Titolo: Gli amori difficili di uno spettatore. Italo Calvino e il cinema
Autore: Vito Santoro
Editore: Les Flâneurs
Pagine: 262
Anno di pubblicazione: 2024
Prezzo copertina: 18,00 €
Recensione a cura di Mario Turco
"Il Dritto arrivò al posto convenuto e gli altri lo stavano aspettando già da un po’. C’erano tutt’e due: Gesubambino e Uora‐uora. C’era tanto silenzio che dalla via si sentivano suonare gli orologi nelle case: due colpi, bisognava sbrigarsi se non si voleva farsi cogliere dall’alba. ‐ Andiamo, ‐ disse il Dritto. ‐ Dov’è? ‐ chiesero. Il Dritto è uno che non spiega mai il colpo che ha intenzione di fare. Ora ci andiamo, ‐ rispose".
Autore: Vito Santoro
Editore: Les Flâneurs
Pagine: 262
Anno di pubblicazione: 2024
Prezzo copertina: 18,00 €
"Il Dritto arrivò al posto convenuto e gli altri lo stavano aspettando già da un po’. C’erano tutt’e due: Gesubambino e Uora‐uora. C’era tanto silenzio che dalla via si sentivano suonare gli orologi nelle case: due colpi, bisognava sbrigarsi se non si voleva farsi cogliere dall’alba. ‐ Andiamo, ‐ disse il Dritto. ‐ Dov’è? ‐ chiesero. Il Dritto è uno che non spiega mai il colpo che ha intenzione di fare. Ora ci andiamo, ‐ rispose".
Comincia così uno dei più fortunati racconti letterari del secondo Novecento, capace già da questo ritmo iniziale di dare inizio ad una storia e a personaggi che ispireranno uno dei capolavori cinematografici della commedia all'italiana. Stiamo parlando rispettivamente, di "Furto in una pasticceria", di Italo Calvino presente nella raccolta "Ultimo viene il corvo" e del film "I soliti ignoti", di Mario Monicelli che prende largamente spunto da uno tanti geniali giochi di genere dello scrittore ligure. Questo filo esegetico è uno dei tanti che formano l'intelaiatura del saggio "Gli amori difficili di uno spettatore. Italo Calvino e il cinema", di Vito Santoro pubblicato dalla sempre più arrembante Les Flâneurs Edizioni che proprio con questa lavoro inaugura la sua nuova collana di saggistica Passage. Critico letterario e cinematografico, l'autore pugliese mette a frutto la sua doppia competenza indagando l'altelanante rapporto che Calvino ha intrattenuto nel corso della sua vita con la decima musa. Un rapporto spesso minimizzato infatti dallo stesso scrittore, come riportato in maniera esemplificativa nel primo dei piccoli capitoli che compongono il saggio che cita l'intervista che egli diede a Lietta Tornabuoni da direttore della Mostra del cinema di Venezia nel 1981: "Credo che mi abbiano invitato nella giuria della Mostra di Venezia perché non so niente di cinema, perché sul cinema non ho mai teorizzato. Credo di non aver mai letto storie del cinema né testi di teorica cinematografica". Una presa di distanza ed una cultura del sospetto ripresa anche in altri passaggi - "A me il cinema quando somiglia alla letteratura dà fastidio; e la letteratura quando somiglia al cinema anche" - di cui Gli amori difficili di uno spettatore. Italo Calvino e il cinema si serve come base teorica per dar conto del dialogo, in realtà continuo e ricchissimo, tra queste due forme d'arte nella sua inesausta e sempre curiosa formazione culturale. Come riportato da Santoro nel paragrafo "Un bisogno di distanza. Autobiografia di uno spettatore", è infatti proprio nell'omonimo memoir, scritto tardivamente nel 1974 e solo dietro commissione, che Calvino svela la sua sostanziosa formazione cinefila: dagli amati film americani degli anni '30 visti durante l’adolescenza sanremese allo Charlot di Charlie Chaplin (di cui, subito dopo la sua esperienza attiva nella Resistenza e quasi in direzione contraria al ceto intellettuale del suo tempo, riconosce che "di fronte alla società [...] Charlot oppone il suo mondo idillico di trovatelli adottati e di candide ragazze incontrate sul marciapiede"), dalle nove recensioni pubblicate sulla stampa comunista (con la stroncatura di classici come “La vita è meravigliosa”, di Frank Capra e di “Come era verde la mia valle”, di John Ford) fino ad arrivare, negli anni ‘70, come raccontato nell’interessante capitolo “Contro Salò”, alla critica circostanziata ma senza sconti al film di Pier Paolo Pasolini tratto dal libro del marchese De Sade “Le 120 giornate di Sodoma”.
Pur comprimendo l’ampia messe di documenti disponibili, sia interni che esterni, in un agile volume di 200 pagine, il libro di Santoro riesce a fornire un’accurata panoramica della “percezione uccellina della realtà” (la bella definizione citata nel libro è di Renzo Piano) e del cinema che lo scrittore de “Le cosmicomiche” ebbe nella sua vita. Un altro pregio del saggio è di riuscire a fornire una circostanziata testimonianza dei (pochi) film tratti apertamente dalle sue opere ma anche delle ben più corpose pellicole che hanno tratto spunto dai sui racconti e dai suoi temi. Santoro recupera ad esempio anche due mediometraggi di Carlo Di Carlo, “L’inseguimento” e “Avventura di un lettore”, che pur essendo disponibili sul mercato legale della distribuzione italiana faticano ancor’oggi ad essere viste da un pubblico cinefilo. Altrettanto cospicua è la sezione dedicata ai tanti progetti rimasti nel cassetto come il trattamento curato da Calvino per un Marco Polo cinematografico, da scrivere insieme a una delle penne più famose del nostro cinema, Suso Cecchi D’Amico, e l’abortito passaggio sul grande schermo ad opera di Federico Fellini di uno dei suoi testi più famosi, “Fiabe Italiane”. Gli amori difficili di uno spettatore. Italo Calvino e il cinema è quindi un riuscito approfondimento, apparentemente leggero ma in realtà penetrante come il suo soggetto d’indagine, che getta su un rapporto, quello tra Calvino e il cinema, che a nostro avviso nei prossimi anni sarà materia di maggiore sinergia.
Vito Santoro è nato a Trani, dove vive. Critico e studioso di Letteratura italiana contemporanea, ha scritto numerosi saggi sui gruppi e le riviste letterarie degli anni Trenta; sui rapporti tra cinema e letteratura; sui caratteri e le figure della narrativa italiana contemporanea (da Calvino a Bassani, da Malerba a Sciascia, da Moravia a Siti, fino al noir italiano e al graphic novel). Tra i suoi ultimi libri, L’odore della vita. Studi su Goffredo Parise, Notizie dalla post-realtà e Letterati al cinema. È critico letterario di «Repubblica Bari». Ha fondato e dirige la rivista «Lettera Zero», collabora con «L’indice dei libri del mese» e «Lingua Italiana. Treccani». Inoltre sviluppa iniziative culturali e progetti didattici insieme ad associazioni e centri di diffusione della cultura letteraria e cinematografica.
Vito Santoro è nato a Trani, dove vive. Critico e studioso di Letteratura italiana contemporanea, ha scritto numerosi saggi sui gruppi e le riviste letterarie degli anni Trenta; sui rapporti tra cinema e letteratura; sui caratteri e le figure della narrativa italiana contemporanea (da Calvino a Bassani, da Malerba a Sciascia, da Moravia a Siti, fino al noir italiano e al graphic novel). Tra i suoi ultimi libri, L’odore della vita. Studi su Goffredo Parise, Notizie dalla post-realtà e Letterati al cinema. È critico letterario di «Repubblica Bari». Ha fondato e dirige la rivista «Lettera Zero», collabora con «L’indice dei libri del mese» e «Lingua Italiana. Treccani». Inoltre sviluppa iniziative culturali e progetti didattici insieme ad associazioni e centri di diffusione della cultura letteraria e cinematografica.