Recensione: Sad girl. La ragazza come teoria, di Sara Marzullo

Titolo
: Sad girl. La ragazza come teoria
Autore: Sara Marzullo
Editore: 66thand2nd
Pagine: 176
Anno di pubblicazione: 2024
Prezzo copertina: 16,00 €

Recensione a cura di Mario Turco

"Ero triste, di una tristezza vischiosa e pervasiva, come melassa o incenso. E soprattutto, era cosi che volevo descrivermi". Comincia così, con un incipit che starebbe bene ad esergo di una qualunque pagina a caso del diario di tantissimi giovani di ogni tempo, la quarta di copertina del saggio "Sad girl. La ragazza come teoria", di Sara Marzullo pubblicato da 66thand2nd. Basta in realtà qualche riga dell'introduzione scritta dalla stessa autrice, trentenne traduttrice, scrittrice, giornalista ed attivista culturale, per stringere il cerchio di quella che sarà un'indagine nata gettando uno sguardo al recente passato perché "c'è qualcosa dell'essere ragazze che non cessa di affascinarmi". 


Partendo da una riflessione su ciò che le resta oggi dell'identità dei suoi vent'anni, ovvero una sad girl con un blog su Tumblr che postava citazioni di poetesse come Sylvia Plath e vagava spaesata nell'enorme galassia di quest'estetica, Marzullo infatti in 162 pagine redige un lavoro consapevolmente a metà tra auto-fiction e puntuali ma disorganici spunti teorici che analizzano il sostrato che sta alla base dell'ossessione culturale sulle e delle giovani donne permeate di tetraggine social. Non si tratta però solo di un reportage/memoir - genere che l'autrice ha frequentato come lettrice e articolista e che rappresenta probabilmente il limite di un’opera che non riesce ad avere una visione sistemica - su queste ragazze tristi perché Sad girl - La ragazza come teoria, dopo i primi capitoli concernenti questo tema, alza ulteriormente il tiro e si spinge verso lo studio di alcuni significativi fenomeni connessi al mondo delle donne. Lo fa attraverso un occhio vivace, militante e femminista che sin dalle citazioni degli studi di genere che aprono il libro, bell hooks e Susan Sontag, intende mostrare come anche alcune rivendicazioni di empowerment sia in realtà innocue vittorie di facciata che non mettono in crisi l’attuale sistema societario basato sulla mercificazione dell’Io e sullo sguardo maschile. In questa trattazione che va senza mancanza di pudore (sia chiaro che è un merito) dalla lettura anticapitalista della Jeune Fille messa in atto dal collettivo francese Tiqqun al fascino degli amici dell'autrice verso le "ragazze perdute" (qui invece l'insistito personalismo nuoce alla scorrevolezza del tema), Marzullo perde però per strada l'iniziale focus argomentativo. Manca difatti una cronicizzazione della sad girl del titolo: ad esempio, che rapporto hanno queste ragazze tristi del web 2.0 con immaginari molto più codificati e analogici come goth e dark? Perché non arrivano a toccare quegli estremi e quanto incide la brandizzazione della tristezza fatte dalle ricordate supermodelle Bella Hadid e Ratajkowski? 


Come se sentisse l'esigenza di giustificare a sé stessa e ai suoi lettori di dover inquadrare quel malessere in una periodizzazione filosofica tipica di chi si compiace di aver superato quella fase, Marzullo arriva ad affermazioni apodittiche, piazzate come un alert di rinsavimento per sé e i suoi lettori - e si tratta non a caso delle teorie più gender studies - ma che magari avrebbero avuto invece bisogno di maggiore ponderazione. Così "Non c’è nulla di più mercificato dell’adolescenza femminile" marca un capitolo mentre quello successivo, con più oculatezza e strutturazione teorica, si sofferma invece sulla sessualizzazione della donna, vero totem (e tabù) di qualunque società occidentale. Peccato, perché nell'interessante capitolo che riflette sull'auto-imprenditorialità di popstar come Beyoncé e Taylor Swift che si compiacciono del loro potere di fare business, l'analisi avrebbe magari giovato di qualche testo di canzone o dichiarazione che avrebbe ulteriormente mostrato la pervasività di quella che rimane una dinamica patriarcale introiettata dalle artiste e che non mette in crisi la distribuzione di potere attuale tra i generi. Sad girl - La ragazza come teoria rimane comunque un lavoro di pregio, scritto da una millennial molto preparata e con punti di vista che, nonostante il paravento della confusione esistenziale, riescono ad essere razionalmente coesi. L’unica nota che ci sentiamo di fare è sull’utilizzo senza ironia della parola “capi” nell’illustrazione dei rapporti di lavoro che da “gradevole” gallerista intratteneva coi suoi datori di lavoro: un termine mercantilista usato da una lavoratrice culturale dalle squisite letture di genere che non rende ragione al suo attivismo sociale e politico.

Sara Marzullo è una giornalista culturale e traduttrice. Vive a Torino. Ha scritto di romanzi, città e genere su «Il Tascabile», «Harper’s Bazaar» e altre testate. Sad girl è il suo primo libro.

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