Recensione: L'ARTE DI VINCERE (2011)

USCITA CINEMA: 27/01/2012
REGIA: Bennett Miller
SCENEGGIATURA: Aaron Sorkin, Steven Zaillian
ATTORI: Brad Pitt, Jonah Hill, Philip Seymour Hoffman, Robin Wright, Chris Pratt, Brent Jennings, Tammy Blanchard, Jack McGee, Vyto Ruginis, Nick Searcy, Glenn Morshower, Kerris Dorsey, Arliss Howard
FOTOGRAFIA: Wally Pfister
MONTAGGIO: Christopher Tellefsen
MUSICHE: Mychael Danna
PRODUZIONE: Michael De Luca Productions, Scott Rudin Productions, Specialty Films
DISTRIBUZIONE: Warner Bros. Pictures Italia
PAESE: USA 2011
GENERE: Drammatico
DURATA: 133 Min
FORMATO: Colore  

TRAMA
Assunto come general manager della squadra di baseball degli Oakland's Athletics, Billy Beane cerca di trovare in un complesso sistema computerizzato d'analisi statistica il modo di trovare i giocatori migliori da mettere sotto contratto e da schierare. Per tornare finalmente a vincere.

RECENSIONE
Ecco il film della settimana!
L'arte di vincere è uno di quei pochi film in grado di farti uscire dal cinema con il sorriso sulle labbra e farti ricordare perchè ami tanto recarti in quel luogo.
Le storie sportive sono state ampiamente affrontate dal cinema, spesso tratte dalla realtà, ma quella portata sul grande schermo da Bennett Miller sfugge la banalità e ci regala un ritratto romantico dello sport.
Lo spettatore viene messo, sin dall'inizio, a conoscenza di una sacrosanta verità: senza soldi non si vince.
Lo sa bene Billy Beane, general manager degli Oakland Athletics, costretto a competere con un budget troppo inferiore rispetto alle prime della classe. E nonostante questo i suoi risultati sono sorprendenti.
Billy, tuttavia, non è soddisfatto perchè vuole il massimo: vuole vincere. La sua non è una mera ambizione personale,  ma l'idea di poter cambiare le regole dello sport, le regole del mercato, sconfessando l'assunto secondo cui chi ha più soldi vince. Per far questo, dopo aver perso i migliori giocatori venduti alle grandi squadre, ingaggia Peter Brand, un giovane ragazzo laureato in economia, ed abbraccia completamente la sua filosofia secondo cui, attraverso l'uso metodico delle statistiche, è possibile trovare i giocatori giusti e comporre un grande collettivo con una spesa minima. Per questo vengono presi atleti apparentemente di poco valore, da far giocare anche in ruoli diversi.
All'inizio questa scelta si rivela fallimentare, ma con il passare delle giornate la squadra cresce e riesce a raggiungere il record di 20 vittorie consecutive. Tuttavia basterà per portare a casa il titolo?
Questo sta a voi scoprirlo andando al cinema.

Mentre vedevo il film non ho potuto fare a meno di pensare al calcio, sport che amo, e paragonare la squadra degli Oaklands all'Udinese, terza forza del campionato di serie a. Il paragone è naturale visto i risultati di una squadra assemblata comprando giovani sconosciuti, esaltati in un collettivo perfetto.
Ed è proprio questa l'idea di Billy: comprare giocatori sottovalutati per poi esaltarne le doti al servizio della collettivita. Il tutto mediante l'utilizzo, sistematico, delle statistiche sportive.
E tutto questo per restituire allo sport il romanticismo, la purezza, la genuinità, abbandonati in nome del business e di un mercato selvaggio, senza regole e senza confini. Metafora evidente di tutta la realtà economica mondiale e, in particolare, americana.
Da una parte una critica forte e chiara ad un sistema capitalistico feroce, abietto per molti aspetti; dall'altra l'esaltazione del sogno americato da proporre nello sport come nella vita.
Dunque la visione politica dello sport è il fulcro centrale della storia, al quale viene affiancata quella personale di Billy, incapace di godersi il successo in virtù dell'idea fissa di essere un perdente (tanto da non guardare nemmeno le partite). Una convinzione che affonda le radici nel suo fallimento come giocatore e che lo costringere a vivere con una perenne rabbia, difficile da tenere a freno.

Ieri ho esaltato la bravura di Meryl Streep nel film The Iron Lady, oggi non posso esimermi dal farlo con uno straordinario Brad Pitt (nel ruolo di Billy Beane), perfettamente spalleggiato dal divertente Jonah Hill
Non a caso entrambi candidati, con merito, agli Oscar.
La sceneggiatura è solida, salvo qualche piccolo passaggio a vuoto legato a digressioni intime poco funzionali alla storia sportiva. La fotografia è splendida e la regia, a mio avviso, pienamente convincente.

Consigliato? Assolutamente si. Da non perdere!

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