzo, seppur essenziale, risulta estremamente evidente, in quanto messa in risalto dalla trasparenza dei pensieri del protagonista, che, come una candela, giorno dopo giorno scompare, anche se la fiamma che arde dentro lo tiene costantemente in vita. Nonostante le malattie, la fame e le molte privazioni, i bambini e i ragazzi che sono stati deportati nel campo di Terezín, sotto la guida di alcuni coraggiosi prigionieri, hanno lasciato tracce della loro creatività e voglia di vivere, infatti gli Judenräte, a cui venne affidata dai nazisti la funzione di autogoverno dei ghetti stessi, si impegnarono per quanto possibile di dare una parvenza di normalità alla loro vita.


Agli ebrei infatti, non era permesso frequentare la scuola, ma si organizzarono per loro attività sportive e programmi culturali tenuti da alcuni dei più celebri intellettuali, educatori, musicisti e artisti ebrei dell'epoca che li incoraggiarono a praticare lo sport, le arti, la musica e a dare espressione alla propria creatività, attraverso disegni, racconti, poesie, musica, prima di essere quasi tutti deportati a gruppi nei ghetti della Polonia. Negli anni passati nel campo di Terezín, Misha impara dei valori fondamentali, quali l'amicizia, la cooperazione e l'altruismo, ma il primo tra tutti, forse più importante, è proprio il coraggio di restare umani imparando a mettere da parte i propri bisogni per aiutare il prossimo, così come dimostrerà all'arrivo nel campo dei convogli che portano indietro i superstiti deportati ad Auschwitz-Birkenau, quando insieme ai compagni, seppur stremati dal freddo e la fame, si adopereranno senza sosta per soccorrerli, nutrirli e confortarli fino all'arrivo, nel 1945 delle truppe sovietiche.

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