Recensione: L'ultima notte di Raul Gardini, di Gianluca Barbera

Titolo:
L'ultima notte di Raul Gardini. Il giallo di Tangentopoli
Autore: Gianluca Barbera
Editore: Chiarelettere
Pagine: 324
Anno di pubblicazione: 2022
Prezzo copertina: 18,60 €

Recensione a cura di Mario Turco

Alla fin fine, il cambiamento più grande che ha generato Tangentopoli è quello grammaticale: dal 1992 il povero suffisso –poli è stato usato in maniera esclusivamente negativa per connotare il periodico scandalo del Belpaese. A distanza di trent’anni da quella che sembrava la madre di tutte le battaglie morali, si può pacificamente affermare che le inchieste giudiziarie condotte dal pool di Mani Pulite non riuscirono a raggiungere il principale obiettivo che si erano prefisse, che era quello di abbattere per via legali una delle peggiori classi dirigenziali dell’Occidente. Eppure, nel ricordo popolare sono i pochi eccessi e le ancor più rade tragedie di quella sacrosanta caccia alle corruttele ad essere rimasti impressi. 


Ecco che “L’ultima notte di Raul Gardini”, scritto dal giornalista Gianluca Barbera ed edito da Chiarelettere, prova a raccontare in versione romanzata il suicidio della vittima più illustre di Tangentopoli: il tycoon ravennate Raul Gardini. I fatti reali sono più o meno riassumibili con due date. Il 20 luglio 1993 Gabriele Cagliari, ex presidente dell’Eni fatto arrestare dai pm Antonio Di Pietro e Gherardo Colombo, s’uccide in carcere infilando la testa in una busta di plastica. Tre giorni dopo, il 23 luglio, è Raul Gardini, ex deus-machina del gruppo Ferruzzi, a togliersi la vita nel suo palazzo milanese, poco prima di recarsi in procura per essere sentito come teste. Sono i tre giorni neri di Mani Pulite, che da una parte sembrano placare la sete di sangue di cittadini sempre più disgustati dalla fitta rete di tangenti presente ad ogni appalto, pubblico o privato che sia, mentre dall’altra spingono la classe politica ad una reazione scomposta che culminerà, come noto, con la guerra aperta tra poteri dello Stato nella Seconda Repubblica. Di fronte a questa matassa d’epoca, i cui fili ancora oggi avvincono tanti protagonisti della scena istituzionale, “L’ultima notte di Raul Gardini” s’approccia seguendo il più usurato degli schemi letterari: l’investigazione finzionale ma verosimile compiuta da un personaggio di second’ordine, in questo caso l’evidentemente autobiografico giornalista d’inchiesta Marco Rocca. Il modello è Leonardo Sciascia ma il risultato però è, al massimo, il Nicola Lagioia del (terribile) “La città dei vivi”. Forse Barbera sa che il romanzo vende più del saggio – ed allora ci sarebbe piaciuto, stando agli ultimi dati di vendite editoriali, vedere Gardini in versione manga! – e soprattutto permette di sorvolare su eventuali debolezze di archivio perché colma i buchi documentali attraverso la fantasia personale dell’autore. Invece di scegliere una posizione riguardo alla morte di Gardini, il libro le presenta tutte lasciando al lettore la scelta su quale propendere a seconda del suo gusto: lo spettro narrativo va dal razionale suicidio (il potentissimo manager che crolla dopo mesi agitati e l’imminente più che plausibile condanna per la tangente Enimont) al complotto familiare (il cognato Carlo Sama), dagli immancabili servizi segreti deviati (la lotta contro il salotto della finanza italiana e la presenza di Enrico Cuccia il mattino successivo alla morte nel luogo del misfatto) alla maledizione atavica di Ca’ Dario, il palazzo acquistato dall’imprenditore ravennate nonostante la sinistra fama.


Conscio di avere tra le mani una grande storia, umana e collettiva, Barbera compie una specie di mitopoiesi dal ritmo televisivo (i sessanta capitoli del libro saltellano tra passato e presente e tra un personaggio e l’altro) dell’impero Ferruzzi, riuscendo da questo punto di vista a dare la giusta enfasi ad una famiglia che nel periodo di massima espansione imprenditoriale era seconda soltanto agli Agnelli per caratura economica. Il problema del romanzo sta proprio qui perché questo stillicidio d’informazioni è più adatto ai media audiovisuali – e difatti con lungimiranza Barbera ha opzionato il suo libro per una serie tv da parte della casa di produzione Mompracem, di Carlo Macchitella e dei Manetti Bros. – che non alla lettura perché il frequentissimo uso della forma dialogica e l’asciuttezza delle descrizioni d’ambiente/temporali (che si vorrebbero secche come Raymond Chandler ma sono spesso banali come un giallo dozzinale) rendono disagevole una visione d’insieme che mai come in questo caso sarebbe dovuto essere necessaria. Ma se, nonostante queste pecche, il racconto su Gardini e sui Ferruzzi riesce a far presa per via della fascinosa arroganza industriale della famiglia, come se fossimo di fronte ad una versione persino più fatale dei Gucci tratteggiati recentemente da Ridley Scott, a pesare sul buon esito de “L’ultima notte di Raul Gardini” è la parte, purtroppo corposa, inerente l’indagine del protagonista Marco Rocca. L’inesistente tensione investigativa e la dilettantesca caratterizzazione del giornalista – i soliti problemi lavorativi, i soliti problemi familiari (con il surplus di qualche battuta sessista sull’ex-moglie e la compagna fedifraga), la solita falsa pista imboccata – rendono il romanzo appunto un canovaccio che si spera gli sceneggiatori della prossima serie tv riescano ad arricchire. Tangentopoli merita un trattamento culturale migliore.

Gianluca Barbera è nato a Reggio Emilia nel 1965 e vive tra Siena e Venezia. Collabora con le pagine culturali de “il Giornale”. Ha lavorato per anni in campo editoriale e ha pubblicato racconti su riviste e in antologie, oltre a diversi romanzi, tra cui ricordiamo Magellano (2018) e Marco Polo (2019), entrambi editi da Castelvecchi e vincitori di numerosi premi. Per Solferino ha scritto Il viaggio dei viaggi (2020) e Mediterraneo (2021). I suoi libri sono tradotti in varie lingue. L’ultima notte di Raul Gardini è stato opzionato dalla casa di produzione Mompracem (Manetti Bros., Carlo Macchitella, Beta Film) per la trasposizione in una serie televisiva.

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