Recensione: Io che ti ho voluto così bene, di Roberta Recchia

Titolo
: Io che ti ho voluto così bene
Autore: Roberta Recchia
Editore: Rizzoli
Pagine: 347
Anno di pubblicazione: 2025
Prezzo copertina: 18,00 €

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Recensione a cura di Luigi Pizzi


Ogni estate ad agosto, a Torre Domizia, località marina sul litorale laziale, arriva da Roma Betta Ansaldo. Bella, spavalda, piena di vita, trascorre le sue vacanze lì, sotto gli occhi ammirati dei ragazzi del posto. Tra questi, c'è anche Luca Nardulli, che all'età di dieci anni scopre di essere innomorato di lei e da quel momento Betta diventa, per quei mesi estivi, un punto fisso, un’ossessione luminosa, un’affezione segreta. Tre estati dopo, quel mondo infantile si infrange in una notte che segna tutto. Betta viene uccisa, vittima di un’aggressione feroce sulla spiaggia, e Luca — come tutti — ne rimane straziato.


Per oltre un anno, nessuno sospetta nulla. L’omicidio resta impunito. Luca, pur devastato, riprende faticosamente a vivere. Inizia a frequentare Flavia Diodato, compagna di liceo, la sua prima ragazza. Ma poi la verità esplode: Maurizio, il fratello maggiore di Luca, viene arrestato e confessa tutto: insieme a due amici, sotto l’effetto di alcol e droghe, ha tentato di violentarla. Betta si è ribellata. Maurizio l’ha soffocata. È un colpo devastante. L’intera famiglia Nardulli viene travolta. Il padre Tommaso, maresciallo dei carabinieri e incaricato delle indagini all’epoca dei fatti, viene accusato di favoreggiamento, anche se verrà poi scagionato. Ma il danno è fatto: l’onore è perso, la fiducia spezzata. Per evitare a Luca l’umiliazione pubblica e il dolore ulteriore, la madre, Lilia, lo manda lontano: a Bergamo, dallo zio Umberto e la zia Mara, con le cugine Caro', Caterina ed Emilia. Un esilio affettivo, seppur protettivo. Zio Umberto, professore e vice-preside al Pio Collegio degli Oblati, è un uomo gentile, che cerca di offrire a Luca una nuova normalità, anche se la loro famiglia viene a sua volta investita dal giudizio della comunità. La zia Mara, col tempo, comincia a temere che la violenza possa essere ereditaria e che Luca, come il fratello, rappresenti una minaccia per le sue figlie. La tensione diventa insostenibile, e Umberto, pur di non abbandonare il nipote, decide di trasferirsi con lui presso il collegio dove insegna. È un periodo duro, di solitudine e di silenzi. Ma proprio in quel vuoto, Luca comincia a ricostruirsi. Si appassiona allo studio, si immerge nel rigore scolastico, e inizia a farsi spazio nella vita. Negli anni, nuove tragedie si abbattono su Luca: l’incidente della cuginetta Emilia, la morte della madre, il ritiro del padre in un paesino isolato. Ogni evento sembra voler spezzare il ragazzo, ma lui resiste, continua a crescere, a cercare luce nel buio. L’unico legame che resta vivo con il passato è quello con Flavia, che nemmeno la distanza e le pressioni familiari riescono a spegnere. Saranno l’amico Davide e la cugina Caro’ ad aiutarli a ritrovarsi anni dopo. Nella parte finale, Luca è diventato uomo, padre e insegnante, ha imparato a camminare con le proprie gambe, ma senza dimenticare. Quando il padre muore, è costretto ad affrontare Maurizio, che nel frattempo è uscito dal carcere. Lui non ha mai smesso di odiarlo e non ha mai cercato la redenzione per il fratello. Ma apprende anche che lo zio Umberto — l’uomo che non ha mai abbandonato nessuno — ha continuato a visitare Maurizio in prigione, per non lasciarlo solo. È un gesto che smuove Luca nel profondo. Non perché lo porti al perdono. Quello resta impossibile. Ma gli mostra che la compassione può esistere anche dentro il buio, che ci sono sfumature nella giustizia del cuore.


Io che ti ho voluto così bene è un romanzo che affonda le mani nelle crepe dell’animo umano e racconta con rara delicatezza la convivenza con una ferita impossibile da guarire. È una storia che parla di lutti non scelti, di famiglie spezzate, di adolescenti costretti a crescere troppo in fretta. Ma è anche – e soprattutto – una storia di amore puro, di legami che resistono al tempo e al dolore, di adulti imperfetti che, nonostante tutto, provano a fare la cosa giusta. Ambientato tra Torre Domizia, la fittizia località di mare dove tutto inizia, e Bergamo, dove il protagonista è costretto a ricominciare, il romanzo si presenta come un controcanto doloroso e necessario a Tutta la vita che resta, il precedente romanzo di Roberta Recchia. Se in quello il punto di vista era quello della famiglia Ansaldo, devastata dalla morte della giovane Betta, in questo libro lo sguardo si sposta su Luca Nardulli, fratello minore dell’assassino, innamorato della ragazza uccisa. La narrazione, in terza persona ma intima e partecipe, segue Luca nel suo difficile percorso: il trauma, lo sradicamento, il senso di colpa per un crimine che non ha commesso, la sofferenza, la capacità di resistere e il lento cammino verso una possibile normalità. Tra le pagine, Roberta Recchia affronta con uno stile sobrio, empatico e preciso temi complessi come la colpa ereditaria, il dolore famigliare, l’elaborazione del trauma, ma anche il perdono, la resilienza e la ricerca di senso. La sua scrittura è lucida ma mai cinica, capace di accogliere fragilità e domande senza offrire risposte facili. La potenza emotiva del racconto si appoggia anche su una galleria di personaggi secondari straordinariamente ben caratterizzati, dal preside Padre Lodoli, guida severa ma umana, fino a Davide Gallucci, compagno di scuola e amico fraterno, che rappresenta un’àncora fondamentale nel percorso di Luca. "Io che ti ho voluto così bene" è, in definitiva, un romanzo corale, doloroso e insieme luminoso, che scava nel profondo e restituisce una narrazione autentica della sofferenza, della crescita e della possibilità – mai scontata – di ricominciare. Un romanzo che conferma il grande talento di Recchia nel narrare con grazia storie di dolore e rinascita. Tra pagine che sanno commuovere e ispirare, questo libro è un imperdibile viaggio emotivo, destinato a essere uno dei più belli che leggerete nel 2025.

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