Titolo: Il carteggio Aspern
Una delle iniziative più interessanti proposta dalla rivista culturale doppiozero nel corso della sua lunga storia editoriale - consultabile gratuitamente su internet, attività caldamente raccomandata e che ha permesso digitalmente di espandere i contributi di quello che è probabilmente l'ultimo baluardo intellettuale italiano della rete - è stata quella nel corso degli anni di proporre ai propri autori "la lettura di un classico che non conoscevano, da leggere come se fosse fresco di stampa". La recensione che ne seguiva, scritta da un esperto accademico o scrittore, solitamente piuttosto che inquadrare storicamente le direttrici che avevano portato alla sua ideazione preferiva concentrarsi o sugli elementi di modernità sussumenti nell'opera o nelle sue oramai viete pratiche artistiche.
Autore: Henry James
Editore: Bibliotheka
Pagine: 152
Anno di pubblicazione: 2025
Prezzo copertina: 14,00 €
Editore: Bibliotheka
Pagine: 152
Anno di pubblicazione: 2025
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Recensione a cura di Mario Turco
È con analogo spirito di avventurieri postmoderni che ci siamo lanciati nella lettura di "Il carteggio Aspern", di Henry James pubblicato da Bibliotheka Edizioni con la traduzione di Eugenio Giovannetti e una breve nota di lettura del critico cinematografico Boris Sollazzo. Partiamo da quest'ultima per la critica principale ad una pubblicazione che speriamo sia così sciatta (davvero troppi i refusi e gli errori grammaticali in quella che pare una bozza più che un testo rifinito) soltanto nella versione a noi giunta per la recensione, in ogni caso gentilmente recapitataci dalla casa editrice. L'ottima scelta di far aprire uno dei testi più importanti dello scrittore statunitense a un operatore culturale iconoclasta ma anche raffinato come Sollazzo si esaurisce nell'arco di appena quattro pagine che mancano quasi del tutto la messe di riferimenti che un simile testo ha generato sin dalla sua comparsa sia nella contemporanea letteratura che nel successivo cinema ma anche nel fumetto e nel videogioco. Una lettura anche solo leggermente più approfondita avrebbe potuto giocare, come nel caso sopraccitato della rivista doppiozero, sulle incredibili fortune di un testo apicale che ha portato la sua struttura - giovane che viene sedotto/turlupinato dalla vegliarda di turno per un oggetto o un obiettivo a lui caro - a diventare un tòpos dell'industria culturale. Il carteggio Aspern, uno dei racconti lunghi più conosciuti e acclamati di James, racconta infatti del tentativo del protagonista, anonimo critico letterario, di impadronirsi del fascio di lettere che l'autore da lui amato e studiato - il fittizio poeta Jeffrey Aspern, da egli paragonato addirittura a William Shakespeare con una motivazione tranchant: "Non si difende il proprio dio: il proprio dio è in sé una difesa"- ha intessuto decenni prima con la sua musa del tempo, Juliana Bordereau. Incredibilmente viva a distanza di 70 anni da quello scambio di amorosi sensi, la donna vive con la "nepote" (la scelta lessicale di questo termine è un vezzo di traduzione che francamente ha poco senso nel 2025) Tina, attempata donna nubile trattata dispregiativamente come fosse un'ingenua ragazza in età da marito, in un palazzo antico ma decadente di Venezia. Per impadronirsi del carteggio attirandosi le simpatie della sospettosa proprietaria, il critico entra in casa affittando a carissimo prezzo alcune stanze dell’ampia magione e ridando, sempre a proprie spese, perfino vita allo spento giardino situato nel mezzo. Ma a poco a poco la rete di sotterfugi e inganni intessuta dal protagonista si ribalterà di segno fino a chiedergli un sacrificio personale così esoso da farlo vacillare proprio quando l’obiettivo è più a portata di mano…
Il carteggio Aspern è un racconto che nella sua dimessa semplicità nasconde in realtà temi di profondo interesse. La narrazione in prima persona e in tempo reale compiuta dal protagonista consente infatti il massimo grado di immedesimazione in una vicenda che costringe a riflettere sui limiti stessi della ricerca artistica: fino a che punto si può ingannare il prossimo per ottenere i documenti necessari allo studio di uno dei più grandi geni della letteratura? L’ambivalenza del punto di vista di James, oscillante tra la condanna dell’ambizione di un protagonista più roso dall’ossessione che dal sacro fuoco della cultura, e l’altrettanto dura deprecazione della condotta della signora Juliana, involuta dall’età e dal capriccio dell’antico prestigio sociale mummificato proprio in quei documenti, consente al testo di non sciogliere mai le riserve dell’autore donando ad entrambi le direzioni fascino speculativo. La forza dell’intreccio, a quasi centocinquant’anni di distanza dalla prima apparizione sul The Atlantic Monthly nel 1888, resta difatti immutata funzionando benissimo anche a livello thrilling proprio per la sua capacità di condensare nell’escalation di menzogne e rivelazioni l’inevitabile insuccesso dell’impresa. Si può allora essere d’accordo con la lode profusa da Alberto Arbasino che si espresse così nella sua introduzione a una delle tante edizioni precedenti del capolavoro: “Il carteggio Aspern è il più bel libro sul decadentismo veneziano dell’Ottocento”, aggiungendo, con nostra umiltà, che lo è proprio in quanto oggetto di genere che evoca le migliaia di fantasmi lagunari senza la rude necessità del citarli superficialmente sulla pagina scritta.
Henry James (New York, 1843 – Londra, 1916), prolifico scrittore statunitense naturalizzato britannico, collabora assiduamente con numerosi giornali – tra cui The Atlantic Monthly – prima di avventurarsi in romanzi, biografie, racconti di viaggio e critiche letterarie. Interessato al conflitto morale, alle scelte degli individui e alla contrapposizione tra il vecchio mondo europeo e il nuovo mondo americano, ha ispirato molti film, affascinando, in particolare, il regista James Ivory.