In occasione della Giornata della Memoria la recensione del libro "Per chi splende questo lume. La mia vita oltre Auschwitz", di Virginia Gattegno e Matteo Corradini
Titolo: Per chi splende questo lume. La mia vita oltre Auschwitz
La storia di Virginia Gattegno, prende vita tra le pagine di questo libro che altro non è che la testimonianza di una donna sopravvissuta, insieme alla sorella Lea, al campo di prigionia nazista di Auschwitz. Il racconto è narrato in prima persona proprio dalla protagonista che, ricoverata in ospedale per un malore, incontra la curiosità di Fatima, una strana ragazzina che ha la bizzarra abitudine di infilarsi le sardine nelle narici. Proprio in ospedale la storia prende forma nel presente per ripercorrere a ritroso nel tempo le tappe di quella che è stata una straordinaria esperienza di vita, fatta di perdite ed orrori, ma anche di amore, promesse e tanta gioia di vivere.
Matteo Corradini è ebraista e scrittore. Da anni si occupa di didattica della Memoria ed è tra gli organizzatori del festival letterario “scrittorincittà” di Cuneo. Con Rizzoli ha pubblicato i romanzi La repubblica delle farfalle, Annalilla, Solo una parola e Irma Kohn è stata qui. Ha inoltre curato la nuova edizione del Diario di Anne Frank per BUR Rizzoli.
Virginia Gattegno, nata in Italia nel 1923, ha vissuto la sua adolescenza sull’isola di Rodi. A 21 anni fu arrestata dai nazisti insieme a tutta la sua famiglia e venne deportata ad Auschwitz dove rimase fino alla liberazione da parte dell’esercito russo nel 1945. Questo libro è il racconto della sua esistenza, dalla giovinezza a Rodi alle avventure in Congo, passando per l’inferno della Shoah.
Autore: Virginia Gattegno, Matteo Corradini
Editore: Rizzoli
Pagine: 194
Anno di pubblicazione: 2022
Prezzo copertina: 16,00 €
Editore: Rizzoli
Pagine: 194
Anno di pubblicazione: 2022
Prezzo copertina: 16,00 €
Recensione a cura di Daniela
Virginia nasce a Roma, ma pochi anni dopo la famiglia si trasferisce ad Anzio, una cittadina di mare decisamente più tranquilla, dove Virginia incontra il suo primo amore, il mare, non sapendo però che all'età di tredici anni quel mare lo avrebbe attraversato una prima volta per partire alla volta di Rodi, all'epoca possedimento del Regno d'Italia nel Mar Egeo. Al padre era stato offerto un posto come direttore della scuola ebraica sull'isola, un lavoro prestigioso che solo un uomo appartenente ad una famiglia ebrea poteva ricoprire. A Rodi Virginia passa anni di spensieratezza e conosce Ugo, suo futuro marito, un soldato che si trovava sull'isola anche dopo l'entrata in vigore dell'armistizio di Cassibile firmato dal governo Badoglio I del Regno d'Italia con gli alleati della seconda guerra mondiale. Nel fiore della vita, all'età di ventun anni, la protagonista viene catturata e deportata nel campo di prigionia di Auschwitz-Birkenau, dove viene immediatamente separata dalla madre Marcella, la nonna Sara e Michele, il fratellino di pochi anni, non sapendo che quella sarebbe stata l'ultima volta che il suo sguardo si sarebbe posato su di loro, perché sarebbero andati incontro alla morte, nelle camere a gas e i loro corpi bruciati nei forni crematori.
Per Virginia, Lea ed il fratello Alberto, furono mesi terribili, fatti di lavori estenuanti, freddo e malnutrizione, dove la verità sulla sorte dei propri familiari aleggiava nel campo, sotto forma di leggende, narrate per lo più sottovoce dai prigionieri che, altro non avevano, che la speranza di sopravvivere. Nel 1945, le speranze di Virginia e Lea, furono esaudite dall'arrivo dell'esercito Russo che liberò i prigionieri sopravvissuti, permettendo loro di continuare a vivere, seppur con un peso nel cuore, un segreto che non abbandonerà mai le due sorelle, nemmeno durante gli anni a venire, quando l'amore trionferà alla disperazione della deportazione per esaudire la promessa che Ugo e Virginia si erano strappati sulla spiaggia di Rodi, coronata da innumerevoli viaggi che l'hanno portata a vivere nella bellissima Venezia, per poi lasciarsi ammaliare dalla musica e i profumi esotici del Congo, che nel 1951 era una colonia belga, fino al ritorno a Venezia dove coronò il sogno di diventare insegnante.
Le esperienze lavorative arricchivano la vita di Virginia, ma occupavano anche i suoi pensieri che, inevitabilmente tornavano alle ombre del passato, illuminato soltanto dalla gioia che portò la nascita delle due figlie, le quali dovettero condividere lo stesso destino della madre nella prematura scomparsa del padre. Il sogno di diventare insegnante fu per Virginia un'esperienza molto forte, poiché proprio durante gli anni di insegnamento decise di aprirsi e farsi testimone di una delle più brutte pagine della nostra storia, raccontando la sua esperienza agli alunni delle scuole, diventando di fatto, l'ultima testimone veneziana ancora in vita.