Recensione: Verde Nilo, di Cesare Brandi

Titolo: Verde Nilo
Autore: Cesare Brandi
Editore: Elliot
Pagine: 192
Anno di pubblicazione: 2017

Prezzo copertina: 17,50 €


Recensione a cura di Marika Bovenzi

Quanti di noi hanno sognato le terre calde ed esotiche dell’Egitto? Quanti si sono ritrovati a immaginare viaggi lungo le sponde del Nilo tra quelle terre selvagge e antiche? Molti sono i resoconti pubblicati da esploratori, viaggiatori e archeologi che con passione, ardimento e coraggio si sono spinti oltre i limiti dell’abitato e del civilizzato per comprendere ed apprezzare da vicino le lande degli antichi faraoni. A tal proposito, la casa editrice Elliot ha deciso di
pubblicare per i lettori italiani un saggio, elaborato sotto forma di diario di viaggio, di Cesare Brandi, intitolato Verde Nilo.

L’autore, uno studioso italiano, nel 1963 scrive un diario in cui narra la sua esplorazione di uno dei fiumi più lunghi e importanti del mondo: il Nilo. Un fiume che da sempre rappresenta il cuore pulsante di una grande civiltà che attraversa in modo impetuoso sette regioni africane, e che da secoli si erge a detentore di vita e di morte di miriadi e miriadi di popolazioni. “L’Egitto non è un paese, è un fiume” così Cesare Brandi apre il suo immenso e magico viaggio diviso in quattro tappe fondamentali: la prima lo porta a visitare le maestose e sacre piramidi di Giza, la sfarzosa mastaba di Ti a Saqqara, le megalopoli di Luxor e Karnak con il grande tempio di Amon, e le immense ed estatiche Valli dei Re e delle Regine; la seconda, invece, è interamente centrata sulla regione della Nubia, in cui visita l’obelisco incompiuto, la città verdeggiante di Assuan, il complesso archeologico di Abu Simbel (riportato alla luce dall’archeologo italiano Giovanni Battista Belzoni), il gigantesco tempio di Dakka dedicato al dio Thoth e l’antica cittadina di Kalabsha (a sud di Assuan). Durante il terzo pellegrinaggio, si sposta e raggiunge il Fayum, dove proseguirà con un’esplorazione della città del Cairo, delle moschee locali e del Museo Nazionale; ed infine, la quarta ed ultima tappa lo porterà a compiere un’escursione sul Sinai e al convento di Santa Caterina.

Con uno stile elegante ed un linguaggio complesso, Cesare Brandi nel suo diario non si limita a riportare soltanto ciò che vede, al contrario fornisce al lettore nozioni di storia antica, di botanica locale, di archeologia e di geologia. Personalmente, una cosa che ho apprezzato particolarmente di questo scritto è la sincerità e la genuinità con cui l’autore ci riporta la sua esperienza. A differenza di molti viaggiatori ed esploratori, lui non fa leva sul caldo feroce, sull’acqua imbevibile e sulle differenze etniche e sociali per ingigantire l’eccezionalità del viaggio e mostrarsi come un eroe, ma al contrario ci riporta con autoironia la sua goffaggine, i timori, la felicità scaturita dallo sforzo, lo stupore per le cose mai viste, la sorpresa di suoni e sapori nuovo, la gioia dell'incontro con una realtà diversa (a tratti primitiva).

Verde, il Nilo, io non l’ho mai visto, perché questo fatto accade in un solo mese dell’anno, nel giugno, quando arriva il fiotto del Nilo Azzurro, e per l’appunto allora diventa verde invece che azzurro, o di un verde che è passato nelle tavolozze dei pittori e nella gamma dei vestiti delle signore. Ma quel verde, appena più intenso della giada e appena meno lattiginoso del verde della penicillina, non è il verde di questo titolo, perché nessun verde è così smagliante come quello che accompagna, nella stretta vallata, da una parte e dall’altra, il Nilo, il fiume più bello del mondo […]

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