Titolo: Napoli '44
Autore: Norman Lewis
Editore: Adelphi
Pagine: 244
Anno di pubblicazione: 1995
Prezzo copertina: 11,00 €
Recensione a cura di Eleonora Cocola
Il giovane ufficiale inglese Norman Lewis entra a Napoli nel 1943 con la Quinta Armata. È spaesato e stupefatto nel ritrovarsi al centro di una città distrutta dalla guerra, dove alla miseria di una popolazione rimasta senza cibo, senza acqua e senza corrente elettrica si affiancano gli imbrogli e i magheggi di chi si inventerebbe qualsiasi cosa pur di sopravvivere, o, per meglio dire, pur di cavarsela. Forse perché certe situazioni e personaggi erano talmente bizzarri e curiosi da meritare di essere testimoniati, Lewis pensò bene di non limitarsi a svolgere le sue funzioni di polizia, ma di tenere traccia di
tutto ciò che vedeva nei vicoli napoletani infestati dalla prostituzione e dal mercato nero.
Nei suoi taccuini ritroviamo un mondo scomparso, che però aiuta a capire molte cose della Napoli odierna: quella in cui visse Lewis era una città completamente prostrata dai bombardamenti e dagli orrori della guerra, ma abitata da un popolo particolarmente fantasioso nel trovare espedienti per arrangiarsi e attaccato alle proprie tradizioni. Un popolo capace, per organizzare il banchetto di benvenuto offerto dalla città al generale Mark Clark, di sopperire alla mancanza di cibo cucinando tutti i pesci tropicali dell’Acquario di Napoli.
Un popolo per il quale mantenere una dignità -anche solo apparente- era importante tanto quanto mangiare, a tal punto che quando si faceva un funerale a un parente defunto, era normale ingaggiare un professionista dall’aspetto benestante, pagato per fingersi “lo zio di Roma” venuto dalla capitale apposta per dare l’ultimo saluto al morto. Era così che si reinventavano avvocati e dottori a cui la guerra aveva tolto tutto, per sopravvivere: ad esempio Lattarullo, un avvocato diventato talmente indigente da essere continuamente sul punto di svenire per la fame. Dallo sguardo un po’ perplesso e a tratti ironico dell’autore non si salvano nemmeno i suoi stessi colleghi, spesso impegnati in piani fantasiosi quanto maldestri, come quello di diffondere l’epidemia di sifilide nel Nord ancora occupato dai tedeschi facendo passare le linee a un gruppo di prostitute malate.
Nel descrivere questi personaggi e le loro vicende, la penna di Lewis, inizialmente timida e prettamente descrittiva, si fa sempre più sciolta e coinvolgente, pagina dopo pagina; forse perché all’iniziale perplessità si sostituiscono la curiosità e il coinvolgimento, e talvolta la commossa partecipazione del giovane ufficiale alle vicende del popolo napoletano di cui era testimone – spesso attivo. La cronaca di Lewis è tutt’altro che distaccata, e il coinvogimento è in grado di contagiare pian piano anche chi legge.
PUOI ACQUISTARE IL LIBRO QUI
Autore: Norman Lewis
Editore: Adelphi
Pagine: 244
Anno di pubblicazione: 1995
Prezzo copertina: 11,00 €
Recensione a cura di Eleonora Cocola
Il giovane ufficiale inglese Norman Lewis entra a Napoli nel 1943 con la Quinta Armata. È spaesato e stupefatto nel ritrovarsi al centro di una città distrutta dalla guerra, dove alla miseria di una popolazione rimasta senza cibo, senza acqua e senza corrente elettrica si affiancano gli imbrogli e i magheggi di chi si inventerebbe qualsiasi cosa pur di sopravvivere, o, per meglio dire, pur di cavarsela. Forse perché certe situazioni e personaggi erano talmente bizzarri e curiosi da meritare di essere testimoniati, Lewis pensò bene di non limitarsi a svolgere le sue funzioni di polizia, ma di tenere traccia di
tutto ciò che vedeva nei vicoli napoletani infestati dalla prostituzione e dal mercato nero.
Nei suoi taccuini ritroviamo un mondo scomparso, che però aiuta a capire molte cose della Napoli odierna: quella in cui visse Lewis era una città completamente prostrata dai bombardamenti e dagli orrori della guerra, ma abitata da un popolo particolarmente fantasioso nel trovare espedienti per arrangiarsi e attaccato alle proprie tradizioni. Un popolo capace, per organizzare il banchetto di benvenuto offerto dalla città al generale Mark Clark, di sopperire alla mancanza di cibo cucinando tutti i pesci tropicali dell’Acquario di Napoli.
Un popolo per il quale mantenere una dignità -anche solo apparente- era importante tanto quanto mangiare, a tal punto che quando si faceva un funerale a un parente defunto, era normale ingaggiare un professionista dall’aspetto benestante, pagato per fingersi “lo zio di Roma” venuto dalla capitale apposta per dare l’ultimo saluto al morto. Era così che si reinventavano avvocati e dottori a cui la guerra aveva tolto tutto, per sopravvivere: ad esempio Lattarullo, un avvocato diventato talmente indigente da essere continuamente sul punto di svenire per la fame. Dallo sguardo un po’ perplesso e a tratti ironico dell’autore non si salvano nemmeno i suoi stessi colleghi, spesso impegnati in piani fantasiosi quanto maldestri, come quello di diffondere l’epidemia di sifilide nel Nord ancora occupato dai tedeschi facendo passare le linee a un gruppo di prostitute malate.
Nel descrivere questi personaggi e le loro vicende, la penna di Lewis, inizialmente timida e prettamente descrittiva, si fa sempre più sciolta e coinvolgente, pagina dopo pagina; forse perché all’iniziale perplessità si sostituiscono la curiosità e il coinvolgimento, e talvolta la commossa partecipazione del giovane ufficiale alle vicende del popolo napoletano di cui era testimone – spesso attivo. La cronaca di Lewis è tutt’altro che distaccata, e il coinvogimento è in grado di contagiare pian piano anche chi legge.
PUOI ACQUISTARE IL LIBRO QUI