Recensione: IL FIGLIO DI RAMSES. IL LADRO DI ANIME di Christian Jacq

Titolo: Il figlio di Ramses. Il ladro di anime
Autore:
Christian Jacq
Editore: Tre60
Pagine: 276
Anno di pubblicazione: 2016

Prezzo copertina: 9,90 €


La corte dell’antica capitale Menfi è sconvolta: Setna, figlio del faraone Ramses, è morto annegato, e il supremo mago nero sta organizzando un’ingente offensiva contro il faraone Ramses per conquistare la sua città e carpirne i segreti più antichi. Nel frattempo, nel marasma di anime vessate, Sekhet, innamorata di Setna, si è rifugiata nel tempio di Sekhmet, la dea leonessa, in attesa del suo principe ancora vivo a dispetto delle false notizie fatte trapelare dalle forze oscure nella capitale. Setna si sta dirigendo verso la città di
Bastet per ritrovare il vaso sigillato contenente il segreto di Osiride, utile per sconfiggere il mago nero che sta tormentando la sua gente. L’erede al trono però, per ripristinare l’ordine e la pace deve prima ricongiungersi con la sua amata sacerdotessa, poiché solo unendo le forze il male può essere sconfitto. Riusciranno Setna e Sekhmet a salvare il regno?

Ancora una volta ritornano i personaggi più importanti del nuovo ciclo di opere firmato Christian Jacq: il principe sempre pronto all’azione, ma allo stesso tempo guidato dalla saggezza divina; e l’innamorata, fiera combattente che, come sempre, interpreta un ruolo a metà tra il sibillino e l’eroico. La particolarità di questo terzo volume risiede nella menzione alla città sacra di Bastet (nota oggi come Bubasti). Non a caso, lo scrittore grazie ad un linguaggio forbito e descrittivo, ci guida attraverso un antico luogo di vestigia e sacralità dedicate a Bastet, dea raffigurata con sembianze femminili e testa di gatta. Per il resto, vi è un ripetersi di elementi già incontrati nei primi due volumi: il faraone e le lotte interne alla sua corte, gli oggetti sacri come il vaso di Osiride e i libri mistici, le corse contro il tempo per abbattere il male, la divisione - seppur temporanea - degli innamorati, l’importanza della fede e del culto nell’antico Egitto, le lotte per la supremazia politica, etc. Insomma, un nuovo romanzo che si va ad arricchire le “ cronache del principe”, ma che fondamentalmente non risulta indispensabile nel processo di assimilazione dell’intera saga. Lo definirei un “di più”, un volume che, tanto può allietare i lettori più accaniti prolungando la storia, tanto può risultare prolisso e scontato. Personalmente, non mi sento né di consigliarlo, né di sconsigliarlo. Credo semplicemente che la scelta ricada sul gusto e l’affezione personale del lettore verso la saga.

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