La stessa sera alla stessa ora; La stanza n°18: le novità Polillo in libreria da febbraio

Titolo: La stessa sera alla stessa ora
Autore: Herbert Adams
Editore: Polillo
Pagine: 256
Anno di pubblicazione: 2013
Prezzo copertina: 14,90 €


Le coincidenze sono accadimenti fortuiti e imprevedibili che destano sempre stupore o curiosità e che in qualche caso hanno una portata tale da cambiare il corso della vita di una o più persone. È questo il tema al centro di un’oziosa conversazione tra l’ispettore Goff di Scotland Yard e l’investigatore dilettante Roger Bennion, ancora ignari del fatto che l’indomani si sarebbero ritrovati a discutere proprio di una vera seppure incredibile coincidenza: la morte dei fratelli Alexander e Frederick Curtis, avvenuta simultaneamente ma in luoghi diversi.
A prima vista sembrerebbe trattarsi di un duplice suicidio giacché sulle armi che hanno fatto fuoco sono presenti soltanto le impronte digitali delle vittime, entrambe sole in casa al momento del decesso. Ma le analogie si spingono ancora oltre: nessuno dei due fratelli ha lasciato un biglietto per spiegare un gesto del tutto inatteso, e in ambedue i casi è un orologio rotto a suggerire l’ora esatta della morte. Le coincidenze, insomma, sono fin troppe per fidarsi delle apparenze; ma da qui a stabilire cosa sia successo veramente la strada per Goff e Bennion è ancora molto lunga e accidentata. Ambientato a Londra nel piovoso luglio del 1939 e scritto nello stesso anno, un mystery piacevolissimo nella più pura tradizione anglosassone.

Herbert Adams (1874-1958), londinese, esordì nella narrativa nel 1899 con il romanzo A Virtue of Necessity, ma lo scarso successo lo indusse ad abbandonare la scrittura per occuparsi d’altro. Ormai prossimo ai cinquant’anni decise di riprovare cimentandosi, questa volta, nella stesura di un mystery, The Secret of Bogey House (1924). L’esito fu molto migliore e da allora Adams si dedicò a tempo pieno al giallo. In tutto scrisse una cinquantina di romanzi, dapprima utilizzando il personaggio di Jimmie Haswell, un avvocato di Londra, poi, a partire dal 1936, quello di Roger Bennion, un eccellente golfista e investigatore dilettante che apparve in 27 storie, tra cui The Chief Witness (1939, La stessa sera alla stessa ora); nessuno dei due compare invece in Una parola di otto lettere (A Word of Six Letters, nell’edizione americana Murder Without Risk!). La prosa di Adams è stata particolarmente apprezzata dalla critica per la sua freschezza e leggerezza. Tra le opere dell’autore molte sono di ambientazione golfistica e tra queste la più importante è John Brand’s Will (1933, The Golf House Murder nell’edizione americana), curiosamente senza Roger Bennion come protagonista. Negli anni Trenta, il suo periodo più fecondo, Adams scrisse anche due romanzi d’amore (Queen’s Mate, 1931, e Lady So Innocent, 1932), nonché due mystery usando lo pseudonimo di Jonathan Gray.

Titolo: La stanza n° 18
Autore: Mignon Good Eberhart
Editore: Polillo
Pagine: 288
Anno di pubblicazione: 2013
Prezzo copertina: 15,40 € 


Osannato dalla critica e inserito nell’elenco delle pietre miliari del giallo compilato da Howard Haycraft ed Ellery Queen, il romanzo d’esordio (1929) di Mignon Good Eberhart introdusse due tra i personaggi più riusciti dell’autrice: l’infermiera Sarah Keate, una donna di mezza età dai capelli rossi e dal carattere deciso, e il promettente giovane detective Lance O’ Leary. Saranno loro a risolvere il terribile mistero del St. Ann’s Hospital, una stimata clinica del Midwest americano nella cui stanza numero 18 si succedono alcuni misteriosi decessi. Tutto ha inizio in una notte di giugno, quando un anziano paziente muore in seguito a un’iniezione di morfina che nessuno gli aveva prescritto, ma che gli è stata praticata con un fine ben preciso. L’uomo era infatti l’incolpevole custode di un vero e proprio tesoro: un grammo di radio, indispensabile per la sua cura, che il St. Ann aveva acquistato per settantacinquemila dollari e che, inutile a dirsi, è sparito. Chi voleva mettere le mani su quella fortuna? Solo poche ore prima, durante una cena tra i medici e il personale della clinica, non pochi tra i presenti avevano manifestato il desiderio di arricchirsi in fretta, senza tanti scrupoli. Qualcuno aveva parlato con leggerezza, ma qualcun altro, come il lettore scoprirà, faceva terribilmente sul serio.

Mignon Good Eberhart (1899-1996), nata a Lincoln, Nebraska, soprannominata la Agatha Christie americana per la vastità e la qualità della sua produzione, iniziò a scrivere per occupare il tempo libero durante le lunghe trasferte al seguito del marito, un ingegnere civile. Accomunata spesso a Mary Roberts Rinehart per il taglio dei suoi primi romanzi e considerata una vera e propria antesignana di quello che oggi viene chiamato “medical thriller”, la Eberhart ebbe un immediato successo di pubblico e di critica. Il primo romanzo, The Patient in Room 18 (La stanza n. 18) è del 1929 e fu seguito, l’anno dopo, da While the Patient Slept (L’elefante di giada) che si aggiudicò i 5000 dollari dello Scotland Yard Prize per il miglior poliziesco dell’anno. Anche se le prime opere avevano due protagonisti fissi, l’infermiera di mezza età Sarah Keate e il giovane poliziotto Lance O’Leary, la produzione dell’autrice (una sessantina di romanzi, l’ultimo dei quali pubblicato quando stava per compiere 89 anni) è sempre stata caratterizzata da una grande varietà di personaggi, mai riproposti in storie successive, e da uno stile che mutava col passar degli anni adeguandosi all’evoluzione del genere. Nel 1977 fu eletta presidente dell’associazione dei Mystery Writers of America dalla quale, nel 1971, era stata nominata Grand Master.

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