Recensione: L'uomo che gridò io sono, di John A. Williams

Titolo
: L'uomo che gridò io sono
Autore: John A. Williams
Editore: Elliot
Pagine: 516
Anno di pubblicazione: 2025
Prezzo copertina: 22,00 €

Recensione a cura di Luigi Pizzi

Il romanzo si apre con Max Reddick, malato terminale, che si trova in Europa, lontano dalla sua patria. Sente che gli resta poco tempo e decide di raccogliere i pezzi della sua vita, ricordando le esperienze che lo hanno portato fino a lì. Mentre lotta con la sua malattia e il peso del passato, fa una scoperta sconvolgente: un documento segreto noto come "Piano King Alfred", che delinea un progetto governativo per il contenimento e lo sterminio della popolazione afroamericana negli Stati Uniti in caso di disordini sociali. Questo piano distopico è la rivelazione che lo spinge a prendere una decisione drastica: deve avvertire il mondo prima che sia troppo tardi.


Attraverso una serie di flashback, il romanzo racconta l'infanzia e la giovinezza di Max, mostrandolo mentre cresce nella segregazione e inizia a comprendere il razzismo sistemico che lo circonda. Diventa giornalista e, attraverso il suo lavoro, si avvicina agli intellettuali e attivisti neri dell'epoca. In questo periodo, Max stringe amicizia con Harry Ames, un personaggio ispirato allo scrittore Richard Wright, che lo introduce alla scena letteraria afroamericana. Tuttavia, la vita da intellettuale nero negli Stati Uniti si rivela soffocante: il razzismo è onnipresente, e la sua carriera incontra ostacoli invisibili ma insormontabili. Deluso e frustrato, Max si trasferisce in Europa, dove spera di trovare maggiore libertà intellettuale e personale. Lì vive diverse relazioni interrazziali, in particolare con Margrit, una donna bianca con cui ha un rapporto tormentato. Il romanzo esplora in modo crudo le difficoltà di queste relazioni, tra desiderio, incomprensione e dinamiche di potere legate alla razza. Il cuore del romanzo è la scoperta del Piano King Alfred, una cospirazione governativa per eliminare sistematicamente gli afroamericani in caso di rivolte o instabilità sociale. Max viene a conoscenza del piano dopo la morte sospetta del suo amico Harry Ames, che probabilmente è stato assassinato per aver scoperto troppo. La rivelazione mette Max in una posizione pericolosa: sa troppo, e le forze governative sono sulle sue tracce. Deciso a svelare la verità, Max tenta disperatamente di diffondere le informazioni, ma la sua malattia e il sistema oppressivo lo rendono vulnerabile...


"L'uomo che gridò io sono" di John A. Williams è un romanzo denso e potente, che si distingue per il suo stile letterario incisivo e per la profondità delle tematiche trattate. Pubblicato nel 1967, il libro non è solo una narrazione avvincente, ma anche una critica feroce alla società americana e al trattamento riservato agli afroamericani, sia all'interno che all'esterno dei confini nazionali. Williams utilizza uno stile realistico e diretto, che non si sottrae dal mostrare le ingiustizie e la brutalità della società razzista. La narrazione è spesso cruda e descrive senza filtri il razzismo sistemico, la violenza e l’ipocrisia della società americana. Il linguaggio è sofisticato, con un tono a tratti giornalistico e a tratti lirico, riflettendo la formazione intellettuale del protagonista, Max Reddick. L'autore impiega un narratore onnisciente, che permette di esplorare i pensieri intimi del protagonista, ma anche di offrire una prospettiva più ampia sugli eventi storici e politici. La narrazione spazia tra passato e presente, con frequenti flashback che ricostruiscono la vita di Max e le sue esperienze, rendendo il romanzo un mosaico complesso di memorie, riflessioni e azioni. Lo stile di Williams è influenzato dalla tradizione della letteratura afroamericana, con richiami ad autori come Richard Wright, James Baldwin e Ralph Ellison. Tuttavia, a differenza di alcuni suoi predecessori, Williams aggiunge elementi di thriller politico e distopia, avvicinandosi a una narrazione più moderna e sperimentale. Il romanzo, come detto, non segue una narrazione lineare, ma è costruito attraverso frammenti temporali, che passano continuamente dal passato al presente, mescolando esperienze personali con eventi storici. Questa struttura dà al libro un ritmo avvincente ma impegnativo, che richiede attenzione e coinvolgimento da parte del lettore. Il dialogo è spesso serrato e tagliente, mentre le descrizioni sono intense e ricche di dettagli, capaci di evocare in modo vivido l’ambiente in cui si muove il protagonista.


In definitiva, "L'uomo che gridò io sono" è un’opera ambiziosa e provocatoria che fonde elementi di romanzo storico, thriller politico e riflessione esistenziale. Lo stile di Williams, tra realismo crudo e lirismo intenso, accompagna una narrazione complessa e frammentata che riflette la disintegrazione dell’identità del protagonista. Le tematiche trattate – dal razzismo istituzionale all’alienazione, dalle relazioni interrazziali alla critica del colonialismo – rendono il romanzo un'opera fondamentale nella letteratura afroamericana, ancora oggi di grande attualità.

John A. Williams, nato nel 1925 in Mississippi in una famiglia della classe operaia. Visse la sua infanzia a Syracuse, New York. Dopo un’esperienza in Marina durante la Seconda Guerra Mondiale, studiò giornalismo e divenne corrispondente europeo per le riviste «Ebony» e «Jet» e occupandosi di Africa per «Newsweek». Pubblicò più di venti libri di narrativa e saggistica tra cui The Angry Ones e Click Song con cui vinse l’American Book Award nel 1982. Nel 1962 venne annunciato come vincitore del Prix de Rome, ma quando si recò a ritirarlo, a seguito del colloquio con la giuria, il premio non gli venne assegnato. L’uomo che gridò io sono, del 1967, è considerato il suo capolavoro. È morto nel 2015 in New Jersey.

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