A pochi giorni dall'uscita del suo romanzo d'esordio, "Il registratore di sogni", l'intervista a Mariam Tarkeshi

Mariam benvenuta su Libri & Cultura e grazie per aver accettato l’invito. Ci racconti in poche parole chi è Mariam Tarkeshi e quando è nata la passione per la scrittura?

Mariam Tarkeshi è una fangirl disperata che conosce meglio la storia di Westeros di quella del mondo in cui abita. La sua passione per la scrittura è nata quando aveva sei anni e ha pensato: beh, se ce l’ha fatta Geronimo Stilton, che è un ratto, posso farcela pure io – per poi mettersi a scrivere una fan fiction illustrata del film “A Bug’s Life – Megaminimondo”. Odia i ratti.

Leggo dalla tua biografia che sei una studentessa di Lingue e culture Occidentali presso l’Università di Urbino. Come riesci
a conciliare lo studio con la scrittura?

Non ci riesco.

Il cognome mediorientale ci fa intuire la tua doppia origine: papà iraniano e mamma italiana. Quali aspetti apprezzi di più di queste due culture? Quali ritieni siano i punti di contatto e quali le differenze sostanziali?

L’aspetto che più apprezzo della cultura italiana è sicuramente il cibo. L’aspetto che più apprezzo della cultura iraniana è, ahimè, sempre il cibo. La cosa che più di tutte accomuna l’Iran e l’Italia, da quello che ho riscontrato, è il forte nazionalismo degli abitanti: sia gli iraniani che gli italiani sono molto orgogliosi delle proprie origini, del proprio cibo, della propria storia e della propria cultura – anche se forse alle ultime due non viene sempre data l’importanza che meriterebbero. In quanto alle differenze, non ne ho mai notate di “sostanziali”. L’Iran è famoso per il suo fantomatico odio nei confronti dell’occidente, ma la realtà dei fatti è che nelle persone “comuni” non ho mai notato nessun genere di risentimento – o comunque non tanto per la cultura occidentale, quanto per la sua sfera politica. Pur mantenendo il loro orgoglio nazionale, gli iraniani ascoltano gli artisti occidentali, leggono Harry Potter, festeggiano il Natale – anche se non è considerata festa nazionale – si emozionano quando la loro squadra gioca ai mondiali, mangiano hamburger e hanno persino una loro versione di pizza e spaghetti – che io personalmente adoro. E anche se tutto questo non fosse vero, fanno parte tanto quanto gli italiani della razza umana, e per quanto possano esistere delle piccole differenze culturali dettate dalle circostanze, trovo che essere umani, in tutte le sue sfaccettature, sia un’esperienza universale.

Si parla tanto di razzismo in Italia, qual è il tuo pensiero a riguardo? Ti sei mai sentita discriminata per le tue origini iraniane?

Devo dire che sono molto privilegiata. Gli iraniani non sono un popolo che fisicamente salta all’occhio – detta in modo franco, non sono “troppo” scuri di carnagione per i gusti deviati dei razzisti di turno. Inoltre, mediamente, gli iraniani che emigrano dal proprio paese lo fanno per un desiderio di libertà dalle leggi schiaccianti della dittatura, più che per una situazione di povertà o di pericolo immediato. Gli iraniani più poveri rimangono dove sono perché l’urgenza di andarsene, tanto forte da mettere la propria vita in pericolo salendo su un barcone, non c’è – e spero che questa situazione non cambi, ma visti gli ultimi eventi non si sa mai. Quelli che arrivano qua sono di norma gli iraniani in grado di ottenere i permessi necessari, viaggiare in aereo e costruirsi una nuova vita. Il razzismo, nelle menti degli occidentali, non nasce – secondo me – solo da un odio verso tutto ciò che è diverso: è in gran parte anche un ripudio della povertà. Insomma, la mia vita come mezza iraniana non è stata troppo diversa da quella di tutti gli altri. Certo, ho vissuto sulla mia pelle episodi di razzismo più o meno velato, sia in casa che fuori, ma ci sono persone che se la passano peggio. Di certo la mia situazione è più difficile di quella di una qualsiasi scrittrice italiana. Per prima cosa, temo che quasi nessuno sarà in grado di pronunciare o scrivere il mio nome, e che quindi ordinare il mio libro sarà almeno nel 50% dei casi un’operazione ardua e imbarazzante. In secondo luogo, dubito che alle scrittrici italiane doc tocchi rispondere spesso a domande impegnative sul razzismo e sui conflitti internazionali!

Un piccolo salto nell’attualità. Stati Uniti e Iran sono sull’orlo di una guerra potenzialmente distruttiva. Cosa ne pensi?

Senza soffermarmi sulle motivazioni assai discutibili degli Stati Uniti, né sugli infiniti paradossi che fanno parte di questa intera vicenda, ti dico con molta franchezza che sto cercando di pensare a questa cosa il meno possibile, anche se è difficile. Gli ultimi eventi mi fanno sperare che sia dalla parte dell’Iran che dalla parte degli USA manchi, per lo meno, una volontà di ferire fisicamente il nemico, ma è innegabile che l’Iran sia già stato ferito economicamente dalle pesanti restrizioni di Trump. Spero che gli altri paesi intervengano efficacemente in favore di una risoluzione pacifica del conflitto. Prima di ogni altra cosa, anche se con questo potrei sembrare un po’ egoista, non voglio che accada nulla alla mia famiglia.

È uscito da pochissimi giorni il tuo primo romanzo, Il registratore di sogni, edito da Sperling & Kupfer. Ci racconti di cosa parla, qual è la sua gestazione e un aneddoto?

“Il registratore di sogni”, come da titolo, parla di un registratore di sogni lasciato in eredità a Nicolò, un ragazzo appena diciottenne che la mia editor ha giustamente definito come “un debosciato che a tratti fa prudere le mani, ma che ci insegna che la vita va vissuta e non subìta.” La prima volta che mi è balenata in testa questa idea è stato parecchi anni fa, forse nel 2014 o persino nel 2013, ma è solo nell’estate del 2017 che mi sono decisa a metterla su carta. La prima stesura l’ho scritta nel giro di 3-4 mesi, in piena sessione estiva. Ecco, mi chiedevi come riesco a conciliare lo studio con la scrittura: in quel caso, fu ironicamente con una grave carenza di sonno.

Ci riveli qualche dettaglio sui personaggi? Ti sei ispirata a qualcuno che conosci?

Nessuno dei personaggi è ispirato a persone che conosco. Alcuni di loro hanno nomi o cognomi di miei amici o conoscenti, ma solo perché sono nomi o cognomi che mi piacevano o suonavano bene. In compenso, però, uno dei personaggi è ispirato a un noto cliché cinematografico. Evito di specificare quale personaggio e quale cliché, chi leggerà ce l’avrà molto chiaro – oppure, come Nico, non ce l’avrà chiaro per niente. Inoltre, l’incubo ricorrente del protagonista è stato un incubo ricorrente che mi sono portata dietro per la maggior parte della mia vita e che da qualche anno, per un motivo che non ti racconto perché sarebbe un quarto di spoiler, mi ha finalmente lasciata in pace.

Una curiosità: perché proprio un lettore VHS? È qualcosa che ha a che fare con la tua infanzia?

Il motivo del lettore VHS è in realtà molto banale: il registratore di sogni è stato inventato in un periodo in cui usare lettori VHS era perfettamente normale, e per varie motivazioni interne alla storia non è mai stato “aggiornato”.

Trovi che esistano differenze tra la tua adolescenza e quella dei ragazzi della Generazione Z?

I ragazzi della Generazione Z hanno la cattiva reputazione di essere superficiali e schiavi della tecnologia, ma io non credo che questo pregiudizio sia conforme alla realtà. Intanto ci sarebbe da scrivere un libro intero solo sul significato di questo essere “schiavi della tecnologia”, da tanti ridicolmente demonizzato e attribuito alle nuove generazioni, ma non è di questo che voglio parlare. Quello che vorrei dire è che la Generazione Z, generalizzando, mi è sembrata tutto fuorché “superficiale”. Anzi, trovo che molti adolescenti di ora siano di gran lunga più socialmente consci e impegnati di come lo eravamo noi Millennial alla loro età. Questo forse dipende dalla situazione di emergenza su tutti i fronti che stiamo vivendo, e che sta portando il mondo a un regresso imbarazzante – per non dire alla distruzione. Insomma, noi Millennial avevamo molte meno cose di cui preoccuparci: Internet era ancora ai suoi albori e la cultura della “social justice” era per molti un’eco lontana.

Veniamo alle tue passioni: libri, videogiochi, serie tv e… canto. Come te la cavi? Ti diverti di più a scrivere o a cantare?

Com’è scritto nella mia presentazione, le mie doti musicali e canore sono purtroppo scarse. Nonostante questo, il canto mi risulta probabilmente più divertente della scrittura, e il motivo è che non ho alcuna intenzione di intraprenderlo in maniera professionale. Insomma, il canto è un gioco, mentre la scrittura è una vera e propria passione.

Stephen King
Qual è il tuo genere letterario preferito e quali sono gli scrittori che ami di più?

I miei generi preferiti sono l’horror, il thriller psicologico e la narrativa young adult, e diciamo che in questo romanzo ho voluto un po’ mescolarli e vedere cosa ne veniva fuori. I miei autori preferiti sono Stephen King, Chuck Palahniuk, Laurie Halse Anderson, Kevin Brooks, Patrick Ness, Irvine Welsh, Marjane Satrapi, Thomas e William Shakespeare. (Ci sono molti altri autori e autrici che adoro e che hanno scritto alcuni dei miei libri preferiti in assoluto, ma ho deciso di non menzionarli perché magari hanno scritto solo un libro, oppure sono io che ho letto uno solo dei loro libri, e quindi mi pareva brutto.)

Consigli anche ai nostri lettori una serie tv imperdibile?

Doctor Who! Il mio primo pensiero andrà sempre e solo a Doctor Who! Le prime stagioni sono un po’ trash e potreste rimanere spiazzati, ma giuro che vale la pena di guardarlo! (Devo però ammettere con profondo rammarico che per ora ho visto solo il New Who, cioè quello che va dal 2005 al presente. Gli episodi del ’63 erano troppo assurdi anche per me, ma prima o poi dovrò recuperare anche la serie vecchia.)

Quali sono i progetti di Mariam per il futuro? Immagino tu voglia continuare con la scrittura…

Vediamo come va con il registratore. In caso fosse un flop colossale, potrei riscoprirmi lavapiatti. A parte gli scherzi (?) l’idea è decisamente quella di continuare con la scrittura. Inoltre mi piacerebbe molto lavorare nel mondo dell’editoria come editor o traduttrice.

Stai già lavorando ad un nuovo romanzo? Ci vuoi anticipare qualcosa?

Ho già diversi romanzi “nel cassetto”, come si dice, e potrebbe esserci una seconda pubblicazione all’orizzonte, ma preferisco non aggiungere altro per timore che i sicari assoldati dalla casa editrice vengano ad assassinarmi per aver parlato troppo. Oh, e poi giusto in questo periodo sto gettando le basi per cominciare a scrivere qualcos’altro.

Un’ultima domanda: che ruolo rivestono amicizia e amore nella tua vita?

Credo che l’amicizia e l’amore abbiano prevalentemente il compito di darmi preoccupazioni. Ma immagino che ci preoccupiamo solo di ciò che per noi è importante, quindi mi sento di dire che sono fondamentali.

Grazie mille a Mariam per la disponibilità e la simpatia, e un grande in bocca al lupo per il suo romanzo d'esordio.

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