Fast & Furious 7; Into the woods; Second chance; Third Person; Wild: opinioni sui film in uscita il 2 aprile

Fast & Furious 7, diretto da James Wan (regista noto soprattutto per i film horror), sarà ricordato principalmente per il lungo addio ad un membro della "famiglia", Paul Walker, che ha interpretato il ruolo di Brian O'Conner in sei episodi della serie, prima della tragica scomparsa nel 2013. In questo settimo episodio, Deckard Shaw (Jason Statham), dopo aver mandato all'ospedale l'agente Hobbs (Dwayne Johnson) ed eliminato Han, punta a far fuori Toretto (Vin Diesel) e il resto della famiglia per vendicare il fratello Owen.

Quest'ultimi per affrontare Deckard sono costretti a collaborare con la CIA per recuperare un dispositivo supertecnologico, chiamato "Occhio di Dio", in grado di localizzare in tempo reale qualsiasi individuo in tutto il mondo. Un'arma pericolosa che Toretto e gli altri vogliono utilizzare per trovare Deckard, prima di fare una brutta fine... Fast & Furious 7 condensa in un solo episodio tutti i punti forti della serie: il senso di famiglia, la continua sospensione tra la vita e la morte (che in questo episodio assume un forte valore simbolico, in riferimento alle vicende di Paul Walker), macchine da sballo, testosterone a palla, donne da paura, inseguimenti a tutta velocità, scene d'azione spettacolari e tanto, tantissimo divertimento; aspetti positivi che, insieme alla presenza di Jason Statham (uno dei pochi "cattivi" all'altezza dei buoni), rendono il settimo episodio uno dei più interessanti della serie, nonostante diversi buchi nella sceneggiatura. Consigliato.

Into the woods, basato sull'omonimo musical di Stephen Sondheim e diretto dal regista-coreografo Rob Marshall, è una commedia musicale che propone una rivisitazione in chiave moderna di quattro fiabe tradizionali (Cenerentola, Cappuccetto Rosso, Raperonzolo e Jack e la pianta di fagioli), unite tra loro dalla vicenda di un fornaio e sua moglie che, per poter sciogliere l'incantesimo che gli impedisce di avere figli, sono costretti a recarsi nel bosco per recuperare alcuni oggetti da consegnare alla strega (Meryl Streep) cattiva. Ma è dopo l'apparente lieto fine che iniziano le vere sorprese...

Nel "bosco della vita" infatti i desideri si scontrano con l'imprevedibilità dell'esistenza, dove è facile smarrire la retta via, finire preda di cattive compagnie o cedere alle tentazioni. In quest'ottica, la vera sfida non è uscire dal bosco, ma imparare ad affrontare le prove della vita assumendosi le proprie responsabilità, consapevoli di poter contare sempre su qualcun altro. La simpatia dei personaggi, l'umorismo contagioso, le belle canzoni rigorosamente in lingua originale, i toni dark, rappresentano solo la confezione di un film che strizza l'occhio ai bambini ma parla principalmente agli adulti (state attenti alle fiabe che raccontate...). A completare l'opera un cast da "favola", in cui troviamo, oltre alla straordinaria Meryl Streep (incredibilmente espressiva anche nei panni della strega), Emily Blunt, James Corden, Chris Pine, Anna Kendrick e Johnny Depp. Un film da vedere per divertirsi, pensare ed emozionarsi.

Second chance, il nuovo film di Susanne Bier, racconta la storia di Andreas, poliziotto buono e ottimo padre di famiglia, che da un momento all'altro, dopo la prematura morte del figlio, si trova a prendere una decisione destinata a sconvolgere per sempre l'esistenza di diverse persone: scambiare il figlio morto con quello vivo di una coppia di tossici, incapaci di prendersi cura del neonato. Tuttavia nemmeno questa "seconda occasione" serve a salvare la vita della moglie depressa, che si suicida buttandosi da un ponte. Di fronte alla sincera disperazione dell'altra mamma, Andreas inizia ad avere dei ripensamenti sulla propria scelta... Second chance in realtà più che di seconde occasioni parla di ambiguità morale, in riferimento alla scelta di Andreas di ergersi a giudice della vita di altre persone, salvo poi dover tornare sui propri passi. Il problema però è che il film della Bier si limita ad insinuare il dubbio, senza offrire spunti realmente interessanti. Inoltre la confezione televisiva non aiuta certo la sua riuscita, così come i tratti eccessivamente marcati di alcuni personaggi. Per questo, il risultato sembra più indicato per una visione tranquilla durante una sonnacchiosa domenica autunnale che per un passaggio nelle sale.

In Third Person si incrociano tre storie: Michael (Liam Neeson), scrittore vincitore del Premio Pulitzer, si trova in una camera d'hotel di Parigi per completare il suo ultimo romanzo, quando riceve la visita della sua amante Anna (Olivia Wilde), una giovane scrittrice determinata a prendere il posto dell'ex moglie; Scott (Adrien Brody), un ambiguo uomo d'affari americano, si trova a Roma per rubare alcuni modelli di famose case di moda, quando si imbatte in una bellissima gitana (Moran Atias), che per riabbracciare sua figlia deve consegnare alcuni soldi ad un trafficante. Colpito dalla sua storia, decide di partire con lei per un pericoloso viaggio verso un paese del sud Italia; Julia (Mila Kunis), ex attrice di soap opera, è impegnata nella battaglia legale per la custodia del figlio con il suo ex marito (James Franco), un famoso artista newyorkese. Aiutato dal suo avvocato, Theresa (Maria Bello), Julia ottiene l'ultima possibilità per dimostrare di essere una persona affidabile, dopo essere stata accusata di aver picchiato il figlio.

In apparenza il filo conduttore che unisce le tre storie è essenzialmente l'amore, declinato in forme diverse, insieme alla fiducia; la relazione complessa tra due amanti; l'amore impossibile tra due solitudini; il rancore tra due ex coniugi. Eppure è nel titolo enigmatico, la terza persona, che si nasconde la chiave di volta di un film che nel finale assume un significato completamente diverso, sorprendendo, in positivo o in negativo, lo spettatore.

L'aspetto più interessante del film però riguarda il mistero e la sofferenza che si nascondono dietro ogni personaggio, di cui riusciamo ad intravedere solo una minima parte, e che ci spinge ad andare avanti nella visione, come ci spingerebbero a voltare le pagine di un romanzo, in attesa del finale. Un film interessante, recitato bene, che cattura l'attenzione dello spettatore e lo trascina verso un epilogo che, piaccia o meno, non può che sorprendere.

Wild, tratto dal libro autobiografico della stessa protagonista e adattato da Nick Hornby per il grande schermo, racconta la storia di una ragazza, Cheryl Strayed (Reese Witherspoon), che in un momento difficile della sua vita per ritrovarsi decide di percorrere a piedi il Pacific Crest Trail (Sentiero delle creste del Pacifico), un lungo e impervio percorso nella natura selvaggia, in condizioni climatiche non ottimali.

Leggendo la trama di Wild il pensiero corre subito al più famoso Into the Wild, un film capace di lasciare il segno, anche se la situazione è profondamente diversa, a partire dal personaggio principale. Cheryl Strayed, dopo la morte dell'adorata mamma, precipita in un tunnel fatto di droghe e sesso sfrenato, che porterà alla fine del suo matrimonio. Proprio per uscire dal tunnel, Cheryl intraprende questo lungo e complesso viaggio, interiore prima ancora che fisico, arrivando infine ad elaborare il lutto e ritrovare la parte migliore di sé. Un percorso che lo spettatore vive attraverso l'alternanza del cammino con i dolorosi flashback del passato, avvicinandosi alla sofferenza emotiva della protagonista senza però mai riuscire ad immedesimarsi completamente nel personaggio. Inoltre l'immersione nella natura in Wild sembra più un pretesto, una cornice per parlare di altro, che una sincera sfida con i propri limiti; un aspetto che pone in secondo piano l'impresa e sminuisce il senso del contesto.

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