"ANCORA
IL NATALE" di Giuseppe Borasi
“gli
attimi di felicità
ne
abbiamo avuto l’esperienza
ma non
ne abbiamo colto il significato”
T.S.
Eliot
24 dicembre 1979
Leocarlo
Molteni è un bambino che ha compiuto quattro anni da pochi giorni.
E’
la vigilia di Natale e Leocarlo ha deciso che quella notte non sarebbe andato a fare la nanna. Avrebbe ascoltato una
di quelle storie che la sua mamma aveva l’abitudine di leggergli, ogni
sera, fino a che non si fosse
addormentato. Preferiva quelle di cavalieri che combattono contro draghi
sputafuoco e stregoni malvagi, di astuti gnomi e buffi folletti che saltellano
nei boschi, di prodigiosi incantesimi e pozioni magiche. Ma per quella sera
sarebbe andata bene qualsiasi altra storia: l’avrebbe ascoltata tutta in
silenzio per poi addormentarsi, o meglio fingere di addormentarsi, avrebbe
atteso di ricevere, come ogni volta, il bacio di sua madre sulla fronte e poi,
piano piano, si sarebbe andato a nascondere dietro l’albero addobbato, in
salotto, ad aspettare l’arrivo di Babbo Natale.
Come
poteva entrare in tutte la case a mezzanotte ? – forse venendo giù dal camino? – gli avevano detto gli altri
bambini, - ma a casa sua nemmeno ce l’avevano un camino, o come poteva portare
tutti quei regali a tutti i bambini del mondo? No, non proprio a tutti,
soltanto a quelli che si erano comportati bene, e lui quest’anno era stato
proprio bravo, il più bravo di tutti. Aveva scritto nella sua lettera il regalo
che desiderava cosi’ tanto e l’aveva spedita, già da un mese ormai, perché
potesse arrivare in tempo in quel paese cosi’ lontano e coperto sempre di neve…
l’attesa di quel momento gli fece provare una strana sensazione, un’emozione
che era allo stesso tempo gioia, sorpresa, meraviglia. Se avesse potuto sapere
che quello sarebbe stato il giorno più felice della sua vita, forse avrebbe
potuto fare qualcosa per cercare di farlo durare più a lungo, o almeno per
fissarlo in modo nitido nella sua mente; ma, del resto, se ne avesse avuto
piena consapevolezza, non sarebbe stato in grado di vederlo con lo stesso
stupore con cui vedono la realtà gli occhi ignoranti e innocenti di un bambino.
Quando
sua madre venne a svegliarlo, Leocarlo, più eccitato che deluso per non essere
riuscito a rimanere sveglio, corse verso l’albero con il cuore che gli batteva
forte. Anche quest’anno Babbo Natale aveva mantenuto le promesse: ora non
restava altro da fare che aprire il suo regalo!
24 dicembre 2015
Come
ogni anno sta per tornare il Natale. E con esso ritornano il desiderio di
essere più buoni, l’esigenza del perdono, la volontà di fare, e di far vedere,
gesti di beneficenza, il bisogno di solidarietà, la ricerca del regalo
necessario. L’ingranaggio inesorabile di quel lungo conto alla rovescia, al
termine del quale deve scaturire la felicità, rallegra molti, rattrista
qualcuno. Da sei settimane il vecchio con la barba bianca e l’abito rosso è su
tutti i muri, gioviale e pieno di promesse.
Natale
cade in un giorno come tutti gli altri. Ma ovunque gente pensierosa o
sorridente prepara i festeggiamenti. Ognuno ha pensato agli altri, ognuno è
carico di offerte e di buone intenzioni.
Natale,
la notte del dono, dell’effimera tregua, la notte del grande inganno. Natale
sta per arrivare anche a casa della famiglia Molteni. Leocarlo, seduto in poltrona,
stava leggendo senza troppa attenzione una raccolta di racconti di Dino
Buzzati.
<<Hai
già pensato a qualcosa per stasera?>> gli disse Caterina, mentre stava
riordinando la cucina.
Voltando
pagina, suo marito fece un gesto insignificante con la mano e una sorta di
grugnito che non voleva dire nulla.
<<Ti
ho chiesto se hai già pensato a come dare il regalo a nostro figlio>>.
<<E
come vorresti darglielo? Lo mettiamo sotto l’albero insieme agli altri
regali>>.
<<Io
non so veramente cosa pensare di te. Riccardo si aspetta di riuscire a vedere
Babbo Natale quest’anno. Gli altri mariti si sono già organizzati: Antonio ha
già fatto le prove col vestito, Lorenzo ha comprato una slitta, Emanuele
ha...>>
Leocarlo
sbottò:<<Gli altri mariti? Gli altri mariti tu non li conosci neanche!
Antonio passa le sue serate su chat online di cui ti risparmio il contenuto,
Emanuele è pieno di debiti di gioco, Lorenzo ogni martedì non va alla partita
serale di tennis come crede la sua cara Francesca e come credono tutti quanti,
questo fanno gli altri mariti, ora soltanto perché una volta l’anno indossano
quello stupido costume da pagliaccio sono mariti e padri migliori di
me?>>.
Con
gli occhi velati di lacrime trattenute, Caterina non disse una parola e se ne
andò.
Leocarlo
lasciò cadere il libro sul tappeto, si accese una sigaretta e imprecò a bassa
voce. Anche quella notte avrebbe dormito da solo sul divano.
La
mattina seguente Riccardo corse a buttarsi tra le braccia di Caterina con occhi
pieni di gioia:<<Mamma, stanotte ho visto Babbo Natale, è venuto a
trovarmi, mi ha portato il mio regalo, è proprio quello che desideravo tanto.
Guarda mamma, il Castello Incantato dei Gollums, è bellissimo! Mi ha detto che
mi sono comportato bene e che, se continuerò a farlo, ogni anno verrà a
trovarmi>>.
<<Davvero?
Che bello tesoro mio, vieni con me, ti preparo la colazione e mi racconti
tutto>>.
Prima
di andare in cucina, si avvicinò al marito e gli diede un tenero bacio
:<<Leo, sei l’unico che riesce sempre a rovinarmi i momenti più belli, ma
sei anche l’unico che subito dopo sa renderli indimenticabili. Ora mi ricordo
perché ho scelto di sposarti>>.
<<Buon
Natale anche a te, amore>>.
24 dicembre 2058
Riccardo
Molteni e sua moglie Eleonora avevano
appena parcheggiato l’auto di fronte all’ingresso della casa di riposo “La
dolce quiete”.
Leocarlo
Molteni stava trascorrendo in quella struttura gli ultimi due anni dopo la
morte di Caterina e dopo la forma di demenza senile che lo aveva colpito
all’improvviso. Suo figlio non era mai riuscito a farsene una ragione, anzi non aveva proprio
mai capito la vita: gli tornò alla mente un’immagine di suo padre, già molto
anziano. Ogni ruga del suo volto indicava forse un fallimento, come gli anelli
degli alberi indicano gli anni della loro vita e le protuberanze legnose ogni
mutilazione. Non si poteva dire che Leocarlo fosse stato un uomo di molte
parole, e non aveva mai avuto un carattere bonario, ma aveva reso lui e suo
fratello Guido quello che erano oggi, due uomini. In giardino, quella sera di
agosto, quando ormai anche respirare gli costava uno sforzo enorme, gli mise in
mano una foglia.
<<Figliolo, guarda questo bruco. Si impegna con tutte le sue
forze nel percorrere il diritto della
foglia per scoprire cosa c’è dietro e quando, dopo difficoltà di ogni genere,
si erge finalmente a vederne il rovescio, scopre una superficie esattamente
uguale che lo condurrà all’inizio e alla
fine del proprio fallimento. E’ impossibile uscire dalla vita e anche conservarla>>.
Quella fu l’ultima volta che lo sentì parlare.
<<Ascolta
Ric, ti dispiace andare da solo questa volta?>>.
<<Sì
certo, tutto bene cara?>>.
<<Si’,
è solo che oggi non me la sento di vedere tutte quelle persone malate, mi
rendono cosi’ triste; poi anche con tuo padre, senti tu sei libero di comportarti
come meglio credi, ma continuare a raccontargli quella storia di Caterina, che
presto verrà a trovarlo, che ogni giorno gli manda i saluti, di certo non lo
aiuta nelle sue condizioni. Anzi è proprio inutile, nemmeno capisce quello che
gli racconti, qualunque cosa sia>>.
<<Io
vedo che si sente felice, è più sereno con quella
storia come la chiami tu>>.
<<Come
la chiamo io?>>.
<<Non
è certo la verità, dovresti dirgli almeno la verità, se davvero credi che
riesca ancora a capirti, secondo me alla fine gli farebbe bene>>.
<<Sai,
30 anni fa si è vestito da Babbo Natale e mi ha portato il regalo che avevo
chiesto, in quel momento ero il bambino più felice del mondo. Ora mi sento in
dovere di fare la stessa cosa per lui>>.
<<Certo,
ma nessuno di voi due è più un bambino, quelle sono favole che ci raccontano
solo da bambini>>.
<<Perché
questa che cos’è Eleonora? Che cos’è la realtà secondo te ? Chiamala come vuoi,
verità o menzogna, non credi che la vita altro non sia che una fiaba per
adulti? Ma abbiamo bisogno di non svelare il grande inganno per continuare a
vivere. Se ci fosse uno strappo nel cielo di cartapesta del teatrino, le
marionette si fermerebbero a guardare in alto e smetterebbero di ...>>.
<<Basta
professore, mi hai convinto, guarda che non mi devi parlare come parli ai tuoi
alunni, vai pure a fare la tua recita, ti aspetto qui>>.
<<La
nostra recita Eleonora. Torno
subito>>.