Recensione: Eredità colpevole, di Diego Zandel

Titolo:
Eredità colpevole
Autore: Diego Zandel
Editore: Voland
Pagine: 256
Anno di pubblicazione: 2023
Prezzo copertina: 19,00 €

Recensione a cura di Mario Turco

Quando la storia diventa Storia? Come si può fare in modo che la particolarità di un circoscritto evento geopolitico diventi fondamentale nell’auto-narrazione che uno Stato fa di sé stesso? Quando un’area politica diventa predominante comincia, prima fuori dal parlamento poi da opposizione parlamentare e infine da compagine governativa, a riscrivere perfino i fatti del recente passato per cucirlo addosso al proprio progetto ideologico. Scomodando il famoso motto orwelliano potremmo anche noi dire allora che “Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato”. Ma a pesare forse di più su queste esiziali tentativi di corrompere la Storia a proprio ad uso e consumo sono i tanti, troppi, che pur mossi da nobili intenzioni portano limpida acqua a questo sporco mulino. 


È il caso di “Eredità colpevole”, di Diego Zandel pubblicato dall’editore Voland nella collana Intrecci che si dietro porta in tutte le sue belle 256 pagine quest’aporia insanabile. Basta la sinossi per intuire dove si situi la contraddizione che abbiamo segnalato: lo scrittore e giornalista Guido Lednaz segue per la propria testata ma anche per motivi personali – è figlio di profughi fiumani - il processo al criminale di guerra Josip Strčič che quando era capo della polizia di Tito si rese colpevole di tremende violenze contro gli italiani residenti nei territori passati alla Jugoslavia dopo il trattato di Parigi. Quando il suo amico e giudice La Spina viene ucciso da un gruppo di estrema destra che si battezza, con la poca fantasia che contraddistingue i terroristi, la “Falange nera”, per aver in maniera pilatesca fatto appello ad un “difetto di giurisdizione” (ai tempi dei fatti imputati l’Italia non controllava giuridicamente quei territori, secondo la sentenza del magistrato assassinato), il protagonista del romanzo cerca di risolvere il caso da solo. Pur seguito dalla polizia (prima a distanza poi molto più vicino con un sotterfugio da spy-story giallo/rosa forse un tantino abusato) Lednaz dovrà fare in maniera definitiva i conti con l’eredità storica mai pacificata dell’esodo giuliano-dalmata, ovvero di quelle migliaia di italiani che scappavano dalle foibe. “L’eredità colpevole” è un lucido noir che imbastisce una trama con uno svolgimento lineare ma non per questo priva di colpi di scena che, seppur ampiamente canonici – i due tentati omicidi ai danni del settantenne e aitante giornalista, il terrorista diventato monaco, le ricerche d’archivio che svelano segreti tenuti nascosti per quarant’anni -, riescono a rendere movimentata la narrazione. Sfruttando però il grimaldello del genere, Zandel in realtà intende ragionare con i lettori su una delle questioni più dirimenti del dibattito pubblico degli ultimi anni e tra le maglie della fabula inserisce con frequenza le “verità” sugli eccidi perpetrati dai comunisti jugoslavi di Tito ai danni degli italiani che fino a quel momento, a detta dell’autore, avevano abitato in maniera pacifica con le popolazione slave. E qui emerge la prima criticità del contesto in cui Zandel inquadra avvenimenti che di fittizio hanno ben poco - l’infoibatore Strčič è ritagliato con l’accetta su Oskar Piškulić, capo della polizia politica di Tito – perché come ricordato da un noto storico italiano “...oltre le foibe e l’esodo c’è anche tutto quello che è successo prima”. 


Zandel infatti unisce tutti i personaggi in un sol coro dolente in cui ognuno porta un pezzetto di testimonianza sulle inammissibili violenze commesse dai comunisti di Tito ai danni degli italiani ma dimentica, fosse anche solo lateralmente, di citare che i nostri connazionali stavano in larga parte lì per la coatta fascistizzazione di terre in cui fino ad allora solo una sporadica minoranza abitava. Portando il discorso esclusivamente sull’ “eredità colpevole” che nel secondo dopoguerra ha fatto in modo che i vari governi dimenticassero della tragedia giuliano-dalmata in nome di una pacificazione centrata esclusivamente sulla Liberazione partigiana, il romanzo a più riprese finisce perfino per dare qualche buffetto anche ai fascisti di oggi in virtù del loro appoggio alla causa che, seppur condotta con metodi condannati dall’autore (e ci mancherebbe, questo non dovrebbe essere nemmeno una tacca di merito), ha portato anche a risultati importanti come l’istituzione della Giornata del ricordo. Il romanzo di Zandel è interessato quasi esclusivamente a mettere. sulla scena la tragedia che ha interessato lo stesso autore ma lo fa con una specie di furia vittimistica che gli fa accentuare alcuni dati – l’accento ripetuto sui crimini dei comunisti slavi che uccidevano anche chi aveva combattuto per loro – ma soprattutto piega la narrazione verso una specie di melodramma revanscista che sul finale esplode in un confronto tra le varie parti in causa, tutte ugualmente e in maniera monocorde, segnate dal boia Josip Strčič. Ecco allora che “Eredità colpevole” pur con la sua lodevole documentazione storica e la sua altrettanto dinamica trama noir presta il fianco al peggior collaborazionismo che esista: quello inconsapevole.

Diego Zandel, figlio di esuli fiumani, è nato nel campo profughi di Servigliano nel 1948. Ha all’attivo una ventina di romanzi, tra i quali Massacro per un presidente (Mondadori 1981), Una storia istriana (Rusconi 1987), I confini dell’odio (Aragno 2002, Gammarò 2022), Il fratello greco (Hacca 2010), I testimoni muti (Mursia 2011). Esperto di Balcani, è anche uno degli autori del docufilm Hotel Sarajevo, prodotto da Clipper Media e Rai Cinema (2022).

 

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