Recensione: L'angelo ribelle, di Emir Kusturica

Titolo:
L'angelo ribelle
Autore: Emir Kusturica
Editore: La Nave di Teseo
Pagine: 176
Anno di pubblicazione: 2023
Prezzo copertina: 20,00 €

Recensione a cura di Mario Turco

Con certi artisti si tende a sviluppare un rapporto simbiotico, giocato su assonanze tematiche e spesso anche caratteriali. Magari folgorati in giovane età dalle loro opere più fiammeggianti, si segue l’evoluzione della loro poetica con un’attenzione prima fanatica e poi sicuramente sempre appassionata, non necessariamente come semplici fan che richiedono la reiterazione di elementi noti ma semplicemente curiosi delle pieghe che la vita e la senescenza possono far assumere alla loro produzione. Per un italiano nato negli anni Ottanta e cresciuto col cinema d’autore europeo conosciuto nelle università e nei letti di compagne e compagni di studi, Emir Kusturica è stato più di un regista: è stato un amico, un fratello, un maestro, un compare di bisbocce da effettuare sempre e comunque con le martellanti musiche di Goran Bregovic in sottofondo. E anche se la sua fortuna artistica è da anni in calando ed il suo nome non smuove più i festival come nel recente passato, è con rinnovata partecipazione che ci siamo approcciati alla sua ultima fatica letteraria – la terza, precisamente, dopo l’autobiografia “Dove sono in questa storia” e la raccolta di racconti “Lungo la Via Lattea” – ovvero “L’angelo ribelle”, edito da La nave di Teseo e tradotto da Alice Parmeggiani. Un libro che, lo anticipiamo subito, non rappresenta chissà quale svolta nel percorso transmediale di Kusturica e che semmai conferma, in maniera preoccupante se volessimo ancora ricordarci dell’affetto e della stima con cui il mondo occidentale l’ha abbracciato durante la prima parte della sua carriera, la stasi creativa e l’involuzione intellettuale che ormai attanagliano l’uomo prima che l’artista. 


L’angelo ribelle è infatti un ibrido spurio e fin troppo personale tra il memoir giornalistico e le fantasticherie balcaniche tipiche di Kusturica, intenzionato difatti più ad alimentare l’auto-narrazione del suo personaggio pubblico piuttosto che a dare nuovi sfoghi di linguaggio a ciò che vuole comunicare. Aperto da una prefazione filosofica in cui l’autore serbo cerca di inquadrare i cardini del suo pensiero - che vola altissimo ma con poco discernimento tra Eco, Nietzsche e proclami anticapitalistici - e suddiviso abbastanza pretestuosamente in tredici capitoli, il libro racconta a modo suo i giorni che hanno preceduto il Nobel per la letteratura a Peter Handke, da anni amico di Kusturica. Più che il rapporto affettivo però, qui emerge la vera e propria idolatria (a nostro avviso esagerata) per lo scrittore, poeta e sceneggiatore austriaco in virtù proprio del problematico appoggio alla Serbia di Slobodan Milošević: “Il legame di Peter Handke con la sorte del popolo serbo ha rappresentato l’atto di un uomo amante della giustizia, la difesa di un popolo umiliato e percosso e, senza dubbio, è stata un’utopia degna del Don Chisciotte di Cervantes". Lo spunto e l’impalcatura narrativa de L’angelo ribelle stanno tutte qui ma se questa esilità strutturale non rappresenta un danno aprioristicamente lo è invece il modo in cui Kusturica affronta soprattutto la questione politica. Se l’artista serbo non ha mai brillato per raffinatezza interpretativa e sottigliezza dell’analisi geopolitica, la vecchiaia sembra aver esacerbato in lui la faziosità di un nazionalismo francamente irricevibile a questo livello. Passino, a fatica, certi passaggi vittimistici derivanti dal trauma delle guerre fratricide della fine del secolo scorso ed in cui la stessa Europa ha tantissime colpe - “Quando la Jugoslavia, paese che confinava con l’infinito, come credeva il giovane Handke, fu cancellata dalle carte geografiche, lui non riuscì a strapparsela dal cuore. 


Le nuvole nate dalla polvere del muro di Berlino abbattuto aleggiavano ancora sopra le nostre teste e la Jugoslavia scoppiava lungo cuciture già pianificate. I sarti di questa sciagura si erano preoccupati per tempo che nessuno rimanesse senza armi" – ma alcune delle tante, troppe difese sul massacro di Srebrenica e gli altri omicidi compiuti dai serbi non possono leggersi in una maniera così criminale. Tra frammenti di discorsi non avallati da nessun documento perché “questo è il secolo dei misfatti dimostrati solo quando esisteva un Interesse, mai per soddisfare la Verità; questa è l’epoca delle sofferenze montate” e dichiarazioni farneticanti di un professore che prende a prestito la logora argomentazione destrorsa che “loro hanno subito contato le vittime, e noi no. La nostra magnanimità e la nostra corrotta intelligencija, sono loro la catastrofe serba. Noi non abbiamo contato i milioni di connazionali massacrati, facendo di noi stessi le vittime di un popolo criminale”, L’angelo ribelle si mostra interessato a queste viete argomentazioni e disperde alcuni spunti interessanti che, seppur un po’ manieristici, avrebbero reso il libro degno di un’ultima bevuta con quel compagno di bagordi che abbiamo tanto amato.

Emir Kusturica (Sarajevo, 1954) è un regista, musicista e scrittore serbo, nato in Jugoslavia. Ha vinto due volte la Palma d’oro al Festival di Cannes, nel 1985 per Papà… è in viaggio d’affari e nel 1995 per Underground, l’Orso d’argento della Berlinale per Arizona Dream nel 1993 e il Leone d’argento alla Mostra del cinema di Venezia 1998 per Gatto nero, gatto bianco. È il chitarrista e frontman della band Emir Kusturica & The No Smoking Orchestra, con la quale si esibisce da più di vent’anni. Nel 2008 ha fondato il Küstendorf Film and Music Festival. Tra i suoi numerosi riconoscimenti, il premio europeo di architettura Philippe Rotthier, l’Ordine della Stella d’Italia e la Legion d’Onore francese. I suoi libri sono tradotti in 18 lingue, in Italia sono apparsi Dove sono in questa storia (2011) e Lungo la Via Lattea (2016). L’angelo ribelle è il suo primo romanzo.

 

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