Recensione: Roman! Breve elogio del romanzo in terra di Francia, di Andrea Vannicelli

Titolo:
Roman! Breve elogio del romanzo in terra di Francia
Autore: Andrea Vannicelli 
Editore: Oligo
Pagine: 79
Anno di pubblicazione: 2023
Prezzo copertina: 13,00 €

Recensione a cura di Mario Turco

Gli italiani sono forti in poesia, i tedeschi in filosofia e i russi nel romanzo. Dante Alighieri sparse la Divina Commedia dei suoi amori e dei suoi umori da esule, Arthur Schopenhauer odiava la sua vicina da casa ma anche chi gli stava lontano e Fëdor Dostoevskij sofferse più per la malattia del gioco che per l’epilessia. Dopo queste verità letterarie presentate in modo ameno vi sentiti spinti ad approfondire le opere di questi scrittori? O magari avete qualche amico illetterato a cui bastano questi lievi spunti per fare quello che finora non ha mai fatto, ovvero aprire un libro e cominciare a leggere quello che c’è scritto dentro? 


Di fronte ad opere come “Roman! Breve elogio del romanzo in terra di Francia”, di Andrea Vannicelli pubblicato da Oligo editore nella collana Piccola Biblioteca Oligo ammettiamo innanzitutto le nostre pochissime competenze manageriali in questa saggistica di consumo: esiste davvero un mercato per testi siffatti? C’è qualche curioso che acquista un libro come questo che nell’arco di 79 pagine in formato tascabile fa una brevissima ricognizione sul romanzo francese degli ultimi tre secoli soffermandosi su alcuni autori piuttosto che altri – Victor Hugo tre pagine ma Alexandre Dumas nessuna, Annie Ernaux tre pagine ma Daniel Pennac nessuna – e trattandoli in una forma così scolastica da rasentare il pedagogismo borghese più bieco? Non si discute ovviamente della competenza dell’autore, il francesista Andrea Vannicelli la cui erudizione emerge qua e là tra le righe del tomo, ma della necessità di un’operazione come Roman! Breve elogio del romanzo in terra di Francia che minimizza una materia così corposa senza riuscire a fornire nessun spunto di curiosità o d’approfondimento. Nell’introduzione l’autore fornisce una teoria abbastanza originale sul fatto che “la somiglianza tra nave e romanzo è sorprendente: nella costruzione (asse dopo asse, per creare un’ossatura intesa come trama, con una parte immersa – tutto ciò che è implicito in un testo -, e dei compartimenti-sezioni-capitoli…), nella composizione spesso tripartita (prua-inizio; scafo-sviluppo; poppa-fine), nella necessità di imbarcarsi verso un altrove assieme a personaggi di vario tipo” ma poi l’abbandona per tutto il corso del saggio per ritrovarla soltanto in chiusura, provando a tirare le somme in una maniera però che risulta inevitabilmente artificiosa e deficitaria dal punto di vista logico.


Bisogna allora contentarsi di note di storia delle letteratura precise ed ampiamente assodate accademicamente che mettono in chiaro, ad esempio, che “il romanzo in Francia è diventato un genere di successo grazie a Honoré de Balzac. Molti sono coloro che si sono appassionati alla letteratura dopo averlo letto […] Balzac ha elaborato un’opera monumentale, La comédie humaine (La commedia umana), titolo scelto per contrapporlo alla Divina Commedia di Dante, ciclo di novantacinque tra romanzi e racconti che hanno tra l’altro l’obiettivo di descrivere la società francese di inizio Ottocento”. Dopo aver forse sottovalutato l’importanza del contributo di Stendhal, almeno per i suoi coevi italiani, il libro passa per Flaubert dando spazio giustamente alle dichiarazioni di poetica di uno scrittore finemente programmatico ed autore di un’opera-mondo come Madame Bovary: “L’artista deve essere nella sua opera come Dio nella creazione, invisibile e onnipotente; dappertutto deve sentirsi la sua presenza, ma senza mai apparire”. Il passo successivo non può che essere la celebrazione di Victor Hugo che “ha regalato alla letteratura universale due capolavori. Alla sua morte, avvenuta a Parigi nel 1885, un’immensa folla di umili cittadini ne seguirono il feretro. Le molteplici e ricche caratteristiche della sua opera, la grandiosità della sua concezione dell’arte e della società, l’impeto del sentimento da cui fu spesso animato fanno di lui una delle figure maggiori dell’Ottocento letterario europeo”. La prima parte del libro si conclude riservando lo spazio di appena due paginette a Emile Zola e Jules Verne, per poi concentrarsi nella seconda sugli esponenti contemporanei del romanzo francese. Ecco che in rapporto ai classici passati in rassegna in modo così fulmineo e al salto non motivato di tutti gli autori del primo Novecento (gli unici accenni sono per Jean Giono e gli immancabili Albert Camus e Jean-Paul Sartre, messi in rassegna quasi per dovere di cronaca piuttosto che organicamente), si arriva con fin troppo peso specifico ad autori come Annie Ernaux e Michel Houellebecq, che secondo Vannicelli sono l’epitome del nuovo concetto di romanzo di questi decenni. Sarà “superfluo dire che questa rassegna di alcuni testi francesi è troppo breve per essere esauriente”, come scritto nelle conclusioni, ma “questa navigazione compiuta via satellite, dall’alto” a noi sembra che abbia illuminato solo i centri storici delle capitali ed un paio di metropoli a vocazione turistica più che culturale.

ANDREA VANNICELLI è docente titolare di Lingua e Letteratura Francese nei Licei. Dopo la laurea in Francesistica e un dottorato di ricerca in Letterature comparate presso l’Università di Lovanio (Belgio) ha pubblicato numerosi saggi in riviste e volumi di ambito accademico. Collabora con vari periodici, tra cui "Studi Cattolici". Tra i libri più recenti ricordiamo Il tramonto dei Lumi. Storia della letteratura francese da Chateaubriand a Houellebecq (GOG).

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