Recensione: The Trail - Il lungo sentiero, di Meika Hashimoto

Titolo:
The Trail - Il lungo sentiero
Autore: Meika Hashimoto
Editore: Piemme
Pagine: 256
Anno di pubblicazione: 2025
Prezzo copertina: 16,50 €

Recensione a cura di Luigi Pizzi

Toby, tredici anni, decide di mettersi lo zaino in spalla e percorrere da solo il tratto dell’Appalachian Trail che va dal New Hampshire al Maine. Non lo fa per gloria: è il modo che ha per onorare un patto con l’amico Lucas e per fare i conti con una colpa che lo rode. Hashimoto apre così un romanzo di sopravvivenza e crescita dove vesciche, fame, tempeste e incontri imprevisti (compreso un cagnolino mezzo randagio che gli ruba l’unico pasto caldo) diventano prove da superare una alla volta, fino a chiedersi se la montagna più ripida non sia quella che Toby ha in testa. La trama scorre per tappe: l’uscita impulsiva di casa, i primi errori da principiante (acqua, cibo, orientamento), l’azzardo di prendersi cura di un cane denutrito, l’incontro con altri ragazzi in difficoltà durante un temporale, il peso dei ricordi che affiorano a strappi. Il sentiero diventa allora un dispositivo narrativo: ogni miglio svela qualcosa del passato e misura la nuova tenuta di Toby, che da follower impacciato dell’amico Lucas impara a decidere per sé. Il percorso non risparmia i rischi reali dell’AT (ipotermia, disidratazione, fame), ma valorizza anche la comunità dei camminatori e i gesti di gentilezza che tengono in vita quando l’equipaggiamento non basta.

Lo stile della Hashimoto è volutamente essenziale: frasi nette, capitoli brevi, lessico accessibile; l’autrice punta sulla concretezza delle azioni e sul ritmo delle giornate in cammino. I personaggi vivono soprattutto attraverso le azioni: Toby cresce per tentativi ed errori; il cane Alce funziona da contrappeso emotivo e da responsabilità che costringe il protagonista a uscire dal proprio guscio; i camminatori adulti e i coetanei incontrati sul trail restano figure-ponte, brevi ma incisive, che lasciano una competenza, una frase, un oggetto — e poi spariscono dietro la curva. Le tematiche si stratificano con naturalezza: il senso di colpa e l’elaborazione del lutto; l’amicizia (umana e animale) come ancora di salvezza; la responsabilità personale; il coraggio non “eroico” ma quotidiano; l’etica dell’outdoor (preparazione, prudenza, aiuto reciproco). Non manca la dimensione formativa: la bucket list condivisa con Lucas, l’incidente al lago di cava che ha spezzato l’estate e la vita di un ragazzo, la decisione di “chiudere l’ultima voce” a costo di misurarsi con limiti reali. In conclusione, The Trail - Il lungo sentiero è un romanzo d’avventura e formazione che usa il paesaggio come specchio interiore: la montagna non premia chi è invincibile ma chi impara, sbagliando, a reggersi in piedi e a prendersi cura di qualcun altro. La scrittura asciutta, l’attenzione al realismo del cammino e un protagonista imperfetto lo rendono una lettura consigliata a chi cerca suspense concreta, natura, amicizia e riscatto. Qualche lentezza iniziale non scalfisce l’efficacia complessiva: Hashimoto mantiene la promessa di un viaggio che è insieme sulla mappa e nel cuore.

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